«Lo diceva Neruda che di giorno si suda. Ma la notte no». Leggerezza, irriverenza, comicità e musica: l’atmosfera informale e il tono spontaneo venivano accompagnati da una colonna sonora ironica e corale, la ciliegina sul programma. «Rispondeva Picasso, io di giorno mi scasso. Ma la notte no». Il 29 aprile del 1985 andava in onda per la prima volta “Quelli della Notte”, programma cult che ribaltò i modelli televisivi conosciuti sino a quel momento. Idea di Renzo Arbore, al tempo 47enne, irripetibile conduttore, intrattenitore, showman e raffinato musicista, abile a circondarsi di una brigata di comici, cantanti, attori, scrittori, critici. Da Nino Frassica a Marisa Laurito, da Roberto D’Agostino a Simona Marchini, da Andy Luotto a Riccardo Pazzaglia. Trentadue puntate (scritte con l’autore Ugo Porcelli) quasi tutte d’un fiato, stagione lunga un mese e mezzo sino al sipario finale di metà giugno che non è stato mai più rialzato.

Musica e divertimento

Sono passati quarant’anni da quel format rimasto scolpito nella storia della televisione italiana: un’ora e mezza di intrattenimento leggero ma assai strutturato che cominciava sulla Rete 2 (si chiamava così) verso le 23 e andava avanti quasi a braccio tra improvvisazioni e le critiche assai poco velate alla società e ai modelli televisivi dell’epoca. L’esibizione dal vivo della variopinta “New Pathetic Elastic Orchestra”, capitanata sempre da Arbore, faceva da collante agli sketch in studio, con continui rimandi e omaggi alla tradizione musicale italiana. Nella band c’erano, tra gli altri, Gianni Mazza, Gegè Telesforo, Silvia Annichiarico, Sal Genovese, Stefano Palatresi, Mauro Chiari, il duo Antonio (Maiello) e Marcello (Cirillo).

I personaggi

Nel caotico salotto degli studi Rai avevano preso forma personaggi rimasti iconici. Come frate Antonino da Scasazza, interpretato da un giovanissimo Nino Frassica, una delle mille intuizioni di Arbore: era un’improbabile religioso dal linguaggio strampalato, miscuglio di parole storpiate e doppi sensi, che da quel momento hanno sempre caratterizzato la carriera dell’attore siciliano. Andy Luotto interpretava Harmand col suo linguaggio arabeggiante inventato e il tormentone “popl arab”. Non mancarono le polemiche, ci furono addirittura le proteste ufficiali di alcune ambasciate per lo scherno (presunto) nei confronti del mondo islamico. Riccardo Pazzaglia, invece, interpretava uno scrittore-attore (come nella realtà) che provava continuamente ad alzare la qualità culturale del dibattito, salvo poi arrendersi e pronunciare uno dei mille refrain della trasmissione: «Il livello è basso». Simona Marchini era la svampita signora bene sempre alle prese con il telefono, appassionata di «telenovelas» e alla ricerca dell’amore della vita. Nel cast c’era anche una giovane Marisa Laurito, che arrivava dal teatro di primissimo livello con Eduardo de Filippo: proponeva l’ingombrante “cugina” alla ricerca continua di Scrapizza, il suo fidanzato latitante. Roberto D'Agostino, futuro guru del sito d’informazione e gossip Dagospia, era il critico del salotto di Arbore, «esperto dell'effimero»: parlava di trend sociali, inventò l’espressione «edonismo reganiano», entrata nei vocabolari per caratterizzare gli anni Ottanta. Accanto a lui Dario Salvatori, esperto di musica, irriverente commentatore delle tendenze delle canzoni dell’epoca e del passato.

«Meglio ricchi che poveri»

Massimo Catalano, jazzista, intellettuale, elegante viveur, interveniva negli sconclusionati dibattiti di “Quelli della Notte” con le “catalanate”, ovvietà lapalissiane: «È meglio essere ricchi e belli che poveri e brutti». Maurizio Ferrini era invece un comunista rappresentante di pedalò della fantomatica ditta "Cesenautica". Anche lui aveva il suo tormentone: «Non capisco, ma mi adeguo». L’artista romagnolo lanciò qualche anno dopo il personaggio della signora Coriandoli, parodia della casalinga italiana. In studio c’erano poi le continue comparsate di Mario Marenco, architetto, storico autore-collaboratore di Arbore, che lanciò anche il personaggio di Riccardino, il bambino con grembiule e fiocco divenuto famoso nella successiva, (altra) fortunatissima trasmissione “Indietro tutta”. Indimenticabili le apparizioni di Giorgio Bracardi, con i suoi improbabili travestimenti e le gag che finivano con la puntuale domanda di Renzo Arbore: «Ma scusi, lei, buonuomo, quanti anni ha?». Secca e scontata la risposta: “Cinquantuno!”. C’erano anche le continue incursioni di Luciano De Crescenzo, indimenticato scrittore filosofo (ma con una laurea in ingegneria nel cassetto), pronto ad alzare l’asticella del dibattito con le divulgazioni che spaziavano tra la sua Napoli e la letteratura greca.

Trasmissione vincente

Una carrellata di personaggi dai mille volti illuminavano la comicità demenziale di “Quelli della Notte”. Il segreto del successo era l’improvvisazione legata al divertimento spontaneo che spazzava via gli schemi dell’ovvio della tv contemporanea (e anche di quella successiva). Nessuno riuscì a convincere Renzo Arbore a proporre una seconda stagione del salotto magico del 1985, seguito da più di un italiano su due tra gli spettatori con la tv accesa a quell’ora: fu l’ennesima scelta vincente che consegnò per sempre il programma ai vertici assoluti della storia della televisione italiana.

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