Dici estate e pensi al mare, al sole, al respiro ritmato delle onde, alla musica. E quindi, perché no, al caldo battito il levare del reggae, e ai Sud Sound System che hanno atteso la bella stagione per tornare con un nuovo disco, appena uscito. "Eternal Vibes" è il nuovo lavoro dei tre salentini, che sbarcheranno in Sardegna il 4 agosto per partecipare al Sardinia Reggae Festival di Berchidda, decima edizione, al Camping Tancaré. Ne abbiamo parlato con uno di loro, Nandu Popu.

L'ultimo di disco, “Sta tornu”, era molto politico ma anche leggero, fluido. Questo?

"Bene o male, siamo sempre noi, quindi troverete rabbia – molta – ma anche momenti di catarsi e ricerca di un sentimento positivo. È quello che cerchiamo di fare sempre con le nostre canzoni, così come succede in tutte le musiche popolari. Che si nutrono della rabbia dei quartieri bassi, delle periferie, dove si percepisce molto la pressione dei politici e di uno Stato che per molti versi li ha traditi".

In che senso?

"In questo album parliamo di briganti, di contadini a cui era stata tolta la terra. Dai tempi dell'Unità d'Italia ci hanno chiamato ignoranti, per poi scoprire che ignoranti non lo eravamo affatto. Questo è un disco che parla di tradimenti ai danni dei giovani, a cui si continua a dire che non hanno futuro, con i politici che promettono e promettono ma poi i soldi li usano per salvare le banche e non per investire sulle nuove generazioni. Il nostro, al contrario, è un esempio positivo".

Il vostro esempio come band?

"Sì, abbiamo iniziato a cantare nel 1987 e siamo usciti fuori negli anni Novanta. All'epoca nella nostra terra si parlava solo di eroina e di mafia. Oggi si parla di un Salento che anche grazie a noi ha investito nella cultura, grazie ai Sud Sound System che hanno fatto anche riscoprire l'importanza della taranta. Oggi c'è tutta un'economia basata sulla cultura e sull'enogastronomia. Che poi è la cultura di tutto il Sud e anche della Sardegna".

In Salento però le amministrazioni hanno supportato i vari progetti. O no?

"Questo è vero per certi versi, per altri meno. Ma non voglio essere sempre pessimista, perché è vero che qualcosa negli anni è stato fatto. Anche se era difficile ignorare la sempre più presente industria discografica pugliese, rappresentata da artisti come noi, Negramaro, Caparezza, Emma, Alessandra Amoroso, Boom da Bash (leggi la nostra INTERVISTA), Après la classe. Il nostro è un modello virtuoso, perché la musica crea molti indotti. E dobbiamo continuare su questa strada, bisogna investire sulla cultura".

Un modello esportabile?

"Certo, anche in Sardegna. La vostra Isola ha tutto, il mare, il buon cibo, un grande spirito d'accoglienza. Una storia e un'identità forte, in un mondo che ormai è tutto appiattito l'identità non deve servire per alzare recinti ma essere condivisa".

La band salentina
La band salentina
La band salentina

Tornando al disco, ci sono molte sfumature del reggae. Come avete lavorato?

"Per noi è tutto, e sempre, reggae. La musica è bella tutta e il reggae è di per sé molto vario, parte dagli anni Sessanta e arriva a oggi. E in tutti questi anni ne sono successe di cotte e di crude. Negli anni Settanta e Ottanta c'erano le band con musicisti eccellenti, poi è arrivata l'elettronica che ha trasformato tutto. Oggi ci sono i dj che sono diventati produttori e fanno cose egregie. Deve goderne l'orecchio, attraverso un messaggio chiaro. A me piace molto andare a ballare la black music, che sia James Brown o Major Lazer".

"Chi lotterà vivrà" con Enzo Avitabile può essere considerato il brano cardine del disco?

Sì, lo è e riassume un po' il senso dell'album, insieme con 'Brigante' e 'Ribelle'. Racchiudono il messaggio di 'Eternal Vibes'"?

Perché intitolare l'album così?

Perché consideriamo la musica un'esperienza eterna, senza tempo. La musica che amiamo ci dà una vibrazione eterna, in una visione un po' romantica ma che racchiude il senso di ciò che è stato ed è il reggae per noi.

Esperienza che è passata dalla Giamaica. Com'è andata?

La Giamaica è una terra molto dura e noi abbiamo avuto la fortuna di andarci con Richie Stephens, uno degli artisti più rispettati del Paese, quello che nel giorno della Liberazione canta l'inno nazionale giamaicano nello stadio di Kingston. Quindi eravamo al sicuro. Kingston è piena di contraddizioni, ed è la capitale dell'industria della musica giamaicano quindi del reggae mondiale. Ma se ti trovi nel posto sbagliato al momento sbagliato rischi la vita. Ma quest'anno ci torniamo.

Una band che parla molto della propria terra si può innamorare di un'Isola come la Sardegna?

Certamente sì, perché noi tutti siamo figli della terra. Anzi, io sono mediterraneo, sono un mare tra le terre. Mi ritengo più appartenente al mare che alla terra. Sono più libero nel mare, perché mi costringe ad andare oltre l'orizzonte sempre, anche solo con lo sguardo. La Sardegna è un po' come me, circondata dal mare ed è una terra che fa per me. E ogni volta che vengo, non vedo l'ora di tuffarmi nelle sue acque meravigliose.
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