È una strage quella che i cani randagi fanno di pecore. L'ultimo episodio è avvenuto nella Nurra, a danno di Battista Cualbu, presidente di Coldiretti Sardegna, il cui gregge è stato decimato. 30 i capi ammazzati, altri animali sono in fin di vita e altri ancora non sono stati trovati.

Una piaga con cui i pastori devono combattere, oltre alla già grave crisi provocata dal prezzo del latte, dai danni del maltempo e dai premi comunitari che arrivano sempre a rilento.

Sul posto stamattina sono intervenuti i carabinieri della stazione di Palmadula e i barracelli di Sassari: hanno catturato due cani e individuato il proprietario, in quanto erano dotati di microchip. Sono cani da caccia, che si erano persi durante qualche battuta.

"Oggi è toccato a me - ha detto Cualbu - ma è un destino che purtroppo colpisce diversi pastori. L’ho voluto rendere pubblico per cercare di sensibilizzare tutti, istituzioni ma anche cittadini, su una piaga, quasi sempre sottovalutata, che però causa ingenti danni, non solo per le pecore morte ma anche per quelle che rimangono agonizzanti o ferite e quindi inabili alla produzione".

E, ancora: "In molti casi le greggi vengono spaventate dall’assalto o solo passaggio di questi branchi compromettendone, anche solo momentaneamente, la produzione. Ma rappresentano un pericolo anche per i cittadini".

Coldiretti Sardegna, per voce del suo presidente, chiede quindi "maggiore sensibilità e attenzione da parte non solo dei cacciatori, che spesso perdono i cani, ma anche di chi abbandona gli animali, liberandoli in campagna. Questi animali, oltre a rischiare la vita diventano un pericolo per chi la campagna la vive e la lavora. Serve più vigilanza, nonostante il lavoro e la presenza delle forze dell’ordine e dei barracelli, e il pugno duro con chi abbandona il proprio animale".

"La presenza dei randagi così come quella dei selvatici – ha aggiunto il direttore di Coldiretti Sardegna, Luca Saba –, come abbiamo già detto in altre occasioni, merita maggiore attenzione, perché oltre al danno immediato e in questi casi certificabile, crea insicurezza alle aziende agricole e pericolo per l’incolumità non solo per gli operatori della campagna ma anche per i cittadini".

(Unioneonline/s.s.)
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