Cosa ci sia, con esattezza, non si sa. Perché «non si dispone di un elenco del materiale impiegato in loco a partire dal 1959». Ossia da quando si è iniziato a sparare sulla Penisola Delta, l’area “maledetta” del Poligono di Capo Teulada.  Per decenni definita “imbonificabile”, tanto era stata usata per le esercitazioni delle forze armate di tutto il mondo.

Le navi ci sparavano contro, gli aerei ci gettavano le loro bombe ed era teatro di sperimentazione di missili di ogni tipo. Ora qualcosa si muove: dopo le analisi sulle acque intorno, il ministero della Difesa ha presentato le carte per liberare dagli ordigni, esplosi e non, l’estrema punta sud occidentale della Sardegna, con un’operazione di pulizia su un territorio di 2 milioni e 914mila metri quadrati. Quasi tutti contaminati da rifiuti bellici. All’assessorato regionale all’Ambiente è stata avviata la Valutazione di incidenza ambientale che dovrebbe portare alla tanto attesa bonifica, richiesta da commissioni parlamentari e anche dalla Procura della Repubblica di Cagliari, che ha aperto un’inchiesta sull’inquinamento. 

Prima di passare alla descrizione dell’intervento, i tecnici incaricati dai militari scrivono che il poligono di Teulada «rappresenta un’importante risorsa anche per l’economia locale in quanto, sebbene non siano disponibili dati statistici ufficiali, è lecito ipotizzare che l’Esercito Italiano sia tra i principali datori di lavoro del Sulcis-Iglesiente, non solo in termini di retribuzione del personale stanziale nell’area e di indotto per gli operatori economici locali, ma anche per ciò che ha tratto con gli introiti fiscali (Irpef e Irap in primis)».

Sottolineato anche un paradosso: l’area bombardata per decenni «ricade all'interno del Sito d'Interesse Comunitario (Sic) denominato “Isola Rossa e Capo Teulada", ora Zona Speciale di Conservazione (Zsc).

Lo scopo dell’intervento non è solo “ambientale”. La Difesa vuole «ripristinare
le condizioni del Poligono “Delta” per consentire il normale transito in sicurezza e l’utilizzo futuro dello stesso quale zona bersaglio
per arrivo colpi che sarà delimitata con materiale ecosostenibile e collocata all’interno di un sito privo di essenze arboree pregiate». Quindi, pulizia per riprendere a sparare, ma «con una maggiore consapevolezza» dell'ecosistema. 

Sulla carta viene dichiarato che verranno rimossi tutti gli ordigni abbandonati. E per sapere cosa si potrebbe trovare le carte fanno riferimento solo a una “media” di ciò che si è sparato tra il 2009 e il 2015. Per i periodo precedente non si hanno notizie certe. Ci dovrebbero essere resti di granate di piccolo calibro e artiglieria, di bombe da mortaio e d’areo, di razzi e di missili Spike e Tow. 

Con una precedente operazione di pulizia, che ha preso il nome di “Pasubio”, «è stata sottoposta a rimozione di ordigni inesplosi  e recupero dei residuati una superficie complessiva della penisola Delta pari a circa 41.000 metri quadri, al fine di realizzare dei corridoi sicuri per il raggiungimento delle stazioni di campionamento». In tredici punti di campionamento sono stati rilevati superamenti di livelli di rischio per la presenza di arsenico e piombo. «Le aree oggetto di superamento delle Csc», si legge nelle carte, «saranno sottoposte a caratterizzazione ambientale al fine di verificare la reale natura delle citate non conformità ambientali». Esclusa invece la presenza di emissioni radioattive. 

I tempi? Lunghi. Al di là dell’iter per l’approvazione, si prevede un anno di lavori per l’intervento sulla prima zona e due per le successive. ma prima bisogna avere le autorizzazioni e bandire le gare d’appalto.  

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