Spesso lo citiamo senza neanche rendercene conto. Come capita solo con quelli che hanno lasciato un segno. “Quanti siete?”, “Un fiorino”. O ancora: “Che nome darai a tuo figlio? Mi raccomando, non Massimiliano: troppo lungo, il tempo di chiamarlo ed è già scappato”. Magari ci sentiamo pure spiritosi, ma il copyright di questi e altri modi di dire, entrati nel frasario di molti di quelli che erano già in giro negli anni Ottanta e Novanta, va riconosciuto a un uomo dolce e simpatico, divo senza volerlo essere, volato via troppo presto: Massimo Troisi.

Il 4 giugno 2024 è il trentesimo anniversario di quel sabato pomeriggio quasi estivo, in cui d’un tratto arrivò una notizia insensata: Troisi era morto. L’attore e regista napoletano (di San Giorgio a Cremano, per la precisione) aveva girato appena il giorno prima l’ultimo ciak del suo nuovo film, “Il postino”, una storia commovente in cui Massimo era ritornato a farsi dirigere da un collega, Michael Radford. Un infarto nel sonno privò il cinema italiano di una delle sue stelle più brillanti, che a 41 anni aveva ormai raggiunto una piena maturità. Come avrebbe poi confermato il successo internazionale del suo lavoro uscito postumo.

Oggi Troisi avrebbe 71 anni, ed è straziante immaginare quali altri gioielli di umorismo, tenerezza e poesia avrebbe potuto regalare. Molti hanno ricostruito la sua vita e la sua opera artistica, in vista della ricorrenza trentennale della scomparsa; ma forse un bel modo per raccontarlo a chi non lo conobbe è ripercorrere alcune delle migliori trovate disseminate nella sua filmografia. Non semplici spiritosaggini, ma sorridenti descrizioni della natura umana. Tante volte, facendoci ridere, ci ha fatto capire qualcosa in più di noi stessi.

1. “Mas-si-mi-lia-no”

Come nella gag sul nome del nascituro, citata all’inizio. Scena finale di “Ricomincio da tre”, ha un significato fortissimo in una pellicola in cui Troisi cerca di smontare col sarcasmo molti luoghi comuni su Napoli e i napoletani. Salvo poi ricadere nella trappola delle tradizioni proprio alla conclusione della vicenda, quando Marta (interpretata da Fiorenza Marchegiani) rivela al compagno Gaetano (Troisi) di essere incinta e di voler chiamare il figlio Massimiliano. “Io pensavo Ugo”, risponde lui. “Come tuo padre?”, “Sì ma non per quello. Così cresce cchiù educato”. Perché se ha un nome troppo lungo, mentre la madre lo chiama (“Mas-si-mi-lia-no”) quello è già finito chissà dove. E così “cresce scostumato”. Invece se si chiama Ugo, “non ha nemmeno ‘o tiempo”… Al limite, Gaetano-Massimo accetterebbe una mediazione che però ancora una volta lo riporta alle sue radici: “Potremmo chiamarlo Ciro. È un po’ più lungo, non cresce troppo represso…”

2. “Andate a convivere?”

Meno famoso, ma assai amato dai fan, è il ragionamento che, nel film “Pensavo fosse amore… invece era un calesse”, Massimo Troisi – nei panni di Tommaso – espone alla sua ex, Cecilia (Francesca Neri), che ha deciso di cercare casa per andare a vivere col nuovo fidanzato, l’insopportabile Enea (un grande Marco Messeri). “Perché, avete problemi?”, è la singolare domanda di Tommaso. “No, perché?”: “Perché uno dice ‘viviamo insieme’ quando le cose non vanno… Infatti poi quando peggiorano dice: ‘Perché non ci sposiamo?’, e quando proprio non ce la fate più: ‘facciamo un figlio?’. E quando alla fine vi odiate ma siete vecchi, dite: ‘E ci lasciamo adesso che siamo vecchi?’, ecco, è quello il percorso”. Un piccolo monologo sul rapporto di coppia, in un film costruito attorno allo scetticismo sul matrimonio.

3. “Perché siete così sinceri?”

Sempre da “Pensavo fosse amore”, l’invettiva di Tommaso contro gli amici che sono andati a rivelargli di aver visto Cecilia che, dopo averlo lasciato, frequenta un altro (l’insopportabile Enea, si scoprirà poi). Qui Troisi fa giustizia di tutti coloro che, dietro il paravento dell’amicizia, nascondono in realtà il pettegolezzo e forse l’inconfessata voglia di veder soffrire il prossimo, fosse pure un amico: “Perché siete tutti così sinceri con me? Cosa vi ho fatto di male, chi vi ha chiesto niente?”, dice il protagonista agli amici, “queste non sono cose che si dicono in faccia. Queste sono cose che vanno dette alle spalle dell’interessato. Sono sempre state dette alle spalle”.

4. “Per colpa del Cesena”

In “Scusate il ritardo”, Vincenzo (Troisi) ha una relazione tormentata con Anna (Giuliana De Sio). Una delle liti di coppia più drammatiche si verifica, come nelle vite di tanti italiani, per motivi banali, come il calcio: è domenica pomeriggio, i due sono a letto, lei vorrebbe parlare dei problemi della loro storia, ma dalla radiolina lui sente che il Cesena è passato in vantaggio sul Napoli. Anna non sopporta che il fidanzato sia emotivamente coinvolto molto più dalla partita degli azzurri che dalle questioni da lei sollevate: e decide di troncare il rapporto. Vincenzo-Massimo è colto, è il caso di dire, in contropiede, e non coglie la gravità del momento: “Mo’ pe’ colpa d’o Cesena adda finì tutta ’sta cosa”…

ANSA
ANSA
Lello Arena e Massimo Troisi in "Scusate il ritardo"

5. “Un giorno da leone o…”

Oltre al rapporto con Anna, “Scusate il ritardo” ruota attorno a quello di Vincenzo col carissimo amico Tonino (Lello Arena), che però soffre troppo per amore, tanto da manifestare propositi suicidi: “Non voglio compassione”, avverte Arena, “i’ m’accid’. Meglio un giorno da leone, no? O cento giorni da pecora? Meglio uno da leone, vero?”. Troisi dribbla l’alternativa secca, e liquida così tonnellate di retorica superomista: “Ma che ne sacc’io d’a pecora e d’o lione”, risponde, “fai cinquanta giorni da orsacchiotto. Stai ’n miezzo: non fai la figura di merda della pecora, ma neppure comm’o lione ca campa nu juorno”. E forse, anche se nella realtà era un ragazzo slanciato e piacente, Massimo Troisi si sentiva dentro di sé davvero un orsacchiotto, tenero e vulnerabile. Con un cuore buono, ma troppo malandato.

© Riproduzione riservata