Gli uffici tornano a riempirsi e le aziende riaprono e accolgono i dipendenti mettendo da parte il lockdown ma non lo smart working. Il Covid ha cambiato il mondo e, sul fronte del lavoro, nulla sarà come prima. Certamente, il ritorno alla crescita del Pil rincuora. Nonostante il Green pass, tuttavia, alcune abitudini del periodo di boom pandemico non saranno dismesse. Basta fare un rapido giro di orizzonte tra le aziende per vedere che il lavoro agile ha sfondato. Molti istituti di credito, ad esempio, hanno deciso di continuare su questa strada. Per due giorni alla settimana si lavora in ufficio e per il resto a casa. Sarà così dal 1° novembre in Unicredit, secondo gruppo bancario del Paese. “Come già anticipato - scrive Unicredit - cogliamo l’occasione per ricordare a tutti i colleghi che lavorano nelle strutture centrali che dall’1 novembre sarà richiesto di tornare in ufficio per almeno due giorni a settimana. Su questo tema e sulle modalità di rientro faremo seguito con ulteriori informazioni”.

Flessibilità

Sarà così anche in molte aziende, dove la parola d’ordine diventa flessibilità per garantire maggiore soddisfazione al lavoratore e assicurarsi più produttività. Accordi sindacali e intese con il singolo lavoratore permetteranno poi di fissare i paletti. “I dati parlano chiaro, metà dei lavoratori italiani vuole lavorare in modo ibrido, un quarto addirittura in full remote: qui sta la sfida per le aziende, la capacità di costruire davvero un modo di lavorare smart, superando i concetti di orario, timbratura, controllo e costruendo il lavoro per obiettivi”, spiega Alessandro Rimassa, fondatore di Radical Hr e tra i massimi esperti italiani di future of work. Concetti che richiamano quelli messi nero su bianco sulle sue pubblicazioni dal sociologo Domenico de Masi che da anni parla della necessità del telelavoro e della possibilità di avviare azioni per pratiche di lavoro agile.

Le ricerche

Proprio una recente ricerca sviluppata da LinkedIn e pubblicata dall’Ansa, sul futuro del lavoro in Italia, mette in evidenza come sta cambiando la percezione anche nel nostro Paese. Dal report emerge che il 47% dei professionisti italiani che hanno partecipato al sondaggio preferiscono un modello ibrido tra il lavoro in ufficio e il lavoro da casa, il 30% preferirebbe invece lavorare a tempo pieno in ufficio, e quasi il 23% a tempo pieno da casa. Il dato è particolarmente importante per le donne: il 52,9% ha mostrato una maggiore preferenza per lo smart working.

La preferenza per il modello ibrido emerge anche dal rapporto “The Future of Work: Productive Anywhere” di Accenture pubblicato di recente dal Sole 24 Ore. Condotto a marzo su un campione di oltre 9.300 addetti su scala internazionale e su diversi settori, lo studio evidenzia anche che il 40% degli intervistati ritiene di poter essere produttivo e soddisfatto sia svolgendo la propria professione completamente da remoto, sia fisicamente nella propria azienda oppure seguendo un modello ibrido.

L’obiettivo primario di chi vuole lavorare anche da remoto è quello di conciliare meglio la vita personale e il lavoro. Inoltre, si vogliono ridurre i problemi legati al pendolarismo. In questo scenario, dunque, il ritorno in ufficio non è visto in maniera negativa, ma quello che si chiede e che anche molte aziende ritengono positivo è mettere in campo una formula ibrida, in cui il lavoro da remoto si concili con le dinamiche aziendali.

Modello irreversibile

Non tutte le aziende e non tutte le attività potranno applicare modelli ibridi, ma quelle più grandi e dotate di una buona digitalizzazione potranno certamente fare dei passi avanti. Secondo l’Osservatorio Smart working del Politecnico di Milano, infatti, questa formula è “ormai irreversibile” e nelle grandi imprese si andrà verso un consolidamento e un’estensione del lavoro agile. Il futuro anche prossimo, dunque, sarà caratterizzato da una migliore flessibilità. Non solo. Le soluzioni tecnologiche, in questo quadro, sono fondamentali, tanto più che si prevede uno scenario in cui il “cloud”, ossia la nuvola informatica in cui conservare dati, agevolerà notevolmente le nuove forme si attività agile o ibrida. Basti pensare a tutto ciò che prima si faceva recandosi materialmente da un cliente e alle moderne forme di riunione sulle piattaforme Zoom, Teams e altro, per far capire quanto possono risparmiare le imprese in termini di tempo e fatica.

“Investire in formazione è l’unica soluzione possibile, perché a rischio questa volta c’è la salute delle aziende: le imprese che non implementeranno un lavoro ibrido e un vero smart working perderanno i lavoratori – a partire dai più talentuosi – mettendo a rischio crescita e tenuta dell’azienda stessa. La ricerca di LinkedIn d’altronde parla chiaro: già un quarto dei lavoratori, tra quelli richiamati in ufficio, ha chiesto flessibilità di giorni e di orari: permettere alle persone di superare il contrasto tra lavoro e vita privata e aiutare i lavoratori a sviluppare un vero "Life Balance” e “Wellbeing” entrerà, alla pari della retribuzione, tra le cose che permetteranno alle aziende di attrarre e trattenere persone di talento”, conclude Alessandro Rimassa, fondatore di Radical Har e curatore della ricerca realizzata per LinkedIn.

© Riproduzione riservata