Dalla cultura agli eventi di cronaca internazionale, politica e spettacoli ai maggiori fatti di economia; dal gossip alla cronaca nazionale e allo sport, per finire con la cronaca locale e i migliori video e fotostorie pubblicati su unionesarda.it.

Di seguito le top news dell'anno di mondo.

***

GUAIDÒ LANCIA LA SFIDA A MADURO

I due leader a confronto (foto da frame video)
I due leader a confronto (foto da frame video)
I due leader a confronto (foto da frame video)

Era un perfetto sconosciuto sino ai primi giorni del gennaio 2019, mentre oggi è il deus ex machina del Venezuela, il Paese caraibico con le maggiori riserve petrolifere del pianeta.

È il 23 gennaio 2019 quando Juan Gerardo Guaidó Marques, mentre centinaia di migliaia di persone sfilano nelle piazze del Paese contro il regime, si autoproclama presidente ad interim del Venezuela. Guaidò sfida così apertamente la rivendicazione di Nicolas Maduro alla presidenza, e per farlo si appella all'articolo 233 della Costituzione venezuelana, che permette al capo del Parlamento di prendere il potere per 30 giorni se la presidenza è vacante, in attesa di nuove elezioni. Lo stesso giorno Donald Trump lo riconosce come legittimo presidente. A seguire, il Canada, il Brasile e buona parte dei Paesi europei.

Da allora una surreale contrapposizione di poteri che getta nel caos il Paese, attanagliato dal tracollo economico e politico.

***

IL MURO COL MESSICO E LO SHUTDOWN USA

Il muro nella zona di Tijuana (archivio L'Unione Sarda)
Il muro nella zona di Tijuana (archivio L'Unione Sarda)
Il muro nella zona di Tijuana (archivio L'Unione Sarda)

Nei primi mesi del 2019 il muro tra Messico e Stati Uniti continua a essere uno dei principali temi della discussione politica Oltreoceano, anche perché causa del più lungo shutdown della storia americana: le attività amministrative Usa si bloccano dal 21 dicembre 2018 e sino al 25 gennaio 2019. Casus belli la richiesta di Donald Trump di un finanziamento da 5,7 miliardi di dollari per la costruzione del celebre muro, e il mancato accordo tra Repubblicani e Democratici al congresso. Alla fine e dopo 35 giorni di shutdown Trump cede, firmando un provvedimento che non prevede lo stanziamento dei fondi richiesti per il muro, ma rilancia ancora giocandosi la carta dello stato di “emergenza nazionale” ai confini con il Messico.

***

LA TRAGEDIA DI CHRISTCHURCH

Brenton Tarrant a processo (archivio L'Unione Sarda)
Brenton Tarrant a processo (archivio L'Unione Sarda)
Brenton Tarrant a processo (archivio L'Unione Sarda)

È il 15 marzo 2019 quando il 28enne Brenton Tarrant, giovane vicino agli ambienti neonazisti, armato di un paio di pistole semiautomatiche e due fucili apre il fuoco all’impazzata in una moschea e in un centro islamico di Christchurch, in Nuova Zelanda, filmando il tutto in diretta social.

Per le conseguente del folle gesto perdono la vita 51 persone, fedeli musulmani di età compresa fra due e 71 anni.

Si tratta del più grande omicidio di massa nella storia della Nuova Zelanda. Il 28enne suprematista finisce in carcere a Auckland, durante il processo si dichiarerà innocente.

***

NOTRE DAME DIVORATA DALLE FIAMME

Il momento del crollo della guglia a Notre Dame (archivio L'Unione Sarda)
Il momento del crollo della guglia a Notre Dame (archivio L'Unione Sarda)
Il momento del crollo della guglia a Notre Dame (archivio L'Unione Sarda)

I primi ad accorgersi che qualcosa non andava sono stati alcuni passanti, che nel tardo pomeriggio del 15 aprile 2019 hanno visto levarsi dal tetto della cattedrale di Notre Dame, a Parigi, una densa nube bianca. Poi il fuoco divampato in breve tempo, con la chiesa fatta evacuare in fretta e furia e i turisti e i fedeli messi in salvo.

Si teme inizialmente un attentato, ma gli inquirenti appurano poi che la causa delle fiamme sono alcuni lavori di ristrutturazione in corso sulla sommità dell’edificio. Le conseguenze del rogo sono devastanti: crolla la guglia, due terzi del tetto vanno in briciole con ingenti danni agli interni. Una tragedia che colpisce al cuore non solo i parigini, ma l’intera Europa.

