La danza come strumento per curare le ferite dell'anima e del corpo e per superare le barriere culturali e sociali. Si è concluso alcune settimane fa il primo biennio del MaDIS - il Master di I Livello in Danza e Inclusione Sociale in Italia. Un progetto innovativo, finalizzato alla formazione di nuove figure professionali capaci di utilizzare il gesto e il movimento per favorire l'aggregazione sociale e l'espressione della creatività individuale. Il Master si è svolto a Selargius fra il Teatro Si 'e Boi e importanti siti archeologici e in vari paesi e città dell'Isola tra incontri in presenza e online. Fondamentale è stata la collaborazione con istituzioni e associazioni impegnate nell'assistenza e cura di persone colpite da patologie, vittime di abusi e violenze o che si trovino in situazioni estreme di disagio ed emarginazione. Il progetto promosso dall'Accademia Nazionale di Danza (Miur) diretta da Enrica Palmieri in collaborazione con l'Associazione Enti Locali per le Attività Culturali e di Spettacolo e il Cedac Sardegna e con Tersicorea, Maya Inc e Asmed, è stato realizzato con il patrocinio e il sostegno del Comune di Selargius e della Regione e con il contributo della Fondazione di Sardegna.

Un'immagine del master MaDis (foto concessa)
Un'immagine del master MaDis (foto concessa)
Un'immagine del master MaDis (foto concessa)

"L'arte ha un potere terapeutico - sottolinea la coordinatrice del MaDIS, la danzatrice e coreografa Francesca La Cava - la danza permette di riscoprire la memoria del corpo, di sperimentare nuovi equilibri e insegna ad affidarsