Fra il 30 e il 50 per cento dei suoli agricoli della Sardegna è a rischio inaridimento, così come in Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo e Campania. Stanno anche peggio la Sicilia, con una quota del 70%, il Molise (58%), la Puglia (57%), la Basilicata (55%).

L’Associazione nazionale dei Consorzi di bonifica (Anbi) lancia l’allarme siccità, un’emergenza che passa in secondo piano rispetto alle altre grandi tragedie che ci colpiscono, ma che – avvertono gli esperti – deve essere presa in seria considerazione senza aspettare ancora.

Colpa del trend negativo delle precipitazioni: si è passati da 40 a oltre 150 giorni all'anno senza piogge, mentre il caldo estremo l'11 agosto scorso, per dire, fece raggiungere nel siracusano la punta mai toccata di 48,8 gradi centigradi. “Dal Po al distretto del Tevere, i fiumi sono in crisi gravissima, mentre al Sud e nelle Isole l'aumento di aree in aridità è ormai costante come lo stato di severità idrica”, spiega l’Anbi.

In Sardegna, a gennaio in quasi tutta la regione si sono registrati cumulati inferiori al 50% rispetto alla media storica; nell’Olbiense, nella Nurra, nel Nuorese e nel Cagliaritano, la pioggia cumulata è stata inferiore a 10 millimetri; su Olbiense, Nurra e Sardegna Centro-Orientale il deficit pluviometrico è stato superiore al 75% rispetto alla media storica.

“A fine gennaio avevamo un miliardo 517 milioni di metri cubi d’acqua invasati, a fine febbraio un miliardo 497 milioni, l’82% del volume totale. Vuol dire che quel poco che è entrato ha coperto l’utilizzo”, spiega Paolo Botti, del Servizio tutela e gestione delle risorse idriche, vigilanza sui servizi idrici e gestione della siccità della Regione. “Ma dal 10 dicembre scorso non abbiamo avuto fenomeni meteo significativi per il riempimento degli invasi. Al momento la situazione complessiva è abbastanza buona, anche la delibera del comitato istituzionale dell’autorità di bacino fatta l’11 febbraio sulle pre-assegnazioni al comparto irriguo non ha evidenziato particolari criticità. Le preoccupazioni riguardano il comprensorio del Posada, servito dalla diga del Maccheronis, e quello della Valle dei Giunchi, servito dal Bidighinzu, in zona di Ittiri. Inoltre, registriamo una leggera criticità nella piana di Chilivani. Parliamo sempre dell’irriguo, il potabile non è in discussione”.

Intanto, nelle scorse ore, anche la situazione del Consorzio di bonifica della Sardegna centrale si è normalizzata, lo ha annunciato il presidente Ambrogio Guiso, la primavera e l’estate sono salve.

Prosegue Botti: “L’allarme dell’Anbi è corretto, noi vediamo l’acqua invasata e quindi la disponibilità che possiamo dare, ma tutte le campagne non servite dal sistema irriguo, le zone agricole “in asciutto”, cioè quelle che contano sulle piogge, sono in sofferenza. Inoltre non c’è pascolo per il bestiame. Il problema esiste, e peggiora col passare del tempo, anche se il nostro sistema idrico integrato è resiliente. Il Nord Italia è in ginocchio molto più di noi”.

L’Anbi ha sottolineato che le aree agricole o ex agricole da allarme rosso sono oggi tra Agrigento, Siracusa, Reggio Calabria, Potenza, Bari, Foggia, Sassari. Nel 2021 in Sicilia ci sono stati 140 giorni consecutivi senza piogge (piana di Catania), in generale in Italia i periodi di siccità sono passati, in media, da 40 a oltre 150 giorni all'anno.

Mauro Grassi, direttore di Earth Technology Expo e Water Agenda, ha chiesto di "velocizzare gli interventi, dato che la natura fa il suo corso e non è possibile gestire le emergenze solo in fase acuta, illudendosi di contenerne i danni. Tecnologia, fondi (Pnrr) e adozione di misure già esistenti (invasi di raccolta) facendo sistema di tutte le competenze con tutti i soggetti coinvolti".

“Non siamo soliti lanciare inutili allarmismi ed è vero che c’è ancora tempo, seppur sempre meno, per recuperare il deficit idrico in ampie zone d’Italia, ma è altrettanto vero che lo stato di siccità conclamata si sta registrando lungo la Penisola, in maniera diversificata, da circa un anno, facendo seguito ad un 2020 già particolarmente arido; ciò ci fa ritenere che la sofferenza idrica stia diventando un fattore endemico lungo la Penisola”, dice Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio

Dice Massimo Gargano, direttore generale di Anbi: “C’è un evidente delta tra la percezione del problema e la capacità di risposte concrete di fronte ad un’emergenza climatica, che ormai è strutturale: in un anno gli incendi son cresciuti del 320% e la desertificazione del 21% sul territorio italiano; le stagioni si susseguono sempre più calde e ogni anno, seppur in zone diversificate del Paese, si conta un miliardo di danni all’agricoltura per siccità. Eppure, di fronte a questi dati, il territorio continua ad essere infrastrutturato per raccogliere solo l’11% dei 300 miliardi di metri cubi d’acqua che annualmente cadono sulla Penisola. Deficitarie sono soprattutto le regioni settentrionali, penalizzate quest’anno anche da apporti nivali inferiori fino all’80% rispetto alla media”.

Ricorda l’Anbi che il 91% dei comuni italiani è toccato dal rischio idrogeologico e l’83% delle frane d’Europa si registra in Italia; ogni anno gli eventi naturali causano mediamente 7 miliardi di danni, ma solo il 10% viene effettivamente ristorato. La rete idrica è vetusta: il 60% delle condotte ha più di 30 anni ed il 25% addirittura più di mezzo secolo.

© Riproduzione riservata