***

GLI EUROPEI ALLE URNE

L'aula di Strasburgo (archivio L'Unione Sarda)
L'aula di Strasburgo (archivio L'Unione Sarda)
L'aula di Strasburgo (archivio L'Unione Sarda)

Dal 23 al 26 maggio 2019 sono 427 i milioni di cittadini europei, provenienti da 28 Paesi, chiamati alle urne per eleggere i 751 rappresentanti al Parlamento europeo. I due più grandi gruppi all'europarlamento, quello dei popolari e quello dei socialisti, subiscono un drastico calo: il PPE passa infatti da 221 deputati a 182 mentre l'S&D si contrae da 191 a 147 seggi. Il vero balzo in avanti lo fanno i raggruppamenti dei liberali Alde e quello dei Verdi, grazie alle ottime performance in Germania, Irlanda e Francia. In Italia la Lega di Matteo Salvini stravince con il 34,4 per cento, circa il doppio del Movimento 5 Stelle, suo alleato di governo. Il Partito Democratico porta a casa il 22,7 per cento dei voti, mentre Forza Italia ottiene l’8,8 per cento. Presidente del Parlamento sarà nominato il 3 luglio 2019 l’italiano David Sassoli, che subentra ad Antonio Tajani. A nascere sarà poi la nuova Commissione europea, insediatasi l’1 dicembre 2019 sotto la guida dell’ex ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Leyen. Nella sua squadra anche Paolo Gentiloni, che subentra al francese Pierre Moscovici come commissario con deleghe all’Economia.

***

LA RIVOLTA DEGLI STUDENTI A HONG KONG

Manifestanti a Hong Kong (archivio L'Unione Sarda)
Manifestanti a Hong Kong (archivio L'Unione Sarda)
Manifestanti a Hong Kong (archivio L'Unione Sarda)

È il 9 giugno quando a Hong Kong si apre la rivolta degli studenti: un milione di persone invade le strade per chiedere il ritiro della proposta di legge che permette a Pechino di processare gli autori di reati commessi nell’ex colonia britannica, dal 1997 sotto il controllo cinese.

Pressata dalle proteste e dopo mesi di tensioni, con 2500 feriti e oltre 4500 persone arrestate, la governatrice filo cinese Lam ritira poi la norma, ma a quel punto la piazza chiede elezioni libere e la fine dell'ingerenza di Pechino nella vita politica locale, con la Cina che minaccia d'intervenire militarmente e gli Stati Uniti che appoggiano le proteste.

Alle elezioni distrettuali la stangata per le forze filo cinesi: 17 consigli su 18 sono assegnati ai democratici. La governatrice resta però in carica.

***

L'AMAZZONIA BRUCIA, IL MONDO SI MOBILITA

I roghi in Amazzonia immortalati dallo spazio da Luca Parmitano (foto @Esa)
I roghi in Amazzonia immortalati dallo spazio da Luca Parmitano (foto @Esa)
I roghi in Amazzonia immortalati dallo spazio da Luca Parmitano (foto @Esa)

È il mese di agosto quando i riflettori dei media internazionali si accendono su un gravissimo dramma ambientale: secondo l'Istituto nazionale brasiliano di ricerche spaziali (Inpe), dall’inizio dell’anno nell'area della foresta amazzonica si sono susseguiti 74mila incendi (+83% rispetto allo stesso periodo del 2018), e oltre la metà in territorio brasiliano. Il dato porta molte critiche e raccomandazioni all’indirizzo del presidente di estrema destra del Paese, Jair Bolsonaro, accusato non solo di non fare quanto necessario per contenere la piaga, ma anzi di incoraggiare l’attività delle società produttrici di legno a disboscare. Durissimo sarà in questo senso il botta e risposta con l’omologo francese, Emmanuel Macron.

***

LA TURCHIA INVADE LA SIRIA

Attacco turco in Siria (Ansa)
Attacco turco in Siria (Ansa)
Attacco turco in Siria (Ansa)

Il 9 ottobre la Turchia attacca il nord-est della Siria aprendo l'operazione "Fonte di Pace”. Il conflitto nel Paese mediorientale, iniziato nel marzo 2011 e che in molti davano per finito, torna quindi al centro dell'attenzione internazionale. Obiettivo di Erdogan è creare una "zona di sicurezza" nel nord est del Paese, al confine con la Turchia, cacciando le milizie dell'Ypg, le unità combattenti di protezione popolare curde, che considera terroristi come il Pkk, il partito dei lavoratori curdo, e facendo rientrare in quell'area due milioni di siriani attualmente rifugiati in Turchia. A chiudere le ostilità turche l’accordo siglato il 22 ottobre con la Russia di Putin, con un congiunto invito dei due Paesi ai curdi a lasciare i territori al confine con la Turchia. Una vittoria di Erdogan e di Putin, dunque, con quest’ultimo che conferma così in maniera notevole la propria influenza nei territori sfruttando anche il ritiro degli Stati Uniti e le decisioni confuse e contraddittorie di Trump.

