Sonaggios e Pittiolos, i campanacci sardi di Tonara
Alla scoperta delle creazioni e dei segreti dei maestri artigiani del paese della BarbagiaIl campanaccio da porre al collo degli armenti: un “semplice” manufatto che nella tradizione e nel folklore della Sardegna, terra da sempre a vocazione agropastorale, assume una valenza che va oltre la semplice utilità pratica. E c’è un paese dell’Isola in particolare specializzato nella realizzazione di “Sonaggios”: si tratta di Tonara.
La figura simbolica del campanaccio sardo – Come detto, in Sardegna, regione dalla grande e secolare vocazione agropastorale, il campanaccio da porre al collo degli armenti è qualcosa di più di un semplice manufatto. Rappresenta infatti il legame tra il pastore e ciascun capo del suo gregge, che non deve andare perso, perché rappresenta il suo lavoro e la fonte di sostentamento sua e della sua famiglia.
La tradizione dei campanacci di Tonara – Come detto, a Tonara esiste ancora oggi una forte tradizione artigiana specializzata nella produzione di campanacci per armenti. Un’arte che nel paese della Barbagia si tramanda di padre in figlio, di generazione in generazione.
I sonaggiaos e pittiolos – A modellare i tipici “sonaggios” di Tonara sono i “pittiolos”, costruttori di campanacci, che applicano regole di lavorazione rigorose, affinatesi nel tempo. Le loro creazioni in passato erano destinate solo ed esclusivamente ai pastori e agli allevatori, oggi invece sono anche molto gettonate come souvenir, perfette anche per i turisti e i vacanzieri che vogliono portarsi a casa uno dei simboli più genuini della tradizione isolana. I sonaggius, inoltre, vanno ad adornare i costumi tradizionali del Carnevale sardo, di cui sono parte imprescindibile.
Come vengono realizzati? – I “sonaggios” sono solitamente realizzati in ottone e la lavorazione – che avviene in antichi crogiuoli - è assai complessa e comprende ben 26 fasi diverse.
Il suono, l'anima del campanaccio – Oltre alla maestria nella lavorazione, i Pittiolos di Tonara hanno anche un’altra abilità, che si conquista solo con l’esperienza e la padronanza delle antiche tecniche artigiane. Quella di “intrare in sonu”, ovvero dare ad ogni manufatto il suono “giusto”, particolare, perfetto. E ovviamente ciascun artigiano ha il suo “marchio di fabbrica”: qualcuno conferisce ai “sonaggios” un suono più dolce, altri un suono più “duro”. Una sorta di “anima” del campanaccio, che contribuisce a rendere unici questi veri e proprio “gioielli” simbolo – come le launeddas e altri manufatti artigiani – della tradizione agropastorale sarda.
(Unioneonline)