Cinzia Pinna, scagionato il 26enne coinvolto nell’inchiesta: come sono nate le accuse, le 48 ore da incubo
I carabinieri in casa, il sequestro di auto e smartphone: il giovane era stato tirato in ballo dallo stesso Ragnedda nella sua prima versione dei fattiGli avvocati del 26enne
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Un giardiniere lombardo di 26 anni che improvvisamente si è ritrovato catapultato in un’inchiesta per omicidio, con l’accusa infamante di aver occultato il cadavere di Cinzia Pinna, la 33enne di Castelsardo uccisa dal reo confesso Emanuele Ragnedda.
Un incubo che per il giovane è iniziato quando alla porta di casa si sono presentati i carabinieri che gli hanno sequestrato auto e smartphone e lo hanno messo sotto torchio: «Non conosco questa ragazza e l’11 settembre non ero con Ragnedda», ha detto il ragazzo, incredulo di fronte alle accuse.
Ma come è nato il suo coinvolgimento? A tirarlo in ballo è stato lo stesso Ragnedda, che poi lo ha scagionato quando davanti agli investigatori è crollato confessando l’omicidio. Lunedì l’imprenditore vitivinicolo, convocato formalmente come persona informata sui fatti, ha detto agli investigatori: «Io e Cinzia siamo stati insieme, mi sono svegliato ed era morta». Un racconto confuso, nel corso del quale ha accusato il 26enne di aver preso il corpo di Cinzia dallo stazzo di Conca Entosa e di averlo buttato in mare.
Accuse che sono cadute quando l’imprenditore ha confessato e scagionato totalmente il giardiniere. Ma ora gli avvocati del giovane (Antonello Desini, Maurizio e Nicoletta Mani) si aspetta l’apertura di un fascicolo per calunnia a carico di Emanuele Ragnedda.