Oltre centomila vittime di Covid: l'ultimo anno rimarrà nella storia anche perché è quello in cui si sono registrati più morti - considerando tutte le cause - dalla seconda Guerra mondiale in poi. L'Istat nei giorni scorsi ha certificato 746mila decessi nel corso del 2020, un numero ben superiore (circa il 15%) ai 645mila della media 2015-2019. Una tragica ondata di morte che ha travolto soprattutto le fasce d'età più alte, destinata a lasciare segni sulla società e su diversi aspetti della nostra vita. Anche sulla previdenza sociale. L'Inps ha portato a termine una prima stima degli effetti della pandemia sui proprio conti. E il report conferma indirettamente - se mai ce ne fosse bisogno - che il virus ha colpito soprattutto gli anziani. Secondo l'Istituto superiore di Sanità sono circa 40mila le vittime tra 80 e 89 anni, su centomila totali. Uomini in maggioranza: quasi 22mila contro 18mila donne. Altri 23mila morti nella fascia 70-79: bastano queste due categorie per mettere insieme quasi il 65% delle morti per Covid. Se si scende fino ai 65 anni, età in cui con grande probabilità si ha già accesso a una pensione, il conto sale ancora: i deceduti nel 2020 sono stati 96mila. Partendo da questa base sono stati calcolati gli effetti finanziari sulla previdenza, ovvero la minore spesa pensionistica. La riduzione per il 2020 è di 1,11 miliardi di euro: proiettando questo dato nel decennio 2020-2029 sulla base delle aspettative di vita (rilevata dalle tavole di mortalità Istat 2019), il riflesso sulle casse dell'istituto previdenziale arriva a quasi 12 miliardi da qui fino al 2029. E' anche per questo motivo che l'Inps ha rivisto le stime sul disavanzo del 2020, che si fermerebbe a 6 miliardi di euro invece che i 15,7 pronosticati a ottobre. Un "risparmio" legato non solo alla cancellazione delle pensioni delle vittime, ma soprattutto al minore utilizzo della cassa integrazione rispetto alle previsioni iniziali.

Nell'ultimo anno ha liquidato nel complesso 1,18 milioni di nuove pensioni, per il 40,7% di natura assistenziale: il dato che non comprende le pensioni pubbliche è contenuto nell'Osservatorio dell'Inps aggiornato al primo gennaio 2021 che rileva a questa data 17,8 milioni di pensioni esistenti per una spesa complessiva di 212,9 miliardi. Al momento le pensioni vigenti sono 13.816.971 (il 77,6%) di natura previdenziale per 190 miliardi di spesa e 3.982.678 (il 22,4%) di natura assistenziale per 22 miliardi. Il dato riguarda solo le prestazioni e non i pensionati, che possono avere più assegni. Gli importi annualizzati, stanziati per le nuove pensioni liquidate nel 2020 ammontano a 13,4 miliardi di euro. Nonostante il numero consistente di pensioni anticipate rispetto all'età di vecchiaia (234.000, molto superiori rispetto alle 195.000 uscite con l'età pensionabile a 67 anni), è cresciuta l'età media di pensionamento. Nel 2020, pur con la continuazione della sperimentazione di Quota 100 che si concluderà quest'anno, l'età media è salita a 63,4 anni a fronte dei 63,9 del 2019 e dei 61 del 2010, prima dell'introduzione della riforma Fornero. Se poi si considerano anche le pensioni liquidate ai superstiti e quelle di invalidità previdenziale l'età media sale da 66,4 anni del 2019 a 66,8 anni.

L'area geografica che registra la percentuale più alta di prestazioni pensionistiche all'inizio del 2021 è l'Italia settentrionale con il 47,73%; al Centro viene erogato il 19,34% delle pensioni mentre in Italia meridionale e nelle isole il 30,8%; il restante 2,13% (378.479 pensioni) viene erogato a soggetti residenti all'estero. L'età media dei pensionati è di 74,1 anni con una differenza tra i due generi di 4,7 anni (71,5 anni per gli uomini e 76,2 anni per le donne).
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