Le pratiche restano ferme e, in alcuni casi, l’attesa arriva a sfiorare i due anni. Su questo punto l’INAIL non contesta le criticità. Ma sui numeri dell’arretrato la direzione regionale corregge il tiro: alla sede di Oristano le pratiche inevase sarebbero «circa un migliaio», non le 1.600 denunciate dai patronati.

Una precisazione che non cambia la sostanza del problema, ma che per il direttore regionale INAIL Sardegna Alfredo Nicifero è necessaria per inquadrare una situazione complessa, che non può essere ridotta a un semplice blocco amministrativo.

Il nodo centrale resta la carenza strutturale di personale medico, intrecciata a un forte aumento delle denunce di malattia professionale.

In Sardegna, negli ultimi cinque anni, i casi sono cresciuti di circa l’80%, con numeri superiori a quelli di regioni più popolose. Oristano, insieme a Nuoro, rappresenta il punto più critico: non ci sono dirigenti medici in pianta stabile. Per evitare la paralisi, l’INAIL ha attivato una rotazione quotidiana di sanitari provenienti da altre sedi regionali. Un sistema tampone, basato su disponibilità volontarie e su un equilibrio fragile, considerato che anche nel resto dell’Isola la carenza di medici si aggira attorno al 50%.

All’inizio del 2026 è previsto un ulteriore rafforzamento temporaneo con un medico in più a rotazione. Nessuna promessa risolutiva: «Non significa abbattere le liste d’attesa in pochi mesi – ammette Nicifero – ma migliorare almeno in parte la situazione».

Resta poi il passaggio più delicato, quello dei criteri di lavorazione. I patronati contestano il mancato rispetto dell’ordine cronologico; l’INAIL rivendica invece una gestione basata sulle priorità: infortuni sul lavoro, soprattutto mortali, grandi invalidi, prestazioni che incidono sulla sopravvivenza economica delle famiglie, protesi e abbattimento delle barriere architettoniche. Gran parte dell’arretrato riguarda le malattie professionali, spesso con micro-invalidità e più istanze presentate dallo stesso soggetto.

Un quadro aggravato dalla crisi generale della sanità sarda. Da qui l’appello finale ai patronati: pratiche complete e attenzione alle situazioni più gravi. «Non per negare diritti – conclude Nicifero – ma per garantire che le risorse vadano prima a chi non può permettersi di aspettare».

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