Lo facciamo tutti: siamo al ristorante, al mare, in palestra, stiamo giocando, stiamo scherzando, ci stiamo annoiando, scattiamo una foto e senza pensarci la postiamo sui nostri account social.

Non va bene, per nulla: scattare e, soprattutto, pubblicare foto di terze persone, anche se sono nostri amici, perfino nostri parenti, figurarsi estranei, senza il loro consenso può essere un reato perché viola la legge sulla privacy.

E allora, attenzione alle immagini. Il volto di ogni individuo è un “dato personale” come tale tutelato dalla legge sulla privacy.  Serve l’autorizzazione della persona prima che questa venga immortalata in uno scatto e poi ne serve un’altra per postare la sua foto su Facebook o Instagram o su qualsiasi piattaforma digitale. Non solo: se dopo aver prestato il consenso alla pubblicazione questo viene revocato, la foto deve essere cancellata a meno che non ci preoccupiamo di oscurare il volto in modo da rendere quella persona irriconoscibile.

Niente di nuovo, le norme sono in vigore da anni, eppure qualche confusione sul tema ci deve essere se la sesta sezione civile della Corte di Cassazione di recente è intervenuta con un’ordinanza per specificare quando sia possibile pubblicare foto di terze persone e quando invece sia un reato.

La decisione del 16 settembre scorso è stata riportata nel dettaglio su Facebook nel profilo dello studio legale dell’avvocata Cristina Perozzi, ed è decisamente importante leggerla perché ognuno di noi, ma anche i nostri figli, i nostri genitori, i nostri amici, i nostri colleghi, possiamo incappare nell’errore di postare sul nostro account social la foto di una terza persona senza che questa ne sappia nulla. Il che viola una serie di norme poste a tutela della privacy delle persone.

La prima regola da tenere bene a mente è che la pubblicazione di soggetti terzi deve necessariamente avere l’autorizzazione dell’interessato, il che equivale a dire che non possono essere pubblicate le sue immagini a sua insaputa. Se il consenso viene negato e si procede comunque con la pubblicazione della foto, questo viola la privacy di quella persona anche se – va sottolineato - si tratta di immagini pubbliche. Va da sé che l’utilizzo di una foto di terze persone senza consenso a scopi pubblicitari o promozionali è sempre vietata al pari di quella di un minorenne in assenza dell’autorizzazione dei genitori.

Vale la pena ribadire che la tutela è relativa al volto della persona, questo significa che possono essere pubblicate foto con particolari fisici della persona, purché attraverso quei particolari non si arrivi alla sua identificazione.

La violazione di queste norme integra un reato specifico, previsto dall’articolo 167 del decreto legislativo 196 del 2003 - trattamento illecito di dati - punito fino a tre anni di reclusione.

Su questo terreno il Regolamento sulla protezione dei dati personali (Gdpr) ha costretto i social network ad allinearsi a precisi standard per tutelare la privacy degli utenti.

Sempre prendendo spunto dal post dell’avvocata Perozzi si possono qui ricordare alcune regole da rispettare per non incorrere in violazioni o reati.

Se non si ha l’autorizzazione alla pubblicazione si può oscurare il volto della persona rendendola irriconoscibile, a meno che la foto non sia stata scattata durante avvenimenti sportivi o cerimonie di pubblico interesse (sempre che la persona immortalata non sia minorenne). Viceversa, se lo scatto è stato fatto a una festa privata o in una casa privata è sempre necessaria l’autorizzazione del diretto interessato sia allo scatto sia alla pubblicazione. Il consenso non deve essere dato per iscritto, bastano i comportamenti che lo rendano palese.

Tutto cambia quando si tratta di fotografie che ritraggono minorenni, ma anche qui bisogna pur sempre considerare l’età del ragazzo. A questo proposito l’avvocata Perozzi ricorda una sentenza di due anni fa: durante un procedimento di divorzio il Tribunale di Chieti aveva imposto ai genitori di evitare la pubblicazione di foto col figlio di 17 anni sui loro  profili social senza l’esplicito consenso del ragazzo.

Il minorenne che abbia compiuto i 14 anni è da ritenersi normalmente in grado di assumere le proprie decisioni con consapevolezza, non a caso quell’età si può prestare il proprio consenso per iscriversi ai social.

Le immagini di terzi non sono dati “sensibili” o “particolari” ma “personali”. Però l’immagine può essere anche un dato “particolare” (biometrico) se sottoposta a tecniche automatiche di riconoscimento del volto. Può rientrare anche fra i dati “sensibili” quando, oltre a identificare la persona, consente di assumere altre informazioni come le sue convinzioni religiose, le opinioni politiche, l’orientamento sessuale, le sue condizioni di salute.

Il principio che sottende questa serie di norme è quello che riconosce a ogni individuo il diritto di restare sconosciuti al pubblico. Dunque queste regole non valgono per personaggi famosi o già noti al pubblico.

Nel caso in cui ci trovassimo a fotografare scenari naturali o urbanistici e occasionalmente compaiano terze persone, potremo invece pubblicare sul nostro account quelle foto anche senza il consenso dei terzi immortalati. Questo vale anche per le manifestazioni pubbliche dove è generalmente consentito scattare e pubblicare foto: l’importante è che non arrechino danno a nessuno. Dobbiamo poi ricordare anche anche in questi casi l’oggetto principale non deve essere l’individuo ma la manifestazione. Ecco perché se vengono fotografate persone in primo piano è necessario chiedere il loro consenso alla pubblicazione.

Se dovesse poi succedere che dopo aver prestato il consenso allo scatto e alla pubblicazione il diretto interessato cambi idea revocando l’autorizzazione, dovremo provvedere tempestivamente a eliminare la foto o a oscurare il volto della persona rendendola irriconoscibile.

Per i minori la regola generale è che il consenso deve essere rilasciato da entrambi i genitori o da chi esercita la responsabilità genitoriale (ma ci sono dei casi, e lo abbiamo visto, in cui può essere utile chiedere anche al minore l’autorizzazione alla pubblicazione della sua foto). Ed è il caso trattato dalla Cassazione con la sentenza che ha sancito l’illiceità della diffusione senza consenso delle immagini di una madre con la bambina appena nata. Il motivo? La pubblicazione di una madre con la bimba, peraltro in condizioni complesse dal punto di vista medico, come pure le interviste rilasciate da medici e infermieri sulle condizioni cliniche, non sono in linea con la normativa. Il ricorrente aveva l’onere di provare l’essenzialità dell’informazione e l’interesse pubblico alla pubblicazione, invece si è limitato a un generico richiamo alla libertà di espressione e al diritto di cronaca che, in quel caso, evidentemente non bastavano.

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