Il 7 agosto del 1990 si consuma uno dei delitti più efferati e densi di mistero della storia d’Italia: il delitto di Via Poma.

Simonetta Cesaroni aveva 21 anni e lavorava come segretaria all’A.I.A.G, in Via Poma 1, nel rinomato quartiere Prati. Quel pomeriggio si reca a lavoro alle ore 15.30. Il portiere dello stabile, Pietrino Vanacore, riferirà agli inquirenti di non averla vista entrare perché iniziava il turno proprio a quell’ora. Da questo momento in poi inizia il mistero di Via Poma. Sono trascorsi trent’anni e gli interrogativi sono ancora tanti, troppi. Il legale della famiglia Cesaroni, Federica Mondani, in un’intervista ha riferito: “L'omicidio di via Poma rappresenta una sconfitta per tutto il sistema giudiziario italiano, una sconfitta per lo Stato. Per la famiglia il dolore non cambia, hanno questa ferita che non si chiuderà mai anche alla luce di alcuni dubbi che non sono stati sgombrati. L'indagine si può riaprire in qualsiasi momento ma a questo punto serve un segnale dalla Procura che in questi ultimi anni però non è arrivato”.

Tanti i dubbi su quanto accaduto in quello stabile del quartiere Prati e poche le certezze. Viene appurato che alle 17.15 Simonetta telefona ad una collega di lavoro per sapere alcuni dati, alle 17.25 la collega la richiama e le comunica i dati richiesti. Simonetta avrebbe dovuto chiamare il suo datore di lavoro, Volponi, alle 18.30 ma non lo farà mai. Intanto passano le ore, la famiglia entra in allarme perché non riceve alcuna notizia da parte di Simonetta. La sorella Paola e il fidanzato Antonello si recano dal datore ma quest’ultimo riferisce di non sapere dove si trovano gli uffici dell’A.I.A.G. Volponi scende con il figlio e insieme ad Antonello e Paola, cercano gli uffici. Riescono a trovarli. Suonano ma nessuno apre. Il cancello è chiuso. Volponi decide di scavalcare il muro e aprire il cancello. In portineria c’è la moglie di Vanacore che, sulla difensiva, dice subito di non avere le chiavi. Giunti al terzo piano, però, la signora apre la porta. Entra per primo Volponi, ispeziona due stanze illuminate ma non trova nulla, si dirige poi nella stampa del direttore dell’A.I.A.G. e fa la terribile scoperta: Simonetta Cesaroni era morta. Era stata uccisa.

Il corpo di Simonetta giaceva in posizione supina, il reggiseno era stato abbassato sul torace. La giovane era stata colpita con 29 coltellate che - secondo le analisi - erano state inferte con un tagliacarta. Tante le ferite sul viso, torace, addome, pube e anche una tumefazione sulla parte destra del viso che l’avrebbe stordita. Simonetta ha perso sangue, molto sangue, circa 3 litri ma la scena del crimine era stata ripulita. Non c’era alcuna traccia di sangue eccetto qualche macchia sui telefoni e sulla porta. Le tapparelle della stanza in cui è stato rinvenuto il cadavere erano state abbassate. Il killer aveva trafugato nella borsa di Simonetta, aveva preso i gioielli, i vestiti e le chiavi. Nella borsa di Simonetta sono state trovate anche delle polaroid mai sviluppate che risalivano all’estate del 1988, quando la giovane non stava ancora con il fidanzato Raniero Busco ma con un altro ragazzo. Come mai Simonetta portava con sé quei rullini appartenenti ad una vecchia storia? Forse Simonetta doveva incontrare qualcuno a cui doveva dare quelle foto? Qualcuno le ha chiesto quei rullini?

Il pianerottolo di quell’appartamento era stato ripulito, anche l’appartamento era stato meticolosamente ripulito. Partono le indagini, i primi sospetti cadono sul portiere del palazzo Pietrino Vanacore che riferisce subito di non aver visto e sentito nulla perché si ritrovava a casa dell’ingegner Valle in quelle ore ma cade in contraddizione e dopo pochi giorni viene arrestato con l’accusa di essere l’assassino. Il 30 agosto del 1990 tutto si sgonfia e Pietrino Vanacore viene scarcerato per mancanza di indizi. Le indagini sulla morte di Simonetta si spostano successivamente su Federico Valle, nipote dell’ingegnere Cesare Valle ma anche le accuse su Federico e le indagini a suo carico cadranno. Viene prosciolto da ogni accusa. Nel 2007 viene sospettato Raniero Busco, fidanzato di Simonetta. Il suo profilo del DNA combacia con le tracce di saliva presenti sul corpetto di Simonetta. Raniero viene condannato in primo grado a 24 anni di reclusione e al pagamento delle spese processuali, in secondo grado viene assolto con formula piena e nel 2014 la Cassazione lo assolve in via definitiva. Chi ha ucciso Simonetta Cesaroni?

Angelo Barraco
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