Una nuova voce emerge all'interno del dramma che in questi mesi ha catapultato la Sardegna al centro delle cronache nazionali per un efferato delitto. Quello di Manuel Careddu, il giovane di Macomer ucciso e sepolto sulle rive del lago Omodeo lo scorso settembre.

"Mia figlia - dice per la prima volta la madre della ragazzina sotto accusa, insieme ad altri ragazzi, per l'omicidio - non è il mostro che si vuol far credere. Deve pagare per quello che ha fatto, ma non per il resto".

Il procuratore dei minori Anna Cau, durante la sua requisitoria, ha espresso alcuni concetti tra i quali, ricorda la mamma della ragazza, "se non ci fosse stata lei non ci sarebbe stato l'omicidio". "Non si può dire una cosa del genere", dice la donna.

"Il fatto che lei fosse l'unica a conoscere il povero Manuel non fa di lei la mandante", e aggiunge: "Ho letto tutti gli atti e soprattutto le intercettazioni da cui non emerge alcun elemento per cui si debba credere che lei fosse la mandante e l'organizzatrice".

Sua figlia, spiega, non sarebbe neanche dovuta andare al lago e non può aver manovrato persone più grandi di lei per convincerli a uccidere Manuel.

Nella lettera che l'ex fidanzato ha inviato alla mamma della 16enne, Christian Fodde si assume la responsabilità del delitto: avrebbe detto di aver deciso per l'omicidio dopo aver perso la ragione sia per aver assunto droga sia perché la vittima era andata a casa della fidanzatina.

"Dal 10 ottobre scorso - conclude -, da quando cioè mia figlia è stata arrestata, non vivo ma sopravvivo giorno per giorno con grosse, grosse difficoltà. Quel giorno mi è crollato il mondo addosso", perché dietro la tragedia "c'è il dolore di tante famiglie che soffrono. Ho voluto vedere la madre di Manuel: da mamma mi sono sentita di incontrarla, seppure consapevole che sarebbe stata una prova molto dura. Le ho detto che avrei dato la mia vita per restituirle quella di Manuel".
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