Grande servizio, ottimo diritto, fisicamente una roccia, sul campo da tennis Vittorio Boi - campione sardo assoluto nel 1988 di singolare e nel 1995 in doppio con Andrea Lecca - a torto o a ragione non è mai stato considerato un artista della racchetta. "Certe volte i maestri o i compagni di squadra ti appiccicano un'etichetta che poi è difficile togliersi di dosso". La carriera Così negli anni 90, quando giocava per il Tennis club Cagliari, classificato B3, cioè tra i migliori cento giocatori d'Italia, tanti anni di militanza in serie B, era considerato un ottimo singolarista ma nei doppi gli venivano preferiti altri: d'altronde era l'epoca di Angelo Binaghi, Alessandro Silvi, Cico Aroni, Fabrizio Murgia, Paolo Tronci, ottimi interpreti della specialità decisiva negli incontri a squadre (la formula prevedeva quattro singolari e due doppi).

Una delle opere di Vittorio Boi (foto concessa da Vittorio Boi)
Una delle opere di Vittorio Boi (foto concessa da Vittorio Boi)
Una delle opere di Vittorio Boi (foto concessa da Vittorio Boi)

Nessuno poteva immaginare il futuro: Vittorio Boi oggi ha 56 anni, insegna educazione fisica nella sua nuova città d'adozione, Olbia, e artista lo è diventato davvero: dipinge quadri premiati a New York e inseriti in una mostra organizzata a Cervia dal critico d'arte italiano più conosciuto, Vittorio Sgarbi. E nel proseguo della sua carriera tennistica, forse troppo tardi, quando aveva compiuto 35 anni, i migliori risultati li ha ottenuti proprio in doppio: numero 700 nella classifica mondiale della specialità, 26 punti Atp in coppia con Nicola Bruno e poi con Guillermo Perez Roldàn ha battuto tra gli altri, anche l'allora coppia di Coppa Davis Bracciali-Galimberti. "Incredibile ma vero - sorride con la solita modestia - per chi ha seguito la mia carriera agonistica a Cagliari. Sono arrivato a Olbia per lavoro, dove ho iniziato a svolgere la professione di maestro di tennis, e dove ho incontrato una persona speciale, Gavino Docche, ingegnere lungimirante, presidente del Terranova e patron del Geovillage. Qui ho avuto la fortuna di lavorare con Nicola Bruno, Antonella Canapi, Fabio Maggi, Paolo Cané, e poi dieci anni con il campione argentino Guillermo Perez Roldàn, numero tredici del mondo nel 1988, che mi ha aperto un mondo nuovo, sperimentando in prima persona altri sistemi di allenamento. Molto più fisici, esplosivi: l'ho provato sulla mia pelle nei tornei internazionali da 50 mila dollari di doppio, devi essere preparato soprattutto fisicamente per poter rispondere alle palle velocissime, pesanti, devi reggere un urto importante. Così mi sono scoperto, troppo tardi, doppista. La lezione è stata soprattutto personale: ho fatto parte di una generazione d'oro di giovani tennisti a Monte Urpinu, forse tanti di noi avrebbero potuto raggiungere livelli ancora più alti. Eravamo bravi, i migliori in Sardegna, buoni a livello nazionale. E' stata un'esperienza di vita unica, e bisogna comunque rendere merito al maestro Lillo Palmieri che è riuscito a tenere coeso un gruppo unico, che difficilmente si ripeterà". La pittura Tennis e pittura, c'è un legame profondo tra le passioni coltivate in tutta la vita da Vittorio Boi. "Mi considero figlio d'arte, mio padre Renato era un ottimo pittore, ha venduto quadri a tantissimi appassionati e anche agli Enti pubblici. Mi ha sempre portato nel suo studio, da lui ho appreso tecniche e passione, mi ha insegnato a leggere, a tenermi informato sull'arte. Ma ero un bambino introverso e per farmi superare la timidezza mi ha indirizzato verso lo sport. Con il tennis, cominciato grazie a un corso organizzato nelle scuole elementari di via Garavetti, è stato subito amore: il maestro Luciano Bassotto mi ha scelto fra tanti, in poco tempo ho ottenuto risultati importanti a livello giovanile in quegli anni in cui un mio coetaneo, Federico Pellegrini, era considerato un talento a livello nazionale".

Una delle opere di Vittorio Boi (foto concessa da Vittorio Boi)
Una delle opere di Vittorio Boi (foto concessa da Vittorio Boi)
Una delle opere di Vittorio Boi (foto concessa da Vittorio Boi)

Quando Vittorio Boi ha cominciato a girare l'Italia con la racchetta da tennis, non ha mai trascurato la passione per la pittura: "Andavo sempre alla ricerca di mostre, di basiliche particolari, ho sempre letto le riviste del settore. Dopo l'agonismo, mi sono dedicato all'insegnamento del tennis, poi dieci anni fa, finita l'esperienza al Geovillage di Olbia, ho ripreso a dipingere più intensamente. La spinta me l'hanno data amici e intenditori che vedevano le mie opere sui social, e mia moglie Flaviana, che mi ha sempre consigliato e dato spunti importanti. Così i miei lavori sono arrivati alle mostre nazionali e internazionali: il premio Città di New York è stato il mio risultato più significativo". La prima mostra in assoluto è stata però organizzata a Cagliari nello studio atelier del suo ex compagno di squadra Fabio Lilliu

Le opere Vittorio Boi nei suoi dipinti prende spunto anche dallo sport. "I velocisti sui blocchi di partenza che aspettano lo start per una volata sanno che da lì a poco avrà tutto o niente e sono divorati dalla tensione. Il tennista spesso è nudo in campo, non sa spiegarsi perché la palla non va dove vuole lui. Lo stesso accade al golfista che in base alle scelte prima di colpire la palla è davanti alla gloria o al baratro di un errore. Ecco, nei miei quadri c'è quell'introspezione che mi accompagna da quando ero un bambino timido e che ha superato tutto questo grazie allo sport, al tennis, e all'arte.
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