Duemila residenti-custodi di una storia lontana e preziosa. D’altra parte, chi è di Laconi sa bene di avere nel cuore del paese un assoluto tesoro storico-archeologico: lo possiede, certo, e lo condivide volentieri non solo con i sardi, ma con un’intera rete italiana di musei della preistoria di cui è capofila. Questo, nella minuscola Laconi, almeno nelle dimensioni, ma la cui statura culturale è riconosciuta anche all’estero grazie ai suoi menhir, e all’amore con cui si valorizzano. Infatti i gemellaggi con altre località, ultima in ordine di tempo St. Martin de Corleans ad Aosta che ha un ricco sito megalitico, sono sempre di più. E dal 2010, quando proprio il Menhir museum della statuaria preistorica ha lasciato gli angusti sotterranei del Municipio di Laconi (dov’era stato inaugurato nel 1996) per trasferirsi nella meravigliosa Villa Aymerich, alla magia della preistoria si è aggiunta quella della sontuosa (e storica) sede che la ospita.

Ci dice e ci ricorda, il museo laconese, da quanto lontano veniamo: «I sardi cinquemila anni fa erano parte di una comunità molto estesa, che giungeva fino alla Siria», s’illumina d’immenso Giorgio Murru, che del Menhir museum rigorosamente comunale è l’entusiasta direttore, e aggiunge: «Nella nostra isola c’era già un’importante tradizione culturale e religiosa legata alle domus de janas, poi mutuata nel megalitismo». Sente, Murru, di essere in un luogo speciale, cosa che un po’ accomuna i sardi contemporanei particolarmente nelle zone interne, però bisogna riconoscere che una visita al museo di Laconi lo rende non smentibile. E non ci si ferma, anzi: «La nostra attenzione è ora sulle statue ritrovate nell’area archeologica di Nurallao», spiega Murru, «infatti interpretiamo la nostra funzione come centro culturale e storico del territorio, non soltanto di Laconi».

Certo, mentre si celebravano i 25 anni dall’inaugurazione del Menhir museum (il 27 novembre dello scorso anno), c’era anche un non invitato, cioè il rimpianto per gli ostacoli che la pandemia da Covid-19 ha scaraventato tra le gambe dei poli culturali che correvano a dovere. Però, chiusure da lockdown a parte, a Laconi si è soltanto rallentato, e mai ci si è fermati, come indicano i seimila biglietti staccati nel 2021, a fronte dei diecimila del 2019, quando la parola Covid era sconosciuta al mondo.

Anche quando le porte del Museo a Palazzo Aymerich erano sbarrate dai Dpcm dell’ex premier Giuseppe Conte, nel tempo in cui la pandemia impazzava e ancora non c’erano i vaccini, a Laconi non si sono però voluti fermare: «Il che», spiega il suo direttore, che ha scritto un libro su spiriti e dèi nella Sardegna preistorica e un articolo che occupa l’intera copertina dell’autorevole rivista specializzata “Archeologia viva” nel numero di settembre-ottobre 2020, «peraltro ci ha consentito di non ricorrere alla cassa integrazione per il personale (sei persone) della società Perda Addocca, che gestisce il museo per conto del Comune di Laconi». In quei mesi di lockdown e quindi senza visitatori, il museo è stato ulteriormente curato dal suo entusiasta personale, assai fiero di quel “gioiello”: si è ristudiata l’illuminazione dei menhir per rendere più magica l’esposizione, sulla quale si è poi ragionato per decidere le modifiche che hanno ulteriormente migliorato il modo con il quale Laconi presenta i propri tesori. E i riscontri da parte dei visitatori arrivano, compresi i soldi per l’indotto nel pur piccolo sistema della ristorazione e della ricettività. Perché la cultura, e a Laconi lo sa, non fa affatto a pugni con lo sviluppo economico che porta con sé. Anzi.

E che la popolazione di Laconi sia cosciente di quanto siano importanti le tradizioni, lo testimonia anche l’assoluta passione per il falò del 16 gennaio in onore della festa in onore di Sant’Antonio Abate: «Gli idoli di legno si celebrano ancora in modo assai sentito, qui da noi», conferma Murru, «c’è sempre stata la tradizione di dei gruppi incaricati di cercare un tronco da bruciare, enorme». Perché è vero che i sardi vengono da lontano, come testimonia lo stesso Museo della statuaria preistorica in Sardegna, ma lo è anche il fatto che a Laconi, come in altre località dell’Isola, a questo lungo percorso ci si tiene moltissimo.

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