Avvolta in teli bianchi su graniti rosa, incastonata sottoterra come un bunker d’altri tempi, nascosta ai rilievi satellitari da un prato eternamente irrigato senza contagocce, posizionato proprio sopra i tetti della villa “fantasma”. L’eremo è segreto come pochi, proteso verso la baia di Capo Capaccia, nelle turchesi acque del paradiso della Costa Smeralda. Le telecamere che la circondano seguono i volti a distanza, il libero accesso su quelle scogliere scolpite dal vento e dal mare è precluso anche agli arieti più riottosi ai cancelli vietati. L’ingresso è senza sbocco. Una rotonda ti fa capire senza mezzi termini che oltre non si può andare, devi girare. Un blocco di legno d’ulivo, massiccio come un bisonte, scorre su un binario d’acciaio, tra due pilastri di pietra. Il numero è il 26 della via russa nell’eremo di Romazzino, Porto Cervo. Inutile cercare il nome nel campanello, tutt’al più ti puoi imbattere sull’ennesimo occhio severo incastonato tra pulsantini e codici d’accesso che ovviamente nessuno conosce. Auto qui non ne arrivano, nessuno osa varcare quel tracciato tortuoso dal vicolo cieco. L’estremo azzardo è stato quello di posizionare nel cancello secondario di questo enclave due fiocchi silenziosi, uno bianco verde, come la bandiera della terra violata, e uno bianco rosso, della nazione che invade. Per il resto silenzio, assoluto e inespugnabile.

Rocky Ram, l’ariete

Che quella lingua di roccia rosa sia vietata e inviolabile lo si capisce dal nome della “dacia” in terra sarda, Rocky Ram, letteralmente “ariete roccioso”. Testardo e solitario, aggressivo e altezzoso. Quando una sorta di Simca datata, una quattroruote verdina d’altri tempi, si affaccia sulla rotonda la domanda sorge spontanea, rivolta alla signora in viaggio di nozze a ritroso, che rievoca con la dolce metà i fasti del passato. Circospetta, nonostante la pensione, risponde con orgoglio: ho lavorato tanti anni qui con l’Ingegnere, ci ho vissuto come fosse casa mia. Poi, però, sono arrivati i russi, e noi siamo tornati in paese.

L’Ingegnere

Inutile chiedere chi è l’Ingegnere, non lo dirà mai. Per discrezione e riservatezza eterna. Qui, però, per tutti, l’Ingegnere è molto di più di un nome e un cognome. Come per l’Avvocato o il Cavaliere. È l’alba di dieci anni fa quando Carlo de Benedetti, quasi un oligarca italiano, potente e influente come pochi nella vita economica, politica e editoriale del Bel Paese, si presenta dal notaio Carlo Munafò a Saronno insieme alla signora Margherita Crosetti, la sua prima moglie. Da cedere c’è una modesta società da quattro soldi, con un riparto da far rabbrividire anche la più maschilista delle fedi islamiche, 90 euro di proprietà dell’Ingegnere e dieci euro della consorte. Peccato che l’anonima “Società semplice Romazzino”, data di nascita 16 maggio 1995 e sede legale nella via Valeggio a Torino, sia tutt’altro che una scatola vuota. Nella “pancia” immobiliare di quella modesta compagine di cotanto consorte c’è la numero uno, la più esclusiva, l’irraggiungibile villa di Capo Capaccia, Rocky Ram. È il 26 marzo del 2012 quando i coniugi appongono la firma su quel pezzo di carta con il quale vendono quel lembo di Sardegna ad uno sconosciuto signore rappresentante legale di una società registrata lontana mille miglia dall’ariete roccioso. Dal paradiso smeraldino a quello fiscale di Cipro il passo è breve, segreto, occulto e blindato nei caveau della terza isola del Mediterraneo, dopo la Sicilia e la Sardegna. Il contratto di vendita è top secret. Inutile scavare nelle Conservatorie. Carlo de Benedetti, lungimirante e preveggente, il tre aprile di due anni fa ha sciolto senza messa in liquidazione la società di famiglia. Nei registri camerali la “Romazzino” è società “cancellata”. Gli atti ufficiali di vendita sono inaccessibili sul fronte italiano. Non resta che affidarsi ai mercanti di castelli dorati che qui, nell’ingegno smeraldino dell’Aga Khan Karim, non mancano.

113 milioni di villa

I mediatori dell’operazione raccontano di una cifra finale mozzafiato di ben 113 milioni di euro, anche se l’Ingegnere ne avrebbe voluto qualcuno in più. In questa terra votata alla ricchezza esasperata quella cifra non era passata inosservata, tant’è che ancora oggi in molti, compresi gli addetti ai lavori si domandano chi abbia potuto osare tanto, andando ben oltre le nove cifre, per acquistare quella “dacia” segreta e “fantasma” nella penisola di Romazzino, lembo esclusivo di Porto Cervo. C’è tutto in quel prezzo, villa stratosferica, inizialmente con 19 sale, per poi diventare 25 con il piano casa, il proscenio, l’isolamento, la riservatezza, un’intera penisola, circondata su tre lati da pennellate di azzurro e turchese da far invidia ai cromatismi più forbiti della storia dell’arte. Certo, apparentemente manca una via d’uscita e d’ingresso alternativa a quel cancello sulla rotonda, elemento imprescindibile per sfuggire a paparazzi e malintenzionati. Qui, però, in questa terra di magnati, principi e oligarchi sono abituati a concorrere di pari passo con le sceneggiature di James Bond e compagni. E non è un caso che scandagliando il mare antistante il periplo della penisola, cosparsa di teli bianchi, si scorge il passaggio diretto dalle acque brillanti ai piani sotterranei della villa.

