Chi è davvero Olaf Scholz, il vincitore delle elezioni in Germania, l’unico candidato possibile alla cancelleria tedesca? Chi è il politico che ha fatto rinascere la morente Spd, guidandola verso un successo tanto sorprendente quanto inatteso? È un avvocato del lavoro, che quando sorride sembra un bambino in un viso adulto, un uomo capace di ispirare simpatia ma senza una briciola di carisma, un concorrente mite e risoluto nel riconquistare un elettorato disamorato e critico, ma dato per perdente.

Non è un mistero che i più considerassero la corsa alla cancelleria una partita persa e che a Olaf Scholz, il ministro delle finanze uscente della Grosse Koalition (ruolo cruciale in questo tempo di pandemia e nell’avvio della Next Generation Ue), sarebbe toccata la stessa sorte riservata ai candidati Peer Steinbrueck e a Martin Schulz. Nelle ultime due tornate elettorali la candidatura alla cancelleria tedesca era diventata una sorta di patibolo sul quale la Spd, da tempo in profonda crisi di identità, sacrificava di volta in volta i suoi leader. Le premesse per ipotizzare una disfatta c’erano tutte: il tranquillo e un po’ grigio Scholz non piaceva alla base del partito che già lo aveva umiliato quando due anni fa, al termine del Congresso nel 2019, si era candidato, da favorito, alla segreteria del partito. Ma la maggioranza, critica verso la Grosse Koalition, aveva preferito al fedele militante, iscritto al partito dall’età di 17 anni, il duo formato dagli sconosciuti Norbert Water-Borjans e Saskia Esken. Che ora si intestano, ovviamente, la vittoria della Spd. Per Scholz e per i moderati della Spd la sconfitta era stato un boccone davvero amaro.

Ma anche in quell’occasione Scholz non aveva fatto scandali, sicuro che la sua arte del lavorare sodo ma sotto traccia, senza strepiti, mediando, avrebbe portato presto o tardi a un buon risultato. Questa volta ha fatto di più. È riuscito ad apparire a una buona fetta dell’elettorato tedesco come l’unico credibile erede di Angela Merkel, annientando in ogni confronto il candidato della Cdu, Armin Laschet. E c’è una frase che riassume bene il personaggio. A chi rimproverava a Scholz il tono monotono, senza entusiasmi, così poco empatico, si è sentito rispondere: «Mi candido a cancelliere, non a direttore del circo». Serio, quasi zen, era conosciuto con il soprannome di “Scholzomat”, per la sonnolenta e quasi robotica cantilena con cui venti anni fa aveva difeso le riforme impopolari di Gerhard Schröder (quelle che hanno consentito alla Germania di affrontare, venti anni più tardi, la crisi su basi sicure).

Affidabilità, competenza, pragmatismo, piedi per terra, sguardo capace di guardare oltre il contingente, sono stati gli ingredienti di una ricetta personale e di un profilo in parte realmente sovrapponibile a quello dell’amatissima Mutti: Scholz è sobrio nei modi, competente sui temi di cui parla e con una lunga esperienza politica alle spalle, intrapresa proprio come Merkel, molto giovane.

Scholz nasce a Osnabrück nel 1958, ma cresce ad Amburgo. Già a 17 anni entra a far parte della organizzazione giovanile della Spd, gli Jusos. Rispetto a oggi è un radicale: negli articoli scritti all’epoca, critica l’atteggiamento imperialista della Nato e indica nella Germania «il baluardo del capitalismo in Europa». Nel 1984 si laurea in legge all’Università di Amburgo, iniziando a esercitare la professione di avvocato, che accompagnerà per alcuni anni all’attività politica, e intanto transita all’ala più centrista del partito, cosa che gli permette di entrare nel primo governo Merkel, divenendo dal 2007 al 2009 ministro per il Lavoro e gli Affari Sociali. Sarà poi sindaco di Amburgo, ruolo che ricopre giocando le sue carte sui temi sociali che hanno caratterizzato la sua vincente campagna elettorale. Nel partito, cui si dedica con assoluta dedizione, trova anche l’anima gemella Britta Ernst.

Come molti politici di lungo corso, che hanno ricoperto svariati incarichi, Scholz è stato anche coinvolto in alcune controversie. Come quando era sindaco di Amburgo, e sembra che la Werbung Bank avrebbe dovuto restituire 90 milioni di euro alle casse comunali nell’ambito dello scandalo Cum-Ex, ma la città abbia deciso di rinunciarvi. Episodio rimasto un po’ vago, comunque un’ombra che lo ha sfiorato in campagna ma non pregiudicato il successo. Che ora gli dà due chances: confrontarsi con i Verdi e i Liberali per formare una coalizione di governo (e proprio nei giorni scorsi hanno annunciato di avere raggiunto un intesa su un terreno comune), e passare all’incasso per la segreteria di un partito che non lo voleva. 

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