La foto della premier Giorgia Meloni è l'ultima della galleria che scorre sulle pareti della Sala delle Donne inaugurata a Montecitorio nel 2016 dall’allora presidente della Camera Laura Boldrini. Il ritratto della prima presidente del Consiglio donna si è aggiunto a quelli delle 21 deputate elette all’Assemblea costituente, delle prime undici sindache elette tra la primavera e l’autunno del 1946, della prima donna ministro (Tina Anselmi), della prima presidente della Camera (Nilde Iotti), della prima presidente di Regione Anna Nenna D’Antonio (nel 1981, Abruzzo), della prima presidente del Senato (Maria Elisabetta Alberti Casellati) e della prima presidente della Corte costituzionale (Marta Cartabia).

L’abito tradizionale

Tra i ritratti in bianco e nero spicca quello di una ragazza che indossa l'abito tradizionale di Borutta, un paese della Sardegna. Era Ninetta Bartoli, madre delle donne sindaco d'Italia assieme ad altre dieci signore in tutto il Paese, tra le quali la conterranea Margherita Sanna, 42 anni, che fu eletta a Orune e governò per tre consiliature. La galleria di ritratti nella Sala delle Donne a Montecitorio testimonia la buona partenza delle ragazze all’avvento della Repubblica. Quanto ci si è perse per strada, dopo, è un’altra storia, ma allora - ottenuto il diritto di voto nel ‘45 e l'eleggibilità nel marzo del '46 - mentre l'affluenza femminile alle prime consultazioni amministrative del Dopoguerra toccò il 90 per cento, furono 2 mila le candidate arrivate nei consigli comunali.

Risorte dalla guerra

Femministe sul campo, le ragazze risorte dalla guerra. E grazie al cielo estranee agli orpelli circa le differenze di genere. Era così Margherita Sanna, cattolica e coriacea, un diploma da ragioniera nel cassetto e uno di maestra speso nella scuola del suo paese, appassionata di lingua inglese (il che nel '43 le costò l'incarcerazione con l'accusa di essere una spia) e convinta sostenitrice dell'impegno delle donne fuori dalla soglia di casa. Ed era così Ninetta Bartoli, democristiana e iscritta all’Azione Cattolica, eletta primo cittadino di Borutta con un plebiscito - 332 voti su 372 - che rinforzò non poco l'ingresso delle donne nella vita democratica. 

Amica dei Segni

Donna Ninetta, classe 1896, era una nobildonna che vantava amicizia con Laura Segni, moglie di Antonio e presidente regionale delle dame di carità. Stemperava la devozione a Nostro Signore nel piglio di un carattere d’acciaio. Nei dodici anni delle due consiliature cambiò la faccia del paese. Portò l'acqua pulita e l'elettricità in ogni casa, fece sistemare la rete fognaria, costruì le scuole elementari e l'asilo, fondò la cooperativa dei pastori. Anche il movimento del turismo religioso che oggi fa tappa a Borutta (50 mila visitatori all'anno) è dovuto a lei. Fece infatti restaurare l'abbazia di San Pietro di Sorres coi soldi del suo patrimonio e nel 1955 riuscì a riportare al convento i monaci benedettini. In paese la chiamavano Mamai Nine', ma quando piombava in Regione era temutissima. Alle elezioni del 1958, donna Ninetta venne battuta dall'avversario di partito Nino Solinas. Aveva governato il paese per dodici lunghi anni. Si racconta che l'ancora luminosa stella venne spenta di botto dall'avanzata della nuova Dc, il battaglione dei Giovani Turchi capeggiato da Francesco Cossiga, Nino Giagu De Martini, Pietrino Soddu e Paolo Dettori. Lei, ormai 62enne, non si scompose: si tolse la fascia tricolore e fino alla morte, nel 1978, si dedicò a tempo pieno alle opere di carità e di assistenza tra Borutta e Sassari.

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