Usmanov, il dirimpettaio

Il pontile qui nella residenza vietata, a differenza del dirimpettaio, il potentissimo Alisher Usmanov, c’è ma non si vede. I piloni d’acciaio sono incastonati e nascosti nel fondale marino, la passerella segreta comparirà, senza dare nell’occhio, solo quando servirà realmente per accedere o lasciare dal mare la dacia “fantasma” di Punta Capaccia. La domanda rintocca nell’emisfero come le campane domenicali nella Chiesa di Stella Maris, sulle pendici di Porto Cervo. Una villa tanto esclusiva quanto segreta, mimetizzata come poche, non ha, però, un vero nome e cognome. Per tutti è la ex di Carlo De Benedetti. Per il resto nessuno sa niente. Non si sa chi entra e chi esce, e chi lo sa se ne guarda bene dallo svelarlo.

Codice del silenzio

Il codice del silenzio vola radente come l’omertà. Questo Fort Knox russo in terra di ginepri e mirto, corbezzoli e gabbiani è avvolto nel più totale mistero. I ben informati, quelli che sotto tortura cedono solo per un minimo indizio, raccontano di un uomo potente, potentissimo, ricco sfondato, vicino, vicinissimo allo zar di Russia. Niente nomi, però. Forse, però, nemmeno loro sanno realmente chi ha osato comprare a Porto Cervo una casa più grande, più esclusiva, più riservata di quelle di Usmanov, del miliardario Gennady Timchenko, di Vladimir Lisin o Petr Olegovich Aven. I segreti sono tutti racchiusi in un fondo al quale siamo risaliti incrociando banche dati e papers internazionali, mappe catastali e trust finanziari sparsi in mezzo mondo. L’attuale proprietario, l’acquirente della villa dell’Ingegnere, è “Ferimod Investments Limited”. Un fondo segreto, registrato in Egypt street, al numero 12, della capitale di Cipro, sbarcato nel mondo societario russo-cipriota il 14 settembre del 2009. Il numero in codice della compagine segreta è “HE248333”. Lo stato attuale dell'organizzazione è attivo. Sul registro riservato ci sono solo due nomi, il primo è scritto in cirillico, che tradotto dovrebbe riportare all’intraprendente Eleni Kinani, parente strettissima di un potentissimo ministro cipriota direttamente collegato ad una delle più potenti famiglie oligarche di Russia. Insieme alla signorina Kinani, che figura come direttrice del fondo, compare come segretario un altro soggetto in codice, “Zoulian Consultants Limited”.

I fratelli di Judo

Si tratta dell’ennesima conferma degli incroci documentali che abbiamo ricostruito: Ferimod Investments Limited, proprietaria della dacia “fantasma”, è una delle società depositarie del sistema finanziario ed economico di Boris e Arkady Romanovic Rotenberg, i due fratelli compagni di giochi e di Judo dello Zar di Russia, nientemeno che Vladimir Putin. La differenza tra i due è, però, sostanziale, uno, Arkady, è oligarca a tutto tondo, con passaporto russo e patrimoni sottoposti a sanzioni, l’altro, Boris, invece, è oligarca quanto il fratello, ma ha il passaporto finlandese. Elemento quest’ultimo che lo ha per adesso posto al riparo dal congelamento dei beni.

Mar Nero & Porto Cervo

La storia di questa enclave russa in terra di Sardegna, però, è un pozzo senza fondo di segreti e misteri, compresa la bramosia di Vladimir Putin in persona per quei castelli costruiti direttamente su lingue di terra e di roccia adagiate e isolate in mare aperto, una volta nel Mar Nero, un’altra nel paradiso di Porto Cervo. Di certo lui, lo Zar di Russia, quando nel 2003 è sbarcato ufficialmente in Sardegna per la prima volta, ha traguardato quel mare turchese con una certa invidia. Ora i suoi compagni di sport e di giochi, attraverso i paradisi fiscali di Cipro, hanno piantato la bandiera della Federazione Russa su Punta Capaccia, in terra di Sardegna. I documenti in nostro possesso, però, raccontano molto altro, su quello sbarco in Sardegna dei fratelli Rotenberg, miliardari per grazia di Putin. La conquista di questo lembo di paradiso sardo passa attraverso divorzi, scontri post matrimoniali e patrimoni infiniti che riemergono proprio nelle segrete ville di Porto Cervo. La storia russa in terra sarda è appena agli inizi.

 (1.continua)

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