Si è fidata Cinzia Pinna, forse ha anche creduto che l’uomo gentile che la ha avvicinata a Palau la sera dell’11 settembre, avrebbe potuto aiutarla. Lei non stava bene, le era successo altre volte. Era una donna fragile Cinzia, ma amava la vita e nonostante le difficoltà e tanti problemi stava cercando la strada per una esistenza almeno serena. La stavano aiutando i familiari, i genitori e la sorella Carlotta, e gli amici. Le stesse persone che per 12 giorni l’hanno cercata disperatamente. La storia di Cinzia, 33 anni, figlia di una coppia di ristoratori di Castelsardo, è, purtroppo, ancora una volta, la storia di una donna che viene uccisa e buttata via come spazzatura. 

Forse Emanuele Ragnedda e Cinzia Pinna si conoscevano da tempo, lei lavorava a Baia Sardinia e qualche volta frequentava i locali di Palau. Nella tarda serata dell’11 settembre, stando alle indagini, la donna sale nell’auto dell’imprenditore e i due si allontanano dal paese. Da quel momento della 33enne non si avranno più notizie, e già il giorno dopo i familiari lanciarono l’allarme.

Ai Carabinieri giunsero alcuni segnali preoccupanti: i militari della Stazione di Palau misero insieme diversi elementi e inviarono una prima informativa alla Procura di Tempio. Anche se non ne era ancora a conoscenza, Emanuele Ragnedda era già indagato dalla settimana scorsa. Poi, ieri pomeriggio, è arrivata la confessione. «Voglio parlare, adesso vi dico tutto», ha detto l’imprenditore 41enne di Arzachena, ammettendo di aver sparato un colpo di pistola e ucciso Cinzia Pinna.

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