I lavoratori del Sud Italia sono degli sfaticati e, per questo, guadagnano il 34 per cento in meno rispetto ai colleghi del Nord. A leggere i dati dell’Inps, così nudi e crudi, non c’è discussione: la situazione è questa. Ma invece non lo è: questa ricostruzione è del tutto falsa, benché le cifre ufficiali la confermino. D’altra parte, nel nostro Paese niente è come sembra, o almeno spesso non lo è. In realtà, non è affatto vero che i meridionali, sul posto di lavoro privato (di questo, solo di questo, stiamo parlando), siano meno produttivi rispetto ai settentrionali: tutt’altro. È solo che sono, diciamo così, assai meno “registrati” di chi vive al Nord.

Il fatto è che o lavoratori del Sud Italia, ahiloro, sono spesso “in nero” o quantomeno lo sono certamente più spesso rispetto a quanto accade a chi va a “faticare” nel Nord. E siccome le statistiche si fanno sui dati ufficiali - in questo caso, sono quelli dell’Istituto nazionale di previdenza sociale - viene fuori un falso ritratto da sfaticato di chi vive nel Mezzogiorno d’Italia, dove peraltro questa statistica include anche la Sardegna.

Vediamo la questione, appunto, in cifre, tenendo conto che i dati sono del 2020, e quindi a falsarli ci sono stati anche i lockdown per la pandemia da Covid-19. Secondo le rilevazioni della Cgia di Mestre (cioè l’Associazione artigiani e piccole imprese), tre anni fa nella nostra Isola c’erano 88.700 prestatori d’opera “in nero”, pari al 14,7 per cento della forza lavoro totale. Significa sesto posto assoluto nella classifica delle regioni italiane, capitanata dalla Calabria con il 20,9 per cento. La Sardegna è preceduta nella lista anche da Campania, Sicilia, Molise e Puglia. La media italiana, secondo la ricerca della Cgia di Mestre, era del 12 per cento con un totale di lavoratori irregolari che sfiorava i tre milioni. E chi è irregolare, non compare nelle statistiche ufficiali: di fatto non esiste, perché l’Inps non sa di lui (o lei). In molti casi, peraltro, il lavoratore “in nero” percepisce aiuti pubblici e ha goduto del reddito di cittadinanza, pur guadagnando grazie al proprio lavoro.

Per curiosità statistica, nella classifica Inps del 2020 gli stacanovisti sono i lombardi con il 43 per cento, seguiti dai prestatori d’opera del Trentino Alto Adige (42,5) e sul podio ci sono pure i valdostani (40,5). Quarti sono gli emiliano romagnoli.

La ricerca della Cgia di Mestre si è estesa alle retribuzioni, ma in questo caso l’anno preso in esame è il 2021, cioè un anno parzialmente “vaccinato” contro il virus del Sars-Cov2. Vince a mani basse Milano, con una retribuzione media annua di 31.202 euro per 251,5 giornate retribuite, pari a 124 euro al giorno di paga lorda. Seguono Bolzano, Parma e Bologna. Dove sono i lavoratori sardi? Quelli di Cagliari al 69esimo posto: media annua di 17.527 euro per 255,9 giornate lavorative e paga giornaliera di 77,58 euro lordi. Secondo posto isolano per Sassari, in realtà 85esimo nazionale, grazie a 14.619 euro di media annua per 203,6 giornate lavorative pagate 73,24 euro al giorno. Terzo gradino del podio sardo per Oristano (posizione 95 nella classifica nazionale) con i suoi 15.595 euro, ma guadagnati in più giorni lavorativi (225,3) che quindi riducono la paga giornaliera a 69,22 euro. Quarto e ultimo capoluogo sardo è Nuoro, 97esimo posto in Italia, con un reddito medio annuo di 13.338 euro frutto di 193,7 giornate lavorate alla media di 68,85 euro ciascuna.

Ma stiamo parlando di Italia, quindi i dati ufficiali non sono mai veri: in tutto il Sud, e in questo caso la Sardegna ne fa parte, in molti casi parte della retribuzione, talvolta tutta, è corrisposta “in nero”, facendo così fare ai sardi la parte dei “pezzenti lavorativi” a dispetto della realtà. Peggio di noi fanno Calabria e Sicilia: l’ultima in classifica, alla posizione 103, è Ragusa.

Sempre nel 2021, gli operai italiani guadagnavano in media 16.180 euro l’anno lavorando 219,1 giornate, per 73,86 euro ciascuna. Il guadagno annuo di un impiegato era di 24.910 per 255,5 giornate pagate 97,51 l’una, quello di un quadro all’anno 65,595 per 299,6 giorni retribuiti 218,96 euro ciascuna. Per il dirigente il reddito annuo nel 2021 è stato di 145.533 euro, guadagnati in 291,1 giornate retribuite 500,02 euro l’una. Chiudono gli apprendisti, pagato 21,868 euro per 211,1 giornate in un anno, retribuite 58,79 euro.

Ragionando sui diversi lavori, nel settore finanziario e assicurativo nel 2021 si guadagnavano 50.297 euro nelle 295,7 giornate lavorate a 179,12 euro ciascuna. Maglia nera per i lavoratori della categoria alloggi e ristorazione: tre euro sotto gli ottomila l’anno ma con un lavoro spesso stagionale, come indica la media di soli 142,7 giorni lavorati in un anno, pagati 56,03 euro al giorno.

Ma sono dati che non tengono conto del “lavoro nero”: quello che impedisce di aumentare la retribuzione dei prestatori d’opera regolarmente assicurati e con contratto collettivo nazionale di lavoro. Perché una paga migliore farebbe uscire dal mercato l’impresa che li assume, considerato che i concorrenti che si affidano ai lavoratori irregolari spendono molto meno. Una questione che si potrebbe risolvere solo con controlli a tappeto nelle aziende, per trasformare il “sommerso” in “emerso”. Lo dicono sempre tutti i Governi, quando s’insediano, ma poi ciascuno fa soltanto un piccolo pezzetto del lavoro. E le paghe da contratto restano basse anche per questo. Soprattutto per questo.

© Riproduzione riservata