Negli ultimi due anni e mezzo l’Istituto Superiore di Sanità - il principale centro di ricerca, controllo e consulenza in materia di sanità pubblica in Italia - è divenuto una presenza si può dire familiare nelle case degli italiani, e se oggi si occupa di tutto ciò che riguarda la salute dei cittadini, è interessante scoprire che la sua nascita è legata alla lotta contro la malaria e che, tra i fondatori, c’era il professor Pietro Canalis, sardo di Osilo, uno dei massimi igienisti d’Italia.

Il flagello dell’umanità

Era il 1934 e al tempo la malaria, flagello presente da secoli, era in molte aree del Regno d’Italia la più grande emergenza di sanità pubblica, con milioni di persone colpite, migliaia di vittime ogni anno e l’impossibilità di coltivare fertili pianure, causa quest’ultima di ulteriore fame e miseria. L’Istituto di Sanità Pubblica (solo nel 1941 l’Iss prenderà il nome con cui lo conosciamo oggi), che aveva sede a Roma ed era alle dipendenze del ministero dell’Interno, aveva inglobato la Stazione sperimentale per la lotta antimalarica istituita negli anni Venti con il contributo della Rockefeller Foundation. Che in Italia finanziava le campagne antimalariche fin dal 1922 e che, tra l’altro, contribuì alla costruzione del palazzo sede dell’Istituto Superiore di Sanità con un milione di dollari.

Il laboratorio Sardegna

Tra i fondatori dell’Istituto Superiore di Sanità c’era uno scienziato sardo, il professor Pietro Canalis, classe 1856, originario di Osilo. Fondatore e direttore (per quattro decenni) dell’Istituto d’Igiene di Genova, era un eminente patologo e igienista che nel 1928 e nel ’29 guidò la Commissione di esperti inviata negli Stati Uniti dal governo per studiare l’organizzazione e il modello operativo dei centri di igiene. Pietro Canalis era lo scienziato che aveva scoperto il ciclo vitale di una delle specie del parassita della malaria, il plasmodium falciparum, che provocava la febbre estiva-autunnale, nonché le terzane maligne e gran parte delle febbri perniciose. Il risultato di questi suoi studi, nonché le tecniche da lui messe a punto in Sardegna (di pari passo con un altro scienziato - Claudio Fermi, piacentino, docente di Igiene all’Università di Sassari dal 1898 al 1935 - che aveva ideato la piccola bonifica, cioè la distruzione delle larve di zanzara anofele, vettore della malattia, con un protocollo di interventi su stagni, pozzi, cisterne, canali, acquitrini che facevano da incubatori), contribuirono a fare dell’Isola, ben prima della grande campagna antimalarica del secondo Dopoguerra, il centro mondiale delle sperimentazioni per l’eradicazione della malattia.

Il colera in Sicilia

Era uno scienziato dotato di grande senso pratico. Le sue lezioni di Igiene all’Università di Genova (dove insegnò per 41 anni e fu preside di Medicina) erano tra le più affollate dell’Ateneo, e i suoi studi pubblicati nelle più prestigiose riviste mediche e scientifiche. Ma fu soprattutto per il talento di grande organizzatore che nel 1887 venne inviato dal governo in Sicilia dove imperversava un’epidemia di colera. Pietro Canalis ci restò per oltre due mesi e, coi pieni poteri del commissario sanitario, mise a punto un modello di intervento che qualche anno più tardi, tra il 1900 e il 1901, fu copiato negli Stati Uniti nella lotta alla febbre gialla. «Per lo zelo, l’abnegazione, l’intelligenza dimostrate», ricevette la Croce dei Santi Maurizio e Lazzaro, uno dei massimi riconoscimenti per meriti civili. Nel 1911 gli fu assegnata la medaglia d’argento al merito della sanità pubblica per l’opera svolta nella lotta contro il colera a Genova, la sua città d’adozione, e per gli interventi di igiene e sanità pubblica a difesa del porto durante la pandemia di peste del 1896. Un’impresa non da poco visto che, per via dell’enorme mole di traffici e scambi, lo scalo del capoluogo ligure era da sempre la porta d’ingresso delle epidemie in Europa. Quell’anno invece, il morbo ch’era partito dalla Cina e che nel mondo contagiò oltre 30 milioni di persone uccidendone quasi la metà, arrivò in tutti i più importanti porti del Mediterraneo ma non entrò a Genova. Il professor Canalis aveva disposto le più moderne misure di profilassi, quarantena e igienizzazione, impose - sotto la sua supervisione - il controllo e la disinfezione dei pozzi neri, sollecitò la modernizzazione della rete fognaria e dell’acquedotto, incentivò l’utilizzo delle acque sotterranee per  l’approvvigionamento idrico.  

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