La linea rossa del declino demografico, quella soglia di un milione 600mila abitanti che nonostante tutto pareva reggere, è crollata nel 2020. Il primo anno della pandemia, l’Istat ha censito in Sardegna 1.590.044 residenti, registrando in soli dodici mesi un calo pari a 21.577 persone. Nel 2021 si era scesi a un milione 587mila e l’anno dopo gli abitanti erano già diecimila in meno: 1.577.377.

Il crollo demografico

Il Covid ci ha messo del suo quanto al segno negativo del saldo naturale, ma questa è la regione con l’indice di vecchiaia (quanti anziani ogni cento ragazzi della fascia 0-14 anni) più alto d’Italia assieme alla Liguria: oltre 241, con punte di 293 a Oristano e 276 nel Sud Sardegna (la media italiana è 187, in Liguria 267). Nell’Isola, insomma, ci sono quasi dieci anziani per ogni bambino: un’impennata, se si pensa che solo nel 2018 erano sette. Mentre l’età media cresce e si riducono le fasce anagrafiche più giovani, L’Istat ha rilevato che anche nel 2022 la Sardegna è, tra tutte le regioni italiane, quella col dato più basso di nuovi nati: 4,9 ogni mille abitanti, al di sotto della media nazionale di 6,7. Nel 2022, i nuovi nati sono stati 7.695.

Marketing politico

Un andamento che, secondo le previsioni dell’Istat, entro il 2040 farà perdere alla Sardegna quasi 200mila abitanti. Tassi di natalità maglia nera nazionale, emigrazione in ripresa, età media della popolazione che dai 40,7 anni del 2002 è passata ai 47 anni del 2020 e arriverà a 50,9 nel 2030. Sono le coordinate dello spopolamento che affligge soprattutto le zone interne. Un crollo demografico che la politica ha affrontato in ritardo sui tempi, e non con interventi utili ad arginare il fenomeno. Si procede - in Sardegna e non solo - con interventi di marketing politico: bonus per chi trasferisce la residenza nei paesi sotto i tremila abitanti, assegni bebè, sgravi per le attività. Misure che non servono per affrontare seriamente lo spopolamento dei piccoli paesi, dove mancano le scuole, la banca, l’ufficio postale, il medico, e persino il parroco. Centri senza collegamenti viari adeguati, sovente con una traballante copertura di fibra ottica, senza un’assistenza ospedaliera accessibile in tempi ragionevoli.

Soldati senz’armi

I sindaci, soldati senz’armi in trincea, portano avanti la battaglia a difesa delle loro comunità. Chiedono i servizi garantiti ai cittadini di tutto il Paese, e spesso - per convincere lo Stato e la Regione a non levare le tende - sono costretti a far pesare sulle casse comunali le spese della permanenza. Dagli uffici del giudice di pace agli sportelli della previdenza, dai servizi sanitari a quelli del lavoro. Quando una cittadina e un territorio perdono abitanti, parte la minaccia: signori, si chiude. Così, per esempio a Siniscola (che peraltro conta oltre undicimila residenti), ogni martedì l’aula consiliare del Comune viene convertita in uno sportello Abbanoa aperto al pubblico e messo a disposizione di tutto il territorio; altri locali sono stati dati gratuitamente in comodato d’uso a Inps e Agenzia delle Entrate. Oppure a Sorgono, paese sulle barricate in difesa dell’ospedale: qui l’amministrazione ha concesso i locali in comodato d’uso gratuito all’Inps, ma anche a servizi regionali come Laore e Aspal, l’agenzia del lavoro. Di più, Stato e Regione non solo risparmiano sull’affitto, ma non pagano le spese di luce e riscaldamento. A Isili, l’ufficio del giudice di pace è rimasto solo perché il Comune non gli fa pagare l’affitto e pensa a tutto il resto: riscaldamento, pulizie, luce, cancelleria. Ha persino messo a disposizione due dipendenti del Municipio. Come non bastasse vengono dati i locali in comodato d’uso gratuito anche ad Abbanoa, Argea, Laore, Aspal, Gal e Inps; mentre all’Agenzia delle Entrate vengono pagati il riscaldamento e la luce.

La battaglia di tutti

In Sardegna i comuni sotto i tremila abitanti sono 275. Centri delle aree interne di Nuoro, Oristano, Sassari e Medio Campidano che, rileva ancora l’Istat, dal 2000 a oggi hanno perso il 25% dei residenti e che, se nulla cambia, conteranno presto meno della metà degli attuali abitanti. Il deserto che avanza, dunque, non incombe solo sui 33 paesi che contano meno di 700 abitanti, quelli per i quali si parla già di estinzione. Detto in altri termini - per invecchiamento della popolazione, tasso di natalità ai minimi storici, fuga dei giovani - oltre il 70% della superficie dell’Isola rischia di diventare un territorio fantasma. La battaglia dei piccoli paesi è la battaglia di tutti.

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