Era la "sarda intemperie". Acque stagnanti e zanzare: l'estate, per lunghi secoli, fino alla campagna di eradicazione portata a termine settant'anni fa, nell'Isola era la stagione della malaria. "I contadini crollavano con la falce nel pugno, le porte e le finestre si chiudevano come davanti a un invasore, le donne inscheletrivano, i bambini dei poveri erravano per le strade, incartapecoriti e con le pance grosse di nove mesi": la descrizione viene dalle pagine de "Il giorno del giudizio", il capolavoro di Salvatore Satta.

LE PIANE INFESTATE Era così da secoli. Nel diciottesimo secolo la situazione si era fatta ancora più drammatica. Vaste zone dell'Isola, scoprirono i piemontesi prendendone possesso, erano impraticabili: la costa da Pula a Cagliari, il campidano attorno a Sanluri e Samassi, la piana di Ozieri e la Nurra, l'attuale Olbia, le valli del Cedrino e del Tirso erano infestate. Il colle di Bonaria, a Cagliari, si chiama così proprio perché altrove l'aria era cattiva, ammorbata.

IL DILEMMA ECONOMIA/SALUTE Oggi ci troviamo inchiodati al dilemma economia/salute. Ma la storia parla chiaro: la salute è (anche) economia. La malaria fu una delle cause più importanti della cosiddetta "questione sarda": i contadini nostri antenati, oltre a conseguenze come la bassa statura e la scarsa aspettativa di vita, pativano una diminuzione delle forze e delle capacità di lavoro. D'estate, commerciare fra Capo di Sopra e Capo di Sotto era un'attività rischiosa. La strada reale, la Carlo Felice, fu costruita a ritmi stabiliti dalla malaria: i cantieri, per scongiurare contagi, chiudevano a giugno per riaprire solo a estate finita. L'ingegnere piemontese Giovanni Antonio Carbonazzi fu contagiato e ha raccontato i sintomi: mal di testa insopportabile, febbre ardente, deliri.

I MORTI IN SARDEGNA Per avere un numero dei morti sardi di malaria bisogna arrivare al Novecento: tra il 1903 e il 1912, si legge in un saggio storico di Antonello Mattone ("Le origini della questione sarda", nel volume "La Sardegna" de "La storia d'Italia - Le regioni dall'Unità a oggi", Einaudi, 1998) morì di malaria un sardo su mille. Lo 0,1 per cento: un dato più alto della media italiana.

DUE ZOONOSI Malattie non paragonabili, malaria e Covid? Nient'affatto. In entrambi i casi si tratta di zoonosi, ovvero i rispettivi agenti patogeni sono arrivati all'uomo dopo essere stati ospitati in altre specie animali. Nel suo ormai celeberrimo "Spillover" (Adelphi, 2014), David Quammen racconta che il salto di specie, per la malaria, è avvenuto probabilmente in tempi remoti: «non più tardi di 1,3 milioni d'anni fa» dal bonobo (una specie di scimmia), secondo un'ipotesi, o in tempi più recenti dal gorilla all'uomo secondo un'altra. La zanzara anofele è solo un vettore.

SCOPERTE SCIENTIFICHE Certo, occorse aspettare la fine dell'Ottocento perché il francese Charles Louis Alphonse Laveran scoprisse che i miasmi descritti anche da molti visitatori della Sardegna non erano i veri responsabili ma che la colpa andava attribuita a un parassita, il paramyxovirus. Ed è proprio studiando la malaria nell'India infestata che un personaggio come il britannico Ronald Ross, smettendo di disperdere le sue energie in un ventaglio troppo ampio di interessi (poesia, teatro, romanzo, ricerche matematiche), ricostruì il ciclo vitale del parassita plasmodium e, dopo aver vinto il Premio Nobel per la Medicina (nel 1902), arrivò a teorizzare (nel 1916) un modello matematico delle epidemie: per rallentarle, occorre mantenere il numero di persone infettabili al di sotto di una certa soglia. Uno studio da cui prese le mosse lo scozzese George MacDonald che, sempre lavorando sulla malaria, elaborò il "numero riproduttivo di base". Lo sapete, di cosa si tratta: è il numero di infezioni che si sviluppano in una comunità come diretta conseguenza della presenza in essa di un singolo contagio. L'ormai celeberrimo "R con zero", di cui si parla tanto a proposito di Covid-19: se è superiore a 1, significa che ogni contagiato ne infetta a sua volta più di 1.

LA SARDEGNA RISANATA La scoperta di MacDonald è del 1956. In quell'anno, la Sardegna era già stata definitivamente liberata dalla malaria. La campagna di eradicazione prese il via nel 1946 e si concluse nel 1950. Era condotta dall'Erlaas, Ente regionale per la lotta antianofelica in Sardegna. La guidavano tecnici italiani e statunitensi ed era finanziata, nel bel mezzo della guerra fredda, dalla Rockefeller Foundation attraverso il finanziamento Erp (European relief program: soldi del piano Marshall). In cinque anni furono sterminate le zanzare e si attuò una bonifica idraulica dei territori. Un successo che oggi sarebbe fantastico replicare.
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