Quando non sai cos’è, allora è jazz. Parola di Novecento, il leggendario pianista sull’oceano di Alessandro Baricco. Invece ai giorni nostri Jazz Trasformando, per gli amici JT conosce perfettamente quello che suona. JT è un algoritmo che conosce migliaia di performance dei migliori jazzisti di tutti i tempi. Da Charlie Parker a John Coltrane, da Monk a Mingus, passando per Chick Corea e Mike Stern. Grazie a questa library di cui sono stati imbottiti i suoi circuiti nei giorni scorsi JT ha tenuto un  concerto al Turn Sims di Southampton insieme alla band guidata dal compositore Dan Mar Molinero. Una jazz orchestra con due talenti della scena internazionale, Julian Arguelles al sax e Jasper Hoiby al basso. Con loro JT ha “improvvisato” estraendo dai sui database le note giuste al posto giusto in base alle sue conoscenze.

Sono state eseguite musiche dall’ultimo album di Mar Molinero. In pratica JT era l’unico componente non umano di questa straordinaria band. L’evento ha suscitato molta curiosità sia negli ambienti jazzistici che accademici. È stato sponsorizzato dall’Università di Southampton, con il dipartimento di musica e dall’Uk Institute per l’intelligenza artificiale. L’idea è parte di un progetto che esamina come umani e macchine possono lavorare insieme nel campo dell’improvvisazione musicale e cosa questa interazione ci può dire sul futuro delle interazioni tra uomo e macchina.

Esistono da tempo software in grado di comporre. Possiamo scegliere i parametri del brano che vorremmo ascoltare: mood, genere o artista di riferimento e oopla!, Il gioco è fatto, come una camicia su misura per i nostri gusti e il nostro umore.

Quindi ricapitolando l’intelligenza artificiale crea musica artificiale. In tantissimi potranno di certo dire che nulla mai potrà sostituire la creatività umana e le sue naturali virtù. Questione di tempo.. La voce artificiale è largamente accettata, ne sia prova l’uso dell’autotune in maniera massiccia, anche a Sanremo. Nessuno è ancora riuscito a capire quale sia la vera voce di Mahmood. Scherzi a parte vi immaginate Claudio Villa con l’autotune?

Tornando a noi come ha fatto JT a improvvisare sui pattern suonati dalla sua band? L’algoritmo individua i pattern ricorrenti di un determinato stile, gli accordi e le dinamiche che si ripetono e caratterizzano una band.
Tutte queste informazioni vengono poi tradotte in una serie di formule matematiche che permettono di creare una ricetta "ad hoc" per ricreare il sound e il mood di quei particolari artisti. Si tratta quindi di un metodo che procede per errori e che è capace di correggersi ogni volta, in modo da diventare sempre più performante. Si chiama machine learning ed è quello che i musicisti imparano suonando alla nausea determinate sequenze per sapere che “con questo accordo posso suonare questo o quello”.

Per il momento l’intelligenza artificiale non crea nuova musica originale. Per questo quella creata dal computer a partire dai database viene utilizzata come ispirazione. Immaginate una fonte illimitata di idee che possono essere usate, modificate, riarrangiate. Ci sono già delle cose molto particolari create in questo modo. Ad esempio Holly Herendon nel brano Eternal duetta con una versione artificiale di sé stessa.

Chissà cosa avrebbe detto Miles Davis. Che a proposito dell’improvvisazione modale, cristallizzata nel celebre A kind of blue diceva: “Quando si imbecca quella strada si può andare all’infinito. Non ci si deve più preoccupare dei cambiamenti degli accordi e si hanno maggiori possibilità di lavorare sulla linea melodica”. Probabilmente Milas avrebbe usato il computer per allargare le potenzialità della sua immensa creatività. E poi per suonare come Miles al computer manca ancora qualcosa, l’anima.

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