La Sardegna si ribella al deposito unico delle scorie
Il ministro Pichetto Fratin torna alla carica ma c’è lo stop della Regione: «Incontriamoci, ma la pattumiera qui non passa»Un deposito di scorie nucleari: la Sardegna ribadisce il suo no
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Anche la Regione si mobilita contro l’ipotesi delle scorie nucleari in Sardegna. La presidente della Regione, Alessandra Todde, ha chiesto al ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, la convocazione di un incontro urgente tra la Regione, i sindaci dei Comuni sardi coinvolti e il ministero per discutere dell'ipotesi contestata di collocare in Sardegna il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e ribadire la contrarietà del territorio. Ancora, tuttavia, non si è avuta notizia della risposta.
Il punto fermo. A prescindere, si parte da un concetto senza appello: l’opposizione alle scorie è unanime. «La Sardegna», spiega la presidente della Regione, «ha già espresso più volte il proprio no, come deliberato dal Consiglio Regionale nel 2021 e ulteriormente confermato dall'ordine del giorno numero 15/XVII, approvato lo scorso 3 dicembre. Questa battaglia è un pilastro del nostro impegno per la tutela dell'ambiente, della sicurezza e del benessere delle comunità locali. La nostra posizione riflette il sentimento unanime dei cittadini sardi, espresso chiaramente nel referendum del 2011, dove il 97% dei votanti si è dichiarato contrario a qualsiasi installazione nucleare sull'Isola». Sull’iniziativa della governatrice si è espresso anche il vicepresidente della Camera Sergio Costa: «La presidente Todde ha chiesto un incontro urgente al ministro dell’Ambiente: necessario perché la Sardegna rischia di diventare il sito prescelto per il deposito di scorie nucleari. Scelta che già da ministro avevo scongiurato per motivi tecnici e non solo politici. Il trasporto delle scorie via mare non è adeguato e poco raccomandabile. Inoltre la regione è già occupata da servitù militari imponenti e pesanti che ne limitano l’autonomia. È ora di dire basta alle solite logiche. Massimo sostegno all’iniziativa della presidente».
La vicenda. Nell’attesa che la situazione possa essere sbloccata, e la Sardegna si liberi dalla morsa di un’eventualità comunque sulla carta lontana, nessuno abbassa la guardia. L’allerta è tornata al massimo con l’avvio della della procedura di Valutazione ambientale strategica dei siti destinati a ospitare il “Deposito Unico di scorie radioattive”. In tutto sono 51, individuati in Basilicata, Puglia, Lazio, Piemonte, Sicilia e Sardegna. Ben otto nell’Isola dove ricadono quattordici Comuni. In ballo, ancora una volta, c’è il cuore dell’Isola, dalla Marmilla alla Trexenta, sino all’Oristanese. Quattordici i Comuni nel mirino: Albagiara, Assolo, Usellus, Mandas, Siurgus Donigala, Segariu, Villamar, Setzu, Tuili, Turri, Ussaramanna, Nurri, Ortacesus e Guasila. Sono queste le aree che Sogin ritiene idonee per ospitare il deposito unico nazionale.
La storia. Le aree sarde rientrano nella fascia B di idoneità, sarebbero quindi meno adatte di A1 e A2 di altre Regioni. Ma la preoccupazione resta viva, soprattutto nei quattordici sindaci che si sono visti recapitare l’amara notifica: «Avvio della procedura di sottoposizione della carta nazionale alla Valutazione ambientale». E adesso, nell’Isola monta ancora la ribellione, fortissima già nel 2003 quando fu prospettata per la prima volta l’ipotesi del deposito, ufficializzata nel referendum del 2011, con il 97,13% dei votanti contrari a qualsiasi installazione nucleare in Sardegna. E poi ribadita negli anni successivi con leggi, centinaia di delibere dei Comuni, relazioni tecniche e giuridiche, ordini del giorno in Consiglio regionale con l’obiettivo molto semplice di chiarire una volta per tutte un concetto: l’Isola non è idonea. Ora bisognerà capire su chi ricadrà la scelta.