La regina Elisabetta non se ne separa mai. L’anello che Filippo le mise al dito il 9 luglio del 1947, giorno dell’annuncio ufficiale del loro fidanzamento, è comparso anche nelle recenti foto che ritraevano Sua Maestà ai festeggiamenti del Giubileo per i settant’anni di regno, un piccolo diamante quadrato di appena tre carati montato su un solitario di platino, assai meno prezioso di quelli sfoggiati dalle sue antenate e pure dalle nuore. Per lei, però, è questo il gioiello più caro perché fu Filippo a disegnarne la foggia e a scegliere la pietra, un oggetto di recupero si può dire, visto che quelli erano i tempi della ricostruzione post bellica e dunque dell’austerità, per cui non stava bene ostentare ricchezza.

Il valore affettivo

D’altronde, pure la seta cinese per confezionare l’abito da sposa dell’allora principessa fu acquistato con i buoni, 200 ticket per la razione extra che le furono assegnati dal governo britannico. Ma è l’anello di fidanzamento a raccontare la storia più affascinante, un valore aggiunto che lo rende tanto prezioso per Elisabetta. Il diamante proveniva dalla tiara di Alice di Battenberg, madre di Filippo, che in occasione delle nozze col principe Andrea di Grecia, nel 1903, l’aveva ricevuta in dono dagli zii Romanov, lo zar Nicola II e la zarina Alessandra Feodorovna. Fu, quel matrimonio, una delle ultime grandi reunion delle famiglie reali europee, tutte imparentate strettamente e discendenti per una linea dalla regina Vittoria del Regno Unito e per l’altra da re Cristiano IX di Danimarca, non a caso definiti l’una Nonna l’altro Suocero d’Europa. Alice di Battenberg, bisnipote della regina Vittoria e nata nel castello di Windsor, aveva rinsaldato il legame di sangue sposando Andrea di Grecia, che era nipote di re Cristiano e cugino sia dello zar Nicola II che di Giorgio V del Regno Unito (suo padre, re Giorgio I di Grecia, era fratello delle madri di questi).

La tiara con poche pietre

Elisabetta e Filippo condividevano dunque robusti rami dello stesso albero genealogico, eppure all’epoca dei loro primi incontri, quando era ormai chiaro che i due si piacevano, lui - pur cresciuto in Inghilterra e valoroso ufficiale della Royal Navy - non era certo considerato un buon partito. Principe di Grecia e Danimarca, era carico di titoli ma senza trono. Per di più, non aveva soldi. Tanto che, per poter regalare l’anello di fidanzamento a Elisabetta, dovette smontare le ultime pietre preziose della tiara di nozze di sua madre. Era, questa, l’ultimo gioiello rimasto poiché, nel corso degli anni, Alice aveva venduto tutti i suoi gioielli per finanziare le mense dei poveri. Aveva però conservato quell’unico oggetto prezioso. Mancavano tanti diamanti, certo, ma c’era quello che Filippo immaginava al dito di Elisabetta.

La monaca con la sigaretta

Nelle foto che ritraggono la famiglia reale nell’abbazia di Westminster il 2 giugno 1953, giorno dell’incoronazione di Elisabetta II, c’è una signora vestita da suora, le mani giunte, il crocifisso sul petto e il capo coperto da un lungo velo. Era Alice di Battenberg, la madre di Filippo, suocera della sovrana. Indossava l’abito dell’ordine greco-ortodosso che aveva fondato in Grecia nel 1949, monache dedite all’assistenza ai poveri e ai senzatetto per i quali organizzava e finanziava (qui finirono tutti i suoi averi) mense e ricoveri. Una suora devota alla causa epperò molto stravagante. Grande fumatrice, aveva sempre una sigaretta accesa.

Sorda dalla nascita

Una vita straordinaria, la sua. Sorda dalla nascita, Alice aveva imparato fin da bambina il linguaggio dei segni, sapeva leggere le labbra in inglese e tedesco, e più tardi anche in greco e francese. Fu questa capacità di non piegarsi e andare avanti che l’aiutò ad affrontare ciò che l’aspettava. Nel 1922, quando re Costantino di Grecia fu deposto, assieme al marito e ai cinque figli (Filippo, l’ultimogenito, aveva diciotto mesi) dovette lasciare Atene e andare in esilio a Parigi.

Gli anni in clinica psichiatrica

Abitavano in una modesta casa ricevuta in prestito e venivano mantenuti dalle donazioni dei parenti; e intanto, mentre lei si dedicava ai figli e alle opere di carità, Andrea cominciò a frequentare altre donne e ad allontanarsi sempre più dalla moglie e dai figli. I problemi psichici che segnarono gli anni seguenti cominciarono proprio in quel periodo. Nel 1930, con una diagnosi di schizofrenia, Alice fu rinchiusa in una clinica psichiatrica, in Svizzera. Contro la sua volontà, fu sottoposta a un trattamento di radiazioni sulle ovaie, una sterilizzazione forzata che la portò alla menopausa. Tra tentativi di fuga e lunghi periodi di abulia, trascorse sette anni tra cliniche e sanatori.

Lontano dalla famiglia

Una volta fuori, non volle più avere niente a che fare con la famiglia. Tornò ad Atene dove, vivendo come una povera tra i poveri, si occupava dei senzatetto. Durante l’occupazione nazista della città, aveva quindi una buona copertura dell’attività che, se scoperta, l’avrebbe portata dritta in un campo di concentramento. Alice nascondeva gli ebrei trovando loro rifugi sicuri, e in casa sua diede rifugio ai Cohen, un’intera famiglia. I tedeschi, pur conoscendone le origini teutoniche, cominciarono a insospettirsi. Veniva interrogata, ma se la cavava sempre. Il più delle volte faceva finta di non capire perché sorda; altre, invece, tirava in ballo i mariti delle figlie, i generi che in realtà disprezzava, ma essendo tutti ufficiali nazisti erano senz’altro una buona carta da giocare.

Giusta tra le Nazioni

Alice di Batenberg, trascorse gli ultimi anni della sua vita a Buckingham Palace. Morta a 84 anni nel 1969, riposa a Gerusalemme. Nel 1993, Israele le ha reso onore col titolo di Giusta tra le Nazioni.​​​​​​​​​​​​​​

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