Musk intervista Trump: «Su X due ore di bugie e manipolazione»
Nella diretta negazionismo e dichiarazioni senza contraddittorioIl tema ci riguarda tutti. Nessuno escluso. Perché i social network asserviti alla post-verità sono una minaccia per la convivenza civile. Il caso scuola ruota intorno all’intervista che Elon Musk ha fatto a Donald Trump su X. Ovvero l’ex Twitter che il miliardario del Sudafrica naturalizzato americano ha acquistato nel 2022.
Che un imprenditore simpatizzi per un candidato non è certo il nocciolo della questione. Liberamente Musk ha scelto di sostenere la corsa bis di Trump alla Casa Bianca, in quota repubblicana, addirittura con una cifra monstre da 45 milioni di dollari. Il problema è il contenuto della conversazione, quello che si sono detti, le bugie veicolate, le falsità spacciate per oro colato. Un mix di odio, razzismo e megalomania reso possibile perché Musk è il padrone di X e ha potuto fare ciò che ha voluto. La proprietà del social network gli assegna in automatico il potere di non dover rispettare alcuna regola, né morale né etica.
Quanti utenti abbiano seguìto la conversazione tra Musk e Trump non è dato saperlo con certezza. Il collegamento è iniziato nella notte tra lunedì 12 e martedì 13 agosto con quarantacinque minuti di ritardo perché Mister X, amministratore delegato di Tesla e SpaceX, ha millantato un attacco hacker. Per la precisione di tipo Ddso, che sovraccarica un sito (o un server) con traffico fittizio. E subito la conversazione è stata aperta con una bugia: Trump ha parlato di «milioni» di persone collegate, ma pare che si aggirassero sul milione, si ipotizza due, ma non certo sessanta come poi avrebbero detto intervistatore e intervistato.
Il problema, alla fine, non è nemmeno quanti utenti si siano incuriositi per la chiacchierata tra Musk e Trump. Per le domande del primo al secondo. Per le risposte del secondo senza filtri, senza contraddittorio. Fosse anche un solo l’ascoltatore (ma il numero degli utenti, nel tempo, è destinato a crescere, visto che il link sarà sempre reperibile), cambia poco. La questione centrale è la minaccia che la post-verità rappresenta. Soprattutto per chi non ha gli strumenti per distinguerla dalla verità.
Val la pena elencare le bugie che Trump ha deliberatamente detto, cogliendo tutti gli assist che gli ha servito Musk. I due, tanto per cominciare, hanno sviluppato una fobia patologia per i migranti, sino a paventare un inesistente scenario apocalittico. Non è un bel regalo alla civiltà, alla convivenza pacifica, all’integrazione. Trump ha detto che dal confine con il Messico sono entrati in America 20 milioni di persone. Tutti senza documenti e in quella massa si può nascondere di tutto, ha detto Trump, anche pericolosissimi galeotti, anche delinquenti usciti dai manicomi criminali. Il candidato repubblicano, con il sostegno di Musk, ha poi detto che gli ingressi irregolari non riguardano solo latinoamericani ma cittadini di tutto il mondo. Ai quali viene imputato l’obiettivo di voler fare la sostituzione etnica. «Arrivano dall’Africa, dall’Asia e dal Medio Oriente e sono improduttivi per la nostra economica. Se per altri quattro anni permettiamo loro di entrare, non avremmo più il nostro Paese».
La parentesi del negazionismo è stata ugualmente impressionante: Musk e Trump hanno detto che nel mondo non esiste alcun cambiamento climatico né il rischio di contaminazione nucleare. Trump ha poi fatto i complimenti a Musk per aver licenziato i dipendenti di Twitter che fecero sciopero all’indomani dell’acquisto del social network. In spregio a uno dei diritti fondamentali dei lavoratori.
Gli attacchi a Kamala Harris, la sfidante democratica alle urne di novembre, non sono mancati. Anche perché la possibile prima inquilina della Casa Bianca ha galvanizzato il popolo dem dopo il panico per le condizioni di salute di Biden. Kamala per Trump è diventata un osso duro. La vittoria facile che per l’ex presidente repubblicano si profilava dopo l’attentato a Butler, in Pennsylvania, si sta trasformando in una corsa a ostacoli. Trump ha detto che Harris è «una candidata di terza fila, più inetta di Biden, tonta», usando il suo solito armamentario lessicale fatto di sessismo e misoginia.
In America l’insulto è libero senza che ci sia indignazione popolare. Una modalità comunque inaccettabile. Ma la democrazia è un valore universale che ciascun cittadino è chiamato a difendere. In questo la Commissione europea non sta sbagliando né il tiro né la mira: la censura delle fake news va perseguita, come ha scritto il commissario per il Mercato interno e i Servizi, Thierry Breton.