***

I GILET GIALLI TORNANO PROTAGONISTI IN FRANCIA

Manifestazione dei gilet gialli a Parigi (archivio L'Unione Sarda)
Manifestazione dei gilet gialli a Parigi (archivio L'Unione Sarda)
Manifestazione dei gilet gialli a Parigi (archivio L'Unione Sarda)

Il 17 novembre 2019 i "gilet gialli” compiono un anno di vita, e tornano protagonisti in Francia. A Parigi esponenti del movimento tornano a danneggiare, con il volto coperto, auto, mezzi di trasporto pubblico e negozi, mentre la polizia risponde con gas lacrimogeni e idranti. Programmate nuove manifestazioni in tutta la Francia, con l’eterogeneo movimento, nato per protestare contro l'innalzamento dei prezzi del carburante ma poi apertosi ad altre questioni sociali, che torna a chiedere le dimissioni del presidente Emmanuel Macron e l’approvazione di profonde riforme sociali ed economiche.

***

LE ACCUSE A NETANYAHU E ISRAELE VERSO LA TERZA ELEZIONE

Netanyahu e Gantz (archivio L'Unione Sarda)
Netanyahu e Gantz (archivio L'Unione Sarda)
Netanyahu e Gantz (archivio L'Unione Sarda)

Non sono bastate due elezioni e tanto meno due premier incaricati, Benyamin Netanyahu e Benny Gantz: Israele il prossimo 2 marzo tornerà alle urne. Un'impasse politica senza precedenti nella storia del Paese, cui non resta che il voto di marzo con i partiti che già affilano le armi per una campagna elettorale all’ultima preferenza. Si tratterà di elezioni decisive sia per l'attuale premier Netanyahu, incriminato per corruzione, frode e abuso di potere in tre casi giudiziari, sia per l’avversario Benny Gantz, ex capo di stato maggiore dell'esercito e leader del partito centrista Blu-Bianco e che promette, se vincerà, di cambiare radicalmente l'intera politica israeliana degli ultimi anni.

***

GRETA THUNBERG È LA "PERSONA DELL'ANNO"

Greta Thunberg sulla copertina di Time (foto da Google)
Greta Thunberg sulla copertina di Time (foto da Google)
Greta Thunberg sulla copertina di Time (foto da Google)

Con la nomina della rivista Time a “Personaggio dell’anno, si conclude a dicembre lo straordinario 2019 di Greta Thunberg.

La 16enne attivista svedese batte nella prestigiosa classifica il presidente Donald Trump, la speaker della Camera Nancy Pelosi e i manifestanti di Hong Kong.

La Thunberg si è fatta conoscere in tutto il mondo per aver dato inizio, con un incredibile seguito, ai "Fridays for Future”, manifestazioni per chiedere ai governi di tutto il mondo azioni incisive, e provvedimenti concreti, per arginare il cambiamento climatico e il riscaldamento globale.

***

TRUMP, GRANA IMPEACHMENT

Donald Trump (archivio L'Unione Sarda)
Donald Trump (archivio L'Unione Sarda)
Donald Trump (archivio L'Unione Sarda)

A tenere alta l’attenzione nelle cronache globali è, nel 2019, anche la procedura di impeachment contro il presidente Donald Trump. Esplosa sulla stampa a fine estate, si riferisce tuttavia a fatti accaduti nei primi mesi del 2019, quando Trump e alcuni suoi collaboratori fecero pressioni per spingere il governo ucraino e il suo neoeletto presidente Volodymir Zelensky a fornire materiale imbarazzante su Joe Biden – ex vicepresidente e possibile avversario di Trump alle Presidenziali 2020 – o il Partito Democratico. Due i capi d'imputazione: abuso di potere per le pressioni su Kiev e ostruzione del Congresso per aver bloccato testimoni e documenti.

Il 18 dicembre alla Camera entrambi gli articoli passano con 230 e 229 voti, tutti dem tranne tre contrari.

Trump è il terzo presidente americano messo in stato d'accusa, prima di lui sono finiti a giudizio solo Andrew Johnson, nel lontano 1868, e Bill Clinton nel 1998. Ora la palla passa al Senato, che dovrà esprimersi a gennaio con un esito che appare però scontato: nella camera alta del parlamento il tycoon conta su una granitica maggioranza repubblicana.

***

JOHNSON TRIONFA ALLE ELEZIONI: VIA ALLA BREXIT

Boris Johnson esulta dopo la vittoria (archivio L'Unione Sarda)
Boris Johnson esulta dopo la vittoria (archivio L'Unione Sarda)
Boris Johnson esulta dopo la vittoria (archivio L'Unione Sarda)

Braccia alzate al cielo, è il 13 dicembre quando Boris Johnson può finalmente esultare uscendo da Downing Street: il leader conservatore stravince le elezioni in Gran Bretagna conquistando la maggioranza assoluta dei seggi e ottenendo dai cittadini un chiaro mandato per portare finalmente a conclusione l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. La Brexit, stando alle promesse del premier, dovrebbe arrivare il 31 gennaio 2020.

Per lui, dunque, succeduto a luglio a Theresa May dopo le dimissioni di quest’ultima, un anno che si conclude nel miglior modo possibile. Polverizzato il suo avversario Labour, Jeremy Corbyn: con 200 seggi rimediati alle urne, si tratta per i laburisti di una disfatta storica, la peggiore dal lontano 1935.
© Riproduzione riservata