Care donne, siate gentili: non leggete questo articolo. Perché, con queste righe, noi maschietti stiamo praticamente venendo a costituirci per il reato morale di insensibilità ambientale. E già, perché a quanto pare sono proprio le donne ad avere la maggiore sensibilità sul tema dell’ecologismo, e non a caso l’attivista più famoso in Europa in realtà richiede l’aggettivo declinato al femminile, quindi “famosa”: è la svedese Greta Thunberg, ora diciannovenne, che si è imposta in quel mondo green quando ancora era nella minore età.

Da sessant’anni, in prima linea per le proteste e le richieste di politiche mondiali a favore dell’ambiente, ci sono per lo più donne. È un dato di fatto, stando al report diffuso da Ener2Crowd.com, che è una piattaforma su Internet per gli investimenti in progetti green. La nonna (e che nonna, considerata la tenacia) dell’ambientalismo è stata Brigitte Bardot, schierata particolarmente a difesa degli animali, ma non mancano altre celebrità femminili che, dell’ecologismo, hanno deciso di diventare testimonial. L’hanno fatto anche alcune star di Hollywood, e in questo elenco spiccano senz’altro Cameron Diaz e Drew Barrymore. Inoltre, dal mondo della moda arriva l’esempio di Gisele Bundchen: la supermodella brasiliana è la protagonista di un cartone animato intitolato “Gisele & the green team” e anche testimonial di diverse campagne di sensibilizzazione ai temi dell’ambientalismo.

Non c’è niente da fare: gli uomini, che pure non mancano nel fronte ecologista, restano comunque in ritardo nei confronti delle donne da ormai sessant’anni. «Infatti, già negli anni Sessanta a guidare le proteste contro l’inquinamento e il cattivo uso dell’ambiente erano proprio loro», fa notare Niccolò Sovico, amministratore delegato e cofondatore di Ener2Crowd.com, che ha commissionato un sondaggio all’Icsr. È il Centro internazionale per lo studio della radicalizzazione e della violenza politica, un “pensatoio” non governativo e senza scopo di lucro che ha la sede nel Dipartimento di studi sulla guerra del King’s College di Londra, sostenuto tra gli altri dall’Unione europea.

L’indagine aveva proprio l’obiettivo di misurare la partecipazione delle donne anche nell’ambito della Green economy, cioè un modello teorico di sviluppo economico che prende origine da un'analisi bioeconomica del sistema: oltre che i benefici economici (aumento del Prodotto interno lordo) di ciascun regime di produzione, prende in considerazione anche l'impatto ambientale, cioè i potenziali danni che l’iniziativa può causare all’ecosistema locale e globale.

Che cosa abbiamo saputo, da questo studio? Che le donne sono più ecologiste degli uomini si è già detto, ma sono anche le persone che più pagano il costo del cambiamento climatico, come fa notare Giorgio Mottironi, altro cofondatore della piattaforma web che ha commissionato l’indagine e capo degli analisti di GreenVestingForum.it, e spiega perché: «Sono donne l’82% degli sfollati nel mondo a causa di disastri ambientali e guerre, e sono le vittime del 63% delle calamità naturali che accadono nel nostro pianeta. Sono dunque anche le persone più motivate di fronte alla possibilità di impegnarsi nelle lotte tipiche dell’ecologismo». Infatti, sono loro i principali investitori delle proprie risorse nell’Economia verde.

Tra gli esempi riportati da Ener2Crowd.com c’è Vandana Shiva: fu il volto dei “tree huggers”, cioè gli abbracciatori degli alberi, un movimento femminile che aveva l’obiettivo di salvaguardare le foreste tropicali dell’Himalaya. Del gruppo fa parte anche Txai Surui, un’attivista venticinquenne del Brasile schierata contro la deforestazione dell’Amazzonia, ma c’è anche la sua coetanea ugandese Vanessa Nakate: iniziò a impegnarsi a favore dell’intero continente africano quattro anni fa, quand’era ancora studentessa della facoltà di Economia a Kampala, e vedendo le inondazioni nel suo Paese capì subito che erano causate dal cambiamento climatico. Quest’ultimo dipende dai pesanti interventi dell’umanità sul pianeta, che lo snaturano. Del gruppo fanno parte anche la cinese Ou Hongyi e l’indiana Disha Ravi.

Non sorprende dunque che l’economia verde abbia forti tonalità che virano al rosa, infatti nel mondo degli imprenditori le donne dimostrano una maggiore responsabilità ambientale, coniugando le sfide del mercato con la salvaguardia del nostro habitat. Non a caso, quadri e dirigenti delle imprese votate alla Green economy sono per il 58% donne e, nel comparto tecnologico, le aziende guidate da donne rendono agli investitori il 35% in più rispetto a quelle al cui timone c’è un uomo. Inoltre, il 53% degli investimenti della finanza alternativa verde proviene dai conti correnti delle donne e, nell’intero comparto dell’energia sostenibile, la quota femminile degli investitori è del 55%.

L’avevamo detto che, sul tema ambientale, noi maschietti eravamo venuti a costituirci.

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