Un vasto sistema organizzato per realizzare una truffa ai danni dei consumatori sardi e non solo. Un’organizzazione, con epicentro in Gallura, nel nord Sardegna, e stretti collegamenti con Sicilia e Puglia, tesa a far passare per vini Docg, Doc e Igt sardi prodotti provenienti da altre regioni con cui veniva “tagliato” il contenuto delle bottiglie vendute da varie cantine dell’Isola.

La truffa scoperta dall’Ispettorato centrale di tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, in particolare gli 007 dell’Icqrf della Sardegna, in collaborazione con la Compagnia dei Carabinieri di Bonorva, è a vasto raggio e mette nel mirino alcuni dei prodotti che in Sardegna vengono venduti con certificazioni di qualità.

Sul tavolo della Procura di Tempio è stata depositata un’ampia informativa messa insieme dagli ispettori del ministero dell’Agricoltura e dai militari che ricostruisce, dopo indagini minuziose durate circa due anni, vari passaggi di vino, veri o fittizi, che hanno fatto arrivare nell’Isola prodotti provenienti da altre regioni e secondo gli 007 dell’Icqrf utilizzati poi anche per produrre etichette sarde Docg, Doc e Igt. Insomma, le truffe sono sempre in agguato anche quando i prodotti sono sottoposti a disciplinari specifici e molto rigidi. E a pagarne le conseguenze poi sono le cantine e le aziende agricole che operano invece secondo le regole, con costi più alti e poi con evidenti danni di immagine dall’attività illecita messa in atto da chi non opera invece secondo la legge.

Come funzionava

L’indagine ha permesso di segnalare all’Autorità giudiziaria 28 operatori del settore (produttori, cantine, operatori dei trasporti), che in qualche modo hanno preso parte alla truffa. Fino a individuare anche chi stava a monte della catena: il Gip del Tribunale di Tempio, su richiesta della Procura, ha infatti bloccato (grazie anche all’intervento della Guardia di finanza) circa 3 milioni di euro sul conto di un’azienda che opera in Gallura, sequestrando tutto il prodotto giacente nella cantina, circa 5000 ettolitri di vino. L’ipotesi degli investigatori è che la società abbia fatto arrivare in Sardegna migliaia di litri di vino pugliese e siciliano, utilizzato poi da alcune aziende sarde per tagliare il prodotto imbottigliato come Doc, Docg e Igt.

Da qui la denuncia anche a carico degli operatori che avrebbero acquistato il prodotto, fatto arrivare nell’Isola addirittura in intercapedini di rimorchi e passati con bolle di trasporto dove veniva segnato tutt’altro rispetto al materiale trasportato.

L’operazione

Gli ispettori del ministero dell’Agricoltura e i carabinieri hanno messo in campo tutti i possibili strumenti per risalire ai responsabili della presunta truffa. A iniziare dal confronto dei documenti contabili che hanno accompagnato le transazioni. In particolare dall’esame delle fatture e dei prodotti trasportati, emergerebbe che in alcuni casi il vino pagato era in realtà il doppio di quello effettivamente registrato, operazione che permetteva poi la restituzione di fondi in nero tra le società. Oppure in altri casi venivano fatte movimentazioni inesistenti o coperte da altri prodotti. Gli autotrasportatori che avrebbero effettuato i carichi e portato le merci sulle strade dell’Isola, in alcuni casi, sono risultati essere in tutt’altre zone come si evince dai riscontri sulle celle telefoniche effettuate dai militari e dagli 007 dell’Agricoltura.

Anche i controlli effettuati con i Gps installati sulle cisterne avrebbero poi fornito materiale alla Procura per avvalorare la tesi della truffa. Infine, gli investigatori sarebbero anche arrivati a effettuare controlli sulle navi in rada per poter così verificare la reale corrispondenza delle bolle di trasporto con i prodotti presenti sui tir. Tutto questo sistema molto articolato per giungere al risultato finale del trasporto di vino da Sicilia e Puglia: il materiale serviva per giustificare la produzione di etichette Doc, Docg e Igt da parte di alcune cantine anche quando in realtà la capacità produttiva delle aziende era in realtà molto più bassa, spacciando dunque le bottiglie come bottiglie di qualità anche quando non lo erano. Tutto a danno dei consumatori e dei produttori regolari.

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