Un passamontagna e un fucile calibro 12 con la matricola cancellata. L'ultima speranza di scoprire cosa sia accaduto a Paolo Ruiu e Giuseppe Sechi potrebbe essere custodita in questi reperti utilizzati, forse, per sequestrare i due giovani scomparsi nel nulla tra il 1993 e il 1994 a Nuoro e Ossi. Un mistero che va avanti da quasi 30 anni ed è passato indenne alle numerose inchieste chiuse senza risultati dalla Direzione distrettuale antimafia cagliaritana. Compresa l'ultima, avviata nel 2018 dopo la convocazione dei familiari delle vittime. Nulla.

Gli esami dei carabinieri

Ora il pubblico ministero Alessandro Pili ha incaricato i carabinieri del Nucleo investigativo di Nuoro e del Ris di eseguire alcuni fondamentali esami su quegli oggetti trovati a metà anni Novanta nella grotta sul monte Corrasi a Oliena da dove, nel maggio 1994, l'ozierese Antonio Marras era riuscito a fuggire ancora con le catene ai polsi e alle caviglie pochi giorni dopo essere stato rapito. In quell'anfratto già decenni fa era stato recuperato materiale sul quale era impresso il Dna di Ruiu, il che può significare due cose: il figlio del farmacista di Orune era stato portato lì prima di Marras oppure i due sequestri erano stati commessi dalla stessa banda. Ruiu era scomparso il 22 ottobre 1993, Sechi il 22 marzo 1994. Gli episodi sono certamente legati tra loro, perché il lembo dell'orecchio inviato ai parenti di Ruiu per provare che il ragazzo fosse vivo era, in realtà, di Sechi.

L'ultimo tentativo

La decisione di eseguire esami balistici sul fucile e biologici sul passamontagna è arrivata in questi giorni perché solo di recente alla Procura di Cagliari è stato chiesto il via libera alla distruzione degli ultimi reperti esistenti (prassi normale quando è trascorso così tanto tempo), custoditi nei laboratori dell'Arma dal 2010. Gli inquirenti però hanno ritenuto opportuno non lasciare alcunché di intentato e ordinato l'esecuzione delle analisi, avviate la scorsa settimana. L'obietto è verificare l'eventuale compatibilità del fucile con le varie tipologie di bossoli inserite nella banca dati nazionale e la possibile presenza sul cappuccio di tracce biologiche utili a risalire all'identità di pregiudicati - magari autori di sequestri - a loro volta presenti negli elenchi investigativi. Traguardo complicato da raggiungere a distanza di decenni dai fatti, anche se approfondimenti simili (balistici e biologici) avevano consentito di risolvere nel 2004 il mistero sull'omicidio del gioielliere cagliaritano Silvio Cuccu (1992) e, nel 2010, di scoprire gli autori dell'omicidio di Paolo Atzeni (1990), proprietario del Jolly Market a Pula.

Carcere e Orune

L'ultima inchiesta archiviata ipotizzava un coinvolgimento nel sequestro del boss Giuseppe Vandi, in carcere per traffico di droga e indicato quale mandante dell'omicidio di Marco Erittu (trovato morto in cella a San Sebastiano nel 2007) dal carcerato Giuseppe Bigella, autore materiale del delitto. L'assassinio, nella ricostruzione investigativa, era stato commesso per impedire che la vittima, soffocata con un sacchetto di plastica, rivelasse quel che sapeva sul coinvolgimento di Vandi «nel sequestro a scopo di estorsione di Ruiu e nell'omicidio e seppellimento di Sechi», aveva sostenuto la Dda. Ma nel novembre 2018 il processo di primo grado era terminato con l'assoluzione degli imputati, dunque era venuta meno l'attendibilità di quel movente. Nel maggio 2019 invece l'Appello aveva ribaltato la decisione, condannando all'ergastolo lo stesso Vandi e altre due persone. Decisione che potrebbe spingere la Procura cagliaritana a riprendere in mano la ricostruzione iniziale. Uno degli elementi ritenuti assodati dagli inquirenti è che gli autori dei due omicidi gravitassero attorno a Orune. La vittima era sparita mentre percorreva la strada tra il paese e Nuoro, in località Nunnale, ed era orunese l'uomo che ne aveva contattato i familiari sostenendo l'ostaggio fosse ancora vivo per poi inviare loro il lembo dell'orecchio di Sechi. Ma sulla loro identità è mistero.

Andrea Manunza

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