La vita da reporter di Giorgio Lotti, testimone della storia e di un mondo che non c’è più
Al museo di Olbia fino all’otto dicembre nella rassegna di fotografia “Storie di un attimo”Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Sommersi da un sacco di “orribili bellissime fotografie”. La definizione è di Giorgio Lotti, un pezzo di storia del fotogiornalismo italiano (e non solo), punta di diamante della formidabile squadra del settimanale Epoca. E rende in maniera precisa la differenza tra fotografare, cogliendo l’attimo che racconta una storia e avendolo saputo aspettare, e catturare immagini. Lotti, che espone fino all’otto dicembre al museo archeologico di Olbia nella rassegna Storie di un attimo organizzato dall’associazione Argonauti, è stato protagonista di un incontro pubblico, insieme al collega Mauro Galligani, altro gigante del fotoreportage, nel quale ha ripetuto più volte l’ossimoro “orribili bellissime”. Un esempio? Le foto a teatro. «Si fotografa a inizio spettacolo sotto il palcoscenico, attori che vengono fuori con le gambe lunghissime e la testa piccola per effetto della prospettiva». Ma non è solo questo: «Uno spettacolo va seguito tutto per capirlo e condensare il senso in uno scatto». A costo anche di non scattare come fece con Rudolf Nureev in una piece poco riuscita de Il lago dei cigni. «Mi sono accorto che qualcosa non andava. Lui venne e mi ringraziò. Feci le foto il giorno dopo».
Lo spettacolo è una delle parti della mostra e ognuna – da sola – varrebbe la mostra. C’è Alberto Sordi fotografato mentre fa il bagno al mare, sorridente tra gli spruzzi delle onde. «Solo alla fine mi sono accorto che per fare quella foto mi ero completamente bagnato». Marcello Mastroianni “una persona meravigliosa” e Brigitte Bardot viceversa “insopportabile”. Un’intera parte dedicata alla Scala, negli anni in cui fu il fotografo ufficiale. «Giorgio Lotti è un poeta della fotografia – scrive Paolo Grassi nel testo di accompagnamento – poeta per la dolce discrezione con cui opera in ambienti spesso difficili, poeta per l’intensità che cerca di estrarre dalle cose che ritrae, poeta perché ha scelto di essere un testimone partecipe e amoroso di un mondo straordinario, quello della Scala». Anche nelle letteratura si può fare uno scoop e come definire altrimenti la sequenza di sei ritratti di Eugenio Montale che riceve la notizia del Nobel? «Ero a casa sua per un ritratto, riceve una telefonata e sembra sconvolto, appena ha riagganciato gli ho chiesto, “è una brutta notizia?” E lui mi ha detto che gli avevano comunicato che aveva vinto il Nobel”. L’incredulità, la meraviglia, l’emozione del poeta stanno tutte in quelle sei foto. Con Ungaretti ha seguito lo sbarco sulla luna per poi fotografarlo esultante.
Vita da reporter
E poi i grandi reportage come un’immersione nella storia italiana, il Vajoint nel 1963, l’alluvione di Firenze nel 1966 con uno straordinario ritratto di Franco Zeffirelli nel fango, la folla per i funerali di Padre Pio nel 1968, il terremoto del Friuli nel 1976, lo sbarco degli albanesi – primo grande esodo verso l’Italia - nel 1991.
La politica con Berlinguer al congresso del Pci nel 1979, le mani sulla fronte, pensieroso, Bettino Craxi ad Hammamet nel 1995, i piedi fasciati e in segni già evidenti della malattia. E poi la sua foto più famosa, quella di Zhou Enlai con la storia raccontata dallo stesso Lotti inviato da Epoca nel 1973 per un servizio su Pechino e che grazie all’Ambasciata italiana riesce ad ottenere un appuntamento. «Scopro che ai fotografi è concesso un solo scatto: nonostante il poco tempo a disposizione, riesco a far accomodare il primo ministro su una poltrona e a realizzare la foto che avevo pensato durante l’attesa. Grazie a un segretario che entra durante lo scatto e lo chiama, rivolge il viso verso sinistra (per i cinesi ha un significato particolare: un uomo che sa leggere nel futuro). Poco tempo dopo la pubblicazione del servizio, ricevo una telefonata da parte dell’Ambasciata cinese in Italia, attraverso la quale Zhou Enlai in persona richiedeva una copia del ritratto. Solo tre anni dopo ho saputo che quella foto, diffusa in milioni di copie in tutta la Cina, era diventata il suo ritratto ufficiale. Alla morte del Primo Ministro nel 1976, mi è pervenuta una fotografia del corteo funebre che attraversa due ali di folla: migliaia di persone commosse tengono in mano la foto scattata da me e il vero cruccio è aver perso quella copia». La foto di Zhou Enlai è la più stampata del mondo.
Sono storie di un mondo e di una professione che non esiste quasi più. «Un lavoro come questo ha bisogno di tempo e di risorse anche economiche. Bisogna partire, stare via per giorni, capire. Non si può fare in fretta e per un compenso di pochi euro che non coprono neppure le spese». E mentre il mondo sembra a portata di smartphone con migliaia di fotografie in arrivo da tutto il pianeta, dove lo scoop si gioca sulla frazione di secondo, il tempo che manca è quello per capire.