Piccole oasi della natura. Paradisi per volatili e altre specie animali e vegetali, ma anche risorsa per la produzione di pesci e attrattiva per i turisti. Sono le zone umide, preziosi serbatoi di biodiversità. Dopo che per molto tempo sono state considerate aree nocive a causa di malattie come la malaria, oggi sono super tutelate e blindate da vincoli salva ambiente. La svolta è arrivata cinquant’anni fa con la firma della Convenzione Ramsar, un trattato internazionale siglato per preservare questi ambienti.

In Sardegna esistono otto siti Ramsar e ben sei sono concentrati nell’Oristanese, la provincia con oltre settemila ettari di stagni e lagune di importanza internazionale (oltre il sessanta per cento dell’intero patrimonio sardo) che si sviluppano lungo 200 chilometri di costa da Capo Mannu, nella marina di San Vero Milis a Marceddì, nel Terralbese.

La Convenzione

Era il 2 febbraio 1971 quando i rappresentanti di 18 Paesi firmarono la Convenzione Ramsar. Oggi sono ben 171 le nazioni che aderiscono a questa convenzione, nata dall’esigenza di tutelare le zone umide e salvarle dall’aggressione subita soprattutto agli inizi del XX secolo. Se da un lato queste aree hanno permesso il fiorire di civiltà del passato (in Mesopotamia, Egitto, Macedonia ma anche in Italia in epoca romana), dall’altro erano anche l’habitat ideale per insetti vettori di malattie e questo le segnava come zone pericolose e da bonificare. “E così la lotta alla malaria, la necessità di recuperare terre coltivabili ha portato alla perdita di numerose di queste aree – si legge sulla pagina Facebook Lipu Oristano - si stima che negli ultimi tre secoli il pianeta abbia perso oltre l’ottanta per cento delle zone umide”. Negli ultimi cinquant’anni però grazie a maggiori conoscenze scientifiche, si è arrivati alla necessità di tutelare queste aree e il loro ecosistema e la Convenzione Ramsar si inserisce in questo progetto di salvaguardia attraverso una gestione e un uso equilibrato delle lagune rimaste. Questo richiede azioni di cooperazione internazionale attraverso politiche condivise e trasferimento di conoscenze.

In Sardegna

Oggi i siti Ramsar nel mondo sono oltre 2 mila 400, si estendono su una superficie di 254.543.972 ettari. In Italia sono presenti 56 siti (73.308 ettari), otto si trovano in Sardegna, su 12.269 ettari. Nell’Isola nel 1977 vennero istituite le prime aree Ramsar: gli stagni di S'Ena Arrubia, del Molentargius e di Cagliari. Nel 1978 è stata la volta dello stagno di Pauli Majori, la peschiera di Corru S'Ittiri e lo stagno di Cabras. Nel 1982 bollino di zona Ramsar anche per gli stagni di Sale Porcus e la laguna di Mistras.

Terralba, lo stagno di Marceddì (foto archivio L'Unione Sarda)
Terralba, lo stagno di Marceddì (foto archivio L'Unione Sarda)
Terralba, lo stagno di Marceddì (foto archivio L'Unione Sarda)

Il progetto

Tra le iniziative di tutela spicca “Maristanis”, un progetto di cooperazione internazionale che mira a creare un modello di gestione integrata delle zone umide e costiere del Golfo di Oristano. Cofinanziato dalla Fondazione Mava, coordinato dalla Fondazione MEDSEA in collaborazione con l'Area marina protetta "Penisola del Sinis - Isola di Mal di Ventre", Maristanis si sviluppa in parallelo con altri tre progetti in Tunisia, Montenegro e Albania.

“Obiettivo è proteggere e unire le zone umide del Golfo di Oristano che costituiscono un ecosistema dal valore inestimabile. Gli stagni di Sale Porcus, Cabras, Mistras, Pauli Maiori, S’Ena Arrubia, Corru S'Ittiri, San Giovanni e Marceddì hanno una straordinaria ricchezza, rappresentano un tesoro di biodiversità ma finora è mancata una gestione organica” fanno sapere gli esperti che lavorano al progetto. Dal 2017 la Fondazione MEDSEA coordina le attività di del progetto Maristanis, a cui collaborano anche la Regione, la Provincia di Oristano, i comuni costieri interessati (Oristano, Arborea, Arbus, Cabras, Palmas Arborea, Riola Sardo, San Vero Milis, Santa Giusta, Terralba e Guspini), il gruppo di azione locale “Flag Pescando”.

Gli esperti sono partiti con un approfondimento delle conoscenze sui siti Ramsar, da qui poi si cercherà di individuare gli interventi necessari per difendere e promuovere lo sviluppo del territorio. Tappa fondamentale di questo percorso è stata la firma del contratto delle zone umide costiere dell’Oristanese: sono stati fissati i pilastri delle iniziative da realizzare nei prossimi anni per la valorizzazione di uno dei più importanti sistemi di zone umide dell’intero bacino del Mediterraneo. Dovranno essere conciliate le esigenze di tutela naturalistica con la possibilità di creare sviluppo attraverso attività di pesca, acquacultura, agricoltura, allevamento ma anche turismo e artigianato. Gli stagni possono diventare un grande laboratorio per la gestione sostenibile della pesca e della fruizione turistica. Tra gli obiettivi principali c’è quello di bandire l’utilizzo della plastica monouso da tutti i comuni che hanno aderito all’iniziativa.

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