Amministrano la Giustizia ma sono trattati alla stregua di lavoratori a cottimo. Sostengono una pubblica accusa, emettono una sentenza e soltanto per questo sono pagati. Sostanzialmente a gettone. Senza il diritto alle ferie e, peggio, senza il diritto di ammalarsi. In Sardegna sono duecento, in Italia oltre cinquemila. E rivendicano diritti negati nonostante la pronuncia tramite la quale la Corte europea, nel luglio scorso, ha ribadito che a giudici onorari, giudici di pace e vice procuratori onorari spettano i diritti riconosciuti ai lavoratori dipendenti. Finora, però, la legislazione italiana di questa sentenza se n'è infischiata rischiando una procedura d'infrazione. E loro, i magistrati onorari, hanno deciso di innalzare il livello della protesta. Alcuni di loro hanno avviato lo sciopero della fame (a Palermo in corso dal primo dicembre), in diverse piazze d'Italia hanno inscenato flashmob. "Se il sistema giustizia fosse una commedia sostiene Paola Mameli, giudice di pace a Cagliari - il ridicolo rasenterebbe il grottesco. Noi tutti, giudici di pace, vice procuratori onorari e giudici onorari di Tribunale, oltre cinquemila, da oltre vent'anni dispensiamo giustizia in nome e per conto del popolo italiano e paradossalmente, da oltre 20 anni, continua a esserci negato il riconoscimento di ogni tutela giuslavoristica". Parole da cui traspaiono frustrazione e rabbia. "Mortificati per l'assenza di ogni altra forma di giustizia, arruolati negli uffici giudiziari come veri e propri braccianti del diritto, pagati a cottimo - continua Mameli - chiediamo il riconoscimento di previdenza, di malattia e una giusta retribuzione. Siamo scesi in piazza a Cagliari e Sassari, come in tutta Italia, per solidarietà con le colleghe che sono in sciopero della fame mentre il ministro della Giustizia Bonafede continua a disconoscere e a non voler applicare la sentenza della Corte di Giustizia Europea, che, nel luglio scorso, ha riconosciuto ai magistrati onorari italiani la qualifica di lavoratori subordinati, la cui disapplicazione, da parte del Governo italiano, comporterebbe l'avvio della procedura di infrazione, con conseguente grave danno economico per l'intero Paese".

Le associazioni che rappresentano i magistrati onorari hanno tempestato di lettere il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Il quale ha fornito risposte giudicate inaccettabili dalle associazioni dei magistrati onorari e anche da diversi parlamentari che gliene hanno chiesto conto. A seguito delle dichiarazioni di Bonafede è intervenuto anche il deputato sardo Pietro Pittalis. "Il ministro - ha osservato Pittalis nella sua interrogazione - con le sue parole purtroppo manifesta, una disattenzione, se non anche una sorta di disfavore, già ampiamente radicato nelle azioni del Governo. Mi sia consentito osservare che il prestigio della magistratura professionale non si ottiene, certamente, relegando in una posizione di minorità o discredito la magistratura onoraria, bensì con un impianto organico di riforme, riguardanti, fra l'altro, il rapporto fra magistratura e politica da un lato, e fra magistratura e media dall'altro".

La magistratura onoraria e di pace (giudici di pace, giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari) - ha fatto notare più volte la categoria - accudiscono il 60 per cento della giurisdizione penale e il settanta per cento della giurisdizione civile di primo grado. Il funzionamento del tribunale monocratico è ormai garantito, quasi esclusivamente, dai giudici onorari. Ce n'è abbastanza per contestare chi vorrebbe ridurre questi ultimi, i vice procuratori e i giudici di pace a ruoli marginali o residuali. "I magistrati onorari - denuncia ancora Pietro Pittalis - rappresentano una categoria di lavoratori precari costantemente dimenticati dalle riforme degli ultimi anni: immessi nelle funzioni con concorso a titoli e poi prorogati con mandati a termine, pagati in gran parte esclusivamente a cottimo per udienza svolta o procedimento definito, senza previdenza e diritto alla pensione, senza tutele per maternità, malattia o infortuni, i magistrati onorari sono stati destinatari di una normativa a singhiozzo, largamente incompleta sotto il versante dei riconoscimenti e delle tutele. E ciò nonostante il rilievo ordinamentale sempre più significativo assunto dai magistrati onorari, sui quali, nel corso del tempo, le disfunzioni del sistema giustizia sono venute a scaricarsi a mo' di parafulmini". "Il Covid ha peggiorato la situazione", aggiunge Loredana Schirra, giudice onorario al Tribunale di Cagliari. "Udienze sospese, magistrati onorari che non hanno potuto tenere udienza e per questo non sono stati retribuiti. O peggio, si sono ammalati e non hanno avuto indennità". Precari e beffati. Spettava loro il contributo di sostegno al reddito di 600 euro, "ma - osserva Loredana Schirra - ho avuto conferma che in moltissimi tribunali il contributo è stato corrisposto in maniera disomogenea a seconda della attestazione fatta dal capo dell'ufficio sull'effettiva sospensione dell'attività. A differenza di quanto previsto per le altre categorie, per i magistrati onorari la terza indennità era prevista solo nel caso in cui il capo dell'ufficio avesse sospeso, con provvedimento adottato ai sensi dell'articolo 83 comma 7 lettera del decreto 18/2020, l'attività giudiziaria.

I magistrati onorari che protestano hanno incassato in diverse occasioni la solidarietà dei magistrati togati e degli avvocati. Tra le molteplici attestazioni di vicinanza quella del presidente del Tribunale di Bologna Francesco Caruso e, in Sardegna, della Camera penale di Oristano che ha espresso "la propria solidarietà alla magistratura onoraria e la sostiene nella protesta che porta avanti, oggi con più vigore di sempre, per ottenere i diritti costituzionalmente garantiti a tutti i lavoratori".

Forti della sentenza della Corte europea e di recenti pronunce (ultima quella della Corte costituzionale che sancisce il diritto del giudice di pace al rimborso delle spese di difesa nei giudizi di responsabilità connessi alla sua funzione) i magistrati onorari non intendono cedere di un millimetro. Se decidessero di incrociare le braccia e sospendere la loro attività la Giustizia andrebbe incontro alla paralisi.
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