Si alza finalmente un muro per fermare il meccanismo del revenge porn, la vendetta di chi lancia nel web foto o filmati a sfondo sessuale per danneggiare vittime che si ritrovano subito nell’impossibilità di  difendersi. Il Garante della privacy sta dando forma a un modello di risposta immediata che avrà l’obiettivo di fermare entro 48 ore le immagini incriminate su tutte le piattaforme web. La svolta è arrivata pochi giorni fa: chi sente di subire una violazione della propria intimità, trovandosi di fronte a una brutale offesa può fare una segnalazione al Garante in modo immediato, direttamente online, proprio per rendere più rapidi possibili i tempi di intervento. Sarà presto messo in rete (sul sito ufficiale garanteprivacy.it) il modello predefinito che consentirà di promuovere l’azione per disinnescare qualunque iniziativa riconducibile al revenge porn. Attualmente ci si rivolge lo stesso all’autorità per la protezione dei dati personali ma i tempi di risposta non sono così efficaci da arginare in tempo la diffusione e la moltiplicazione delle immagini ritenute offensive.

Si rischia di finire in carcere

Intanto si cerca di chiarire in modo sempre più nitido quali sono i casi in cui si cade nel reato di “vendetta pornografica”. Si parte da un presupposto semplice: l’articolo 612 ter del Codice penale punisce la condivisione di immagini intime senza il consenso dell’interessato. E questo vale anche se la vittima del reato inizialmente dà la propria disponibilità a diffondere l’eventuale materiale fotografico o video a sfondo sessuale. Il classico caso di una coppia che si riprende nei momenti di intimità: i filmati dovrebbero restare all’interno di quella particolare situazione e invece escono dalla dimensione strettamente personale e finiscono sugli smartphone o i pc di altri soggetti.

Le immagini sul web

Può esserci leggerezza, superficialità ma anche e soprattutto l’intento di colpire, magari perché nel frattempo quella coppia salta per aria. Dalla complicità o dall’accordo si arriva alla rottura, a uno strappo brusco. E le immagini dell’intimità perduta finiscono sul web, col giro vorticoso e inarrestabile da un cellulare all’altro. Di sicuro in questi casi si rischia una condanna da uno a sei anni di reclusione e una multa da 5 a 15mila euro. Peraltro non c’è bisogno che ci sia una condotta in malafede da parte di un (ex) partner: la persona che si rende disponibile a girare immagini da considerare compromettenti può decidere in ogni momento di revocare il proprio consenso, anche se non c’è la diffusione di quelle immagini. Ci si può quindi rivolgere al Garante per chiedere la cancellazione del materiale video o fotografico.

Diffusione vietata

Non bisogna per forza essere i protagonisti principali della vicenda per finire nelle maglie della giustizia. Basta ricevere le immagini sulle chat – WhatsApp, Telegram, Messenger – per rischiare di compiere un reato, automaticamente paragonato a quello del revenge porn: ha una condotta perseguibile penalmente chi gira ad altri materiale a sfondo sessuale, anche se non conosce  direttamente la persona protagonista di quelle immagini. Nei casi estremi si rischia una reclusione sino a sei anni. Se nel video sono coinvolti minori sopra i 16 anni, in linea ideale non scatta alcuna aggravante perché l’elemento discriminante è quello del consenso alla condivisione. In realtà non mancano casi in cui la Cassazione si sia soffermata sull’impossibilità del minore di assicurare un “consenso consapevole”. In caso di età più bassa del minore (se dall’altra parte c’è un maggiorenne) si passa al più grave reato di pornografia minorile, punito con una pena dai 6 a ai 12 anni.  

Garante e denuncia

Il Garante della privacy potrà assicurare sempre un intervento rapido sulle varie piattaforme per fermare la diffusione dei video, ma chi si sente vittima di revenge porn ha ovviamente la strada spianata per rivolgersi alla giustizia penale, presentando una querela entro sei mesi. Si procede d’ufficio, qualora si ravvisi che la vittima sia in una condizione di inferiorità psichica o fisica o si trovi in gravidanza. La novità è che anche i minori con più di 14 anni potranno rivolgersi in autonomia al Garante per chiedere un intervento immediato sulle piattaforme web. Lo stop alle immagini messe il più delle volte in circolazione da chi vuole fare del male diventa un passaggio decisivo per stroncare lo squallido meccanismo delle vendette o dei ricatti. Il revenge porn verrà colpito all’origine, salvando dall’umiliazione pubblica e dalla devastazione psicologica chi ha avuto il solo torto di fidarsi della persona sbagliata.

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