Per i tir in arrivo l’emergenza sugli autisti: sono pochi e presto non basteranno più
I numeri elaborati dalla Cgia di Mestre: sono sempre di meno le persone, soprattutto giovani, disposte a mettersi al volante dei grandi mezzi per lo spostamento delle merciPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
I negozi fatti di mattoni sono in crisi, quelli on line vanno invece alla grande, ma rischiano un brusco stop di cui per ora s’intravedono le prime avvisaglie. In Italia l’80% delle merci, comprese quelle destinate alle rivendite, viaggiano su gomma, cioè su voluminosi mezzi di trasporto che – almeno per ora – non si spostano da soli. E sono sempre di meno quelli che si siedono al volante.
Non sono numeri trascurabili, considerato che all’appello – soltanto nel nostro Paese – gli autisti dei Tir che mancano sono ventiduemila. Roba che può mettere in ginocchio l’intero settore della logistica, e il rimedio non si trova. Il camionista fa una vita molto sacrificata, per giorni lontano dalla famiglia, con crescenti quanto sacrosante limitazioni alle ore di guida stabilite dalle leggi, ed evidentemente non sono pagati abbastanza.
Non è un problema soltanto italiano: la disaffezione alla guida dei tir ha contagiato l’intera Unione europea e peggiora giorno dopo giorno. Gli autisti si ritirano o cambiano mestiere e i nuovi che arrivano sono assai di meno. C’è proprio un regolamento europeo, che limita l’utilizzo – prima, c’erano numeri da vero e proprio sfruttamento – dei conducenti dei mezzi più pesanti sui quali si spostano le merci. Ora possono guidare al massimo per nove ore al giorno, per due volte alla settimana è consentita un’ora in più, e in sette giorni non può superare le 56 ore di guida, con un ulteriore tetto di 90 ore nell’arco di due settimane. Questo, perché quando non c’erano norme i camionisti stanchissimi si addormentavano al volante, oppure non avevano più i riflessi pronti, quindi causavano incidenti con gravissimi bilanci in termini di vite umane. Infatti, dopo quattro ore e mezza alla guida, la pausa di 45 minuti è obbligatoria. Proprio come la seconda, per trenta minuti.
Crescono le tutele, dunque diminuiscono le ore di guida e, nel contempo, scende anche il numero di persone disposte a guadagnarsi da vivere guidando un tir. Un traguardo, peraltro, complicato da raggiungere: può guidare un tir chi ha la patente professionale che costa migliaia di euro, e questo scoraggia soprattutto i giovani. Infatti, molte aziende dell’autotrasporto offrono i corsi pur di trovare qualcuno da assumere.
Neanche così, però, si trovano camionisti: lo certifica uno studio della Cgia di Mestre, cioè l’Associazione artigiani e piccole e medie imprese. E si vede: nelle settimane estive, il numero di mezzi pesanti in autostrade e strade extraurbane era inferiore rispetto al passato, ma questo era dovuto anche al fatto che molte aziende che producono oggetti erano chiuse per ferie e quindi non avevano consegne da fare. Una scelta obbligata, quella delle ferie d’agosto, perché i tir hanno pesanti limitazioni: i mezzi oltre le 7,5 tonnellate non possono circolare il venerdì dalle 16 alle 22, il sabato dalle 8 alle 22 e la domenica dalle 7 alle 22.
Intanto, cala anche il numero delle aziende che si occupano di autotrasporto: è l’effetto delle acquisizioni di quelle piccole da parte delle più grandi, ma questo “shopping” ha il suo rovescio della medaglia nell’impossibilità di sistemare un autista in ogni cabina di guida: perché non ci sono. La vera crisi di personale, che sarà grave, è insomma all’orizzonte.
A dire il vero, fa notare la Cgia, la “latitanza” dei patentati più professionali si sta facendo sentire anche nel trasporto pubblico locale, il che costringe le aziende a diminuire l’offerta di bus, corriere, tram e metropolitane proprio per la mancanza di personale che ha il compito di muovere tutti quei mezzi. E poi, ogni anno sono tanti i camionisti che vanno in pensione senza che vi sia, come accennato, un turnover quantomeno decente. Le stime della Cgia indicano che, fra una decina d’anni, le aziende di trasporto su gomma non saranno più in grado di soddisfare la committenza.
Quando le cose vanno così, si guarda al mercato degli autisti stranieri, ma la denatalità si fa sentire anche lì e non basteranno, neanche secondo le stime più ottimistiche. D’altra parte, negli ultimi cinque anni sono andati in pensione 410mila patentati in possesso della Carta di qualificazione del conducente (l’abilitazione per la guida dei mezzi pesanti): nel 2019 erano 1,2 milioni, ora arrancano verso un totale di 770mila. Certo, conforta che siano in aumento i giovanissimi (under 25), precisamente del 65,9% (in valore assoluto sono appena 2.855 in più, quindi poca roba), ma questo non consente di fronteggiare la “crisi delle vocazioni” nella fascia d’età fra i 30 e i 54 anni, che crolla mediamente del 45-50%. Scappano, insomma, se trovano un altro lavoro. Così, l’Italia può contare soltanto su 412mila autisti senior, cioè sopra i 50 anni, che sono il 53,7% del totale. Fra dieci anni, la maggior parte di loro andrà in pensione e le merci diventeranno difficili da spostare.
Non a caso, l’Italia in dieci anni ha perso 21.248 ditte di autotrasporto: erano quasi 102mila, ora sono scese a 80.867 con un calo del 20,8%. Situazione critica in Valle d’Aosta, che ha perso un terzo delle aziende del settore, ma anche in Friuli Venezia Giulia (percentuale di poco inferiore, al 32,3) e nel Lazio (-30,7%). In Sardegna nel 2013 lavoravano 2.778 autisti di mezzi pesanti: in dieci anni ne abbiamo persi 725 e siamo a quota 2.053, cioè il 26,1% in meno: meglio che altrove, comunque sopra la media nazionale del 20,84%.
Nell’Isola, le aziende di autotrasporto sono 1.929 in provincia di Sassari, 523 nell’area metropolitana di Cagliari, 439 nel Sud Sardegna, 314 sia a Oristano sia a Nuoro. Se continua così, le merci da spedire dovremo trasportale nella nostra auto.