Voleva entrare nella storia. E ci è riuscito.

Donald Trump è il terzo presidente americano messo in stato d'accusa con la procedura di impeachment. Prima di lui sono finiti a giudizio solo Andrew Johnson nel lontano 1868 e Bill Clinton nel 1998.

La Camera, come prevedibile, ha approvato entrambi i capi d'imputazione a suo carico: abuso di potere per le pressioni su Kiev per far indagare il suo principale rivale nella corsa alla Casa Bianca Joe Biden e ostruzione del Congresso per aver bloccato testimoni e documenti. Gli articoli sono passati con 230 e 229 voti, tutti dem tranne tre contrari.

Altrettato prevedibile sarà l'esito del voto in Senato a gennaio, considerando che il tycoon conta sulla granitica maggioranza repubblicana nella camera alta del parlamento. Anche se la speaker della Camera Nancy Pelosi ha annunciato che i due articoli non saranno inviati al Senato finché non ci saranno garanzie di un processo giusto in quel ramo del Congresso.

Il tycoon ha aspettato la votazione prima twittando furiosamente nel bunker della Casa Bianca e poi tenendo un comizio in Michigan, Stato cruciale per la sua rielezione.

"Non abbiamo fatto nulla di sbagliato. Abbiamo l'appoggio del partito repubblicano", ha esordito. "Dopo tre anni di caccia alle streghe, bufale, vergogne, truffe, i democratici stasera stanno cercando di annullare il voto di decine di milioni di patrioti americani", ha denunciato, accusando l'opposizione di "abuso di potere". "Questo è il primo impeachment dove non c'è un reato", ha incalzato, convinto che sarà un "suicidio politico" per i dem.

"Trump non ci ha dato altra scelta - le parole di Nancy Pelosi -. Il presidente ha violato la costituzione e resta una costante minaccia per la sicurezza del nostro Paese e l'integrità delle nostre elezioni", ha scandito, dopo aver letto accanto a un tricolore americano il Pledge of Allegiance, il giuramento di fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti.

(Unioneonline/D)
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