La stagione d’oro dei mutui a prezzi convenienti è ormai sempre più lontana. Il combinato disposto dell’inflazione post-Covid e la crisi legata alla guerra in Ucraina hanno cambiato la storia dei tassi di interesse: in pochi mesi c’è stata un’accelerazione verso l’alto del costo del denaro. Pesanti gli effetti sull’erogazione del credito a tasso fisso, meno evidente finora l’incidenza sul tasso variabile, anche se è lecito attendersi conseguenze nel medio termine anche su questo terreno.  

COSA STA CAMBIANDO  

L’Eurirs, il tasso di riferimento per i mutui a rata fissa concessi dalle banche dell’Unione europea, ha subito una brusca impennata nel 2022. Un mutuo a quindici anni aveva un tasso di riferimento pari a 0,54 all’inizio di gennaio, mentre nella seconda metà di maggio sta quasi sfiorando i due punti. Un credito a vent’anni ha raggiunto quota 1,79, mentre a inizio anno era a 0,60. Tassi che non si vedevano dal 2014, prima che (all’inizio del 2015) la Banca centrale europea guidata allora da Mario Draghi non facesse irrompere sul mercato il cosiddetto Quantitative Easing, lo strumento di politica economica che “crea” moneta (soprattutto con l’acquisto di titoli di Stato e altre obbligazioni), aumentando la quantità di denaro erogata alle banche, fornendo così liquidità in grado di favorire e agevolare i prestiti di denaro a privati e famiglie. Il problema è che l’aumento dei tassi sta avvenendo rapidamente anche con “l’alleggerimento quantitativo” ancora in corso: c’è quindi il rischio concretissimo che la fine dell’azione monetaria della Bce, ipotizzabile in autunno possa provocare una nuova impennata, dei tasso di credito, spinti dalla corsa dell’inflazione. 

Tasso variabile

Finora non hanno avuto effetti pesanti i mutui a tasso variabile, ma solo perché i cambiamenti in questo caso possono essere attuati in qualsiasi momento, senza la necessità di ancorarsi alle previsioni del mercato sul lungo periodo come avviene per il tasso fisso. Così l’Euribor, tasso di riferimento “variabile” per le banche europee, resta ancora ampiamente in territorio negativo: il valore “a un mese” è a quota -0,54 ed era a -0,58 all’inizio del 2022, mentre il valore “a tre mesi”  è a -0.35 ed era a -0,57 il primo giorno dell’anno (entrambi i valori, come quello “a sei mesi” o “a dodici mesi”, possono essere presi come riferimento dalle banche per la concessione del mutuo). 

Effetto spread

Senza dimenticare che le previsioni di rialzo del costo del denaro stanno spingendo gli istituti di credito ad aumentare anche lo “spread”, la percentuale che incassa la banca per l’erogazione dei finanziamenti. Una quota che va a sommarsi ai tassi di riferimento fissati dalla Banca centrale europea. Così i mutui a tasso fisso vengono concessi all’utente finale con percentuali già ampiamente superiori al 2 per cento, mentre all’inizio dell’anno non salivano sopra lo 0,80 - 1 per cento. Chi sceglie di aprire un mutuo in questo periodo deve fare quindi i conti con aumenti sostanziosi rispetto a qualche mese fa: penalizzati saranno soprattutto i giovani, che più si avventurano nell’apertura di mutui fondiari per l’acquisto della prima casa. L’aumento medio dei costi sfiora attualmente i diecimila euro (nell’arco della durata del mutuo), secondo le prime stime del Codacons. Una degli effetti di questo nuovi scenari è che cambi l’equilibrio tra le richieste di tasso fisso e di quello variabile.

Denaro al buio

Nel 2021 il rapporto era di novanta a dieci, scenario legato ai tassi bassissimi e alla maggiore sicurezza garantita dal “fisso”: ma ora quella sicurezza costa cara, così diventerà più accessibile il “variabile”, anche se si fa una scommessa al buio che deve fare i conti con l’inflazione galoppante. Insomma per il credito arrivano tempi cupi, sperando che si resti assai lontani dallo choc del 2008: i tassi allora toccarono vette mai (più) viste nell’era Euro: l’8 ottobre l’Euribor “a tre mesi” arrivò quota 5,39, mentre il 26 settembre l'Eurirs per i mutui a vent’anni si spinse a 5,06. 

© Riproduzione riservata