Come si comunicano le informazioni durante la pandemia? Negli ultimi due anni il Comitato nazionale di bioetica (Cnb) si è occupato spesso di questo tema, ma la confusione che spesso ha accompagnato le notizie legate alla gestione del Covid-19 ha mostrato che la comunicazione è un settore sul quale c’è ancora tanto da lavorare. Ecco perché nel mese di marzo 2022 ha ritenuto di tornare sul tema con il parere intitolato “La comunicazione istituzionale nell’ambito della pandemia: aspetti bioetici”.

Il parere si concentra sulla comunicazione istituzionale, ma prende in esame, sia pure per cenni, la comunicazione scientifica ad opera degli esperti e la comunicazione massmediale, con cui la comunicazione istituzionale inevitabilmente si interfaccia

Il documento è stato coordinato e redatto da Marianna Gensabella, Tamar Pitch, Lucio Romano e Cinzia Caporale, con il contributo di Lorenzo d’Avack, Maurizio Benato, Stefano Canestrari, Giovanni Maga, Laura Palazzani, Luca Savarino, Monica Toraldo di Francia, Grazia Zuffa. Hanno lavorato con il contributo di numerose personalità del mondo accademico di diverse Università italiane

Quella di cui il Cnb si è voluto occupare viene definita una sorta di “comunicazione di emergenza”, perché con questa caratteristica si è presentata all’inizio la pandemia nella sua gravità di minaccia alla salute individuale e collettiva. “Come tale – si legge nel parere - la comunicazione della pandemia ha l’obiettivo di contribuire alla gestione ottimale del rischio da parte dei destinatari, modulando i messaggi per cercare di adeguare il rischio percepito al rischio effettivo, riducendo allarmismi e sottovalutazioni”. Quando si corre un rischio è fondamentale sapere ciò che accade, ciò che si può e che si dovrebbe fare: “Perché ciò avvenga – si legge - è fondamentale l’interazione tra chi informa e chi riceve l’informazione, ossia propriamente la comunicazione”

Si parte dall’etica della comunicazione per la salute pubblica in emergenza sanitaria: “La tenuta etica della comunicazione in contesti di emergenza sanitaria si misura non solo sulla correttezza dell’informazione, ossia sul suo attenersi ai principi dell’etica della comunicazione (veridicità, responsabilità, trasparenza, giustizia, assenza di conflitto di interessi), ma anche sulla sua efficacia nel raggiungere i destinatari promuovendo scelte consapevoli”. Durante l’evolversi della pandemia non è stato facile seguire questa linea ed è stato complicato pianificare campagne di informazione omogenee. Questo ha portato a una moltiplicazione di voci e di forme, impedendo a tanti cittadini di acquisire una consapevolezza sulle scelte verso la propria salute individuale e verso quella della comunità.

Un ruolo fondamentale in queste fasi è riservato agli esperti in materia ma, dicono gli esperti del Cnb, è un compito arduo “anche perché “una promessa mancata” – dopo il vaglio di una rigorosa valutazione scientifica – agli occhi dell’opinione pubblica rischia di diventare, paradossalmente, motivo di sfiducia e discredito tout court verso la scienza in sé e gli stessi ricercatori”. Lo dimostra il livello di attenzione ai messaggi di scienziati e virologi onnipresenti su tutti i media negli ultimi due anni

“Particolarmente difficile da questo punto di vista è stata la prima fase della pandemia, quando la comunità medico-scientifica si è dovuta confrontare per un verso con l’incessante richiesta di certezze da parte dei cittadini e per l’altro con l’impossibilità di darne. Un rischio di effetti distorsivi, poi, è stato riscontrato nella partecipazione di esperti in un contesto mediatico non adeguato, o suggestionato da spettacolarizzazione”.

Un grosso problema è sorto nella gestione della comunicazione istituzionale, quella che dovrebbe essere un faro in situazioni come quella vissuta a causa della pandemia, ma questo purtroppo non è stato. Gli esperti del Cnb sottolineano che il processo di digitalizzazione, già in corso, ha subito durante la pandemia una forte accelerazione, sia per il forzato distanziamento, sia per l’esigenza di essere costantemente e immediatamente informati. Il fatto è che questo ha generato un processo di “disintermediazione”: “La mediazione fornita dalle competenze e dalla responsabilità del giornalista professionista è stata spesso sostituita dall’accesso diretto alle notizie sulla rete e in particolare sui social media. La libertà di esprimere la propria opinione ha così talora assunto il volto di una libertà di informazione disancorata dalla responsabilità, dai principi etici e dalle norme deontologiche che devono garantire l’affidabilità del professionista dell’informazione”. Il caos, tuttora inarrestabile che questo stato di cose ha generato, è sotto gli occhi di tutti. Il Cnb ricorda che “nel documento dell’Oms Public Health Research Agenda for Managing Infodemics del 2021, si evidenzia proprio come la concomitanza tra disinformazione e sfiducia possa indurre a comportamenti dannosi per la salute individuale e pubblica, come il rifiuto di vaccini efficaci e la ricerca di terapie non sperimentate e dannose, generando al tempo stesso stigma e violenza”.

Tampone anti Covid (foto archivio L'Unione Sarda)
Tampone anti Covid (foto archivio L'Unione Sarda)
Tampone anti Covid (foto archivio L'Unione Sarda)

Gli esperti affrontano a questo punto il tema della fiducia, quella “risorsa indispensabile nel rapporto tra cittadini e istituzioni, specialmente nei momenti di crisi, come le pandemie. È una risorsa che si alimenta e cresce se è, in qualsiasi relazione, biunivoca. Ciò significa che, nel caso della relazione tra istituzioni e cittadini, essa si nutre in primo luogo della fiducia accordata ai cittadini dalle istituzioni stesse”. La trasparenza dovrebbe essere il primo requisito: “La pandemia è faccenda complessa, non riguardando solo il virus, le sue varianti, il rischio che comporta, ma anche i comportamenti dei cittadini, le ricadute sul sistema economico e sociale, nonché il rapporto tra l’origine del virus e la spoliazione delle risorse del pianeta. Ciò implica che la comunicazione istituzionale, se vuole essere trasparente, non può e non deve semplificare, ma, viceversa, illustrare la complessità in quanto tale...Anche le scelte assunte dalle istituzioni devono essere spiegate e motivate”. Tante volte, in questi due anni, non è andata così.

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