La dafne è l’erba a cui non si rinuncia. Tra le specie tintorie è quella che regala i colori ocra dei tappeti della tradizione sarda. Un simbolo da tramandare, soprattutto attraverso laboratori didattici proposti nelle scuole della Barbagia. A Orune il Ceas, ovvero il Centro di educazione ambientale e alla sostenibilità, professa questa vocazione da anni. Incontra scolaresche, mette in vetrina i filati realizzati con le erbe, spesso ignorate o dimenticate, raccolte ai bordi delle strade oppure nelle campagne dell’altopiano.

Le tappe di Cortes Apertas nei centri vicini sono occasioni in più per esporre colori antichi e quasi segreti a visitatori curiosi e sorpresi. Il Ceas porta un nome che è quasi un programma: è ribattezzato “Su gardu pintu”, che è poi un’altra pianta che spunta nelle campagne e si colora in vista dell’estate. In effetti il Ceas nasce proprio dalla volontà di tramandare i racconti del passato, legati all’uso delle erbe tintorie che trova l’espressione più bella nella tessitura dei tappeti, denominati “sa burra” a Orune, “sa vrassata” nei vicini paesi di Bitti e Lula. «Io avevo la passione per le erbe, ereditata da mia nonna. All’università su questo ho fatto la tesi di laurea, poi a Osidda ho frequentato un corso di formazione nell’ambito del progetto “Terre di mezzo” e ho imparare a tingere i filati», spiega Teresa Zidda. Laurea in Scienze naturali, esperienza da insegnante, si dedica al Ceas assieme a Francesca Monni, laureata in Lettere moderne.

Il Ceas decolla nel 2009, quando Orune scommette su un progetto che segue la stessa direzione indicata dal Comitato per la tutela della biodiversità appena costituito. L’amministrazione comunale, allora guidata dalla sindaca Francesca Zidda, sostiene l’iniziativa del Ceas che vuole valorizzare un patrimonio a rischio, quello legato alla tradizione popolare. Obiettivo promuoverne la conoscenza per evitare l’estinzione definitiva. La passione diventa allora un impegno con prospettiva più ampia che guarda molto ai giovanissimi a cui trasmettere i saperi antichi custoditi in ogni comunità. «Proponiamo alle scuole laboratori didattici per divulgare la conoscenza delle erbe tintorie e della tradizione. Facciamo anche delle escursioni per la raccolta e il riconoscimento di queste specie», spiega Teresa Zidda. Al Ceas aprono le porte le scuole di Orune, Bitti, Posada, Orosei, Fonni; Lula propone un corso per adulti. La riscoperta delle piante tintorie inizia così a farsi strada e a ritrovare un circuito di diffusione, o almeno di conoscenza.

Esposizione di erbe tintorie
Esposizione di erbe tintorie
Esposizione di erbe tintorie

Il momento clou del Ceas impegnato nella divulgazione di queste proprietà è naturalmente la tintura che, però, è un percorso che ha bisogno di alcune fasi. «La dafne, che in lingua sarda è su truiscu, non ci manca mai. È facile da trovare in tutte le stagioni, ai bordi delle strade. E poi dà soddisfazione: è un colore ricco e solido. Si ottiene il colore ocra del tappeto tipico», sottolinea Teresa Zidda. Nelle escursioni con gli studenti è l’erba più a portata di mano, nelle alture dell’altopiano di Orune come Cucumache e in altre zone note, da Nunnale a Marreri. È la pianta colorante più conosciuta e utilizzata non solo in quel territorio ma in tutta la Sardegna per ottenere le tonalità del giallo e anche come mordenzante per altri colori. Da sempre le artigiane ne fanno uso per la tintura della lana dei caratteristici tappeti. Utilizzo molto diffuso anche a Nule, paese storicamente legato alla tessitura.

«Nell’ex parco giochi di Orune facciamo le attività all’aperto con la raccolta e il riconoscimento delle piante, mentre per la tintura abbiamo a disposizione il cortile dell’ex scuola media, dove c’è la sede del Ceas», spiegano le operatrici.

C’è poi un frutto che non può mancare nel laboratorio aperto alla curiosità di grandi e piccoli. Si tratta della noce. Mallo e foglie sono preziosi per ottenere un colore molto caro alla tradizione, ovvero il marrone. «Ogni anno una signora di Orune che ha un albero di noci nel cortile di casa ci dona i frutti. Perciò abbiamo una scorta sufficiente per le esigenze legate alla nostra attività». Altre piante a chilometro zero sono l’elicriso, il cisto e la reseda che consentono di ottenere il colore giallo. Per il rosso bisogna ricorrere alla robbia tintoria che arriva dalla Penisola.

Nella tradizione popolare la “rubia peregrina” viene raccolta nelle macchie e nei boschi dove è presente fino a mille metri di altitudine. Le sue proprietà tintorie la rendono familiare in tutta la Sardegna. Per trattare coperte e tappeti l’uso della robbia è da sempre irrinunciabile: l’elevato contenuto di alizarina, infatti, garantisce alla lana e al lino una colorazione speciale, molto viva.

Filati colorati con le erbe tintorie
Filati colorati con le erbe tintorie
Filati colorati con le erbe tintorie

«Per la tintura naturale servono tempo e pazienza e non sempre si ottiene quello che si vuole. Ogni volta è un prodotto unico, anche con l’impiego della stessa pianta e seguendo la stessa procedura perché si tratta di un lavoro artigianale», spiega Teresa Zidda. La pianta tintoria va anzitutto sminuzzata per poter estrarne il colore che fa applicato alla lana. «In genere il filato va pretrattato con l’allume di rocca che apre la fibra e consente anche che il colore possa impregnarsi meglio, in modo più brillante e duraturo nel tempo», sottolinea Teresa Zidda illustrando proprietà e applicazioni alle scolaresche che a turno hanno la possibilità di fare questo viaggio insolito tra le erbe degli antenati. Un modo nuovo per tramandare i segreti ereditati dalla cultura popolare e tenere vivo l’interesse per un patrimonio comunque prossimo all’estinzione. «Il nostro obiettivo è che qualcuno si appassioni», auspicano le operatrici del Ceas di Orune pensando anche a possibili produzioni di nicchia, dai filati di pregio alle creazioni con l’ecoprinting per foulard, sciarpe, arazzi dove la fantasia si combina con la tessitura botanica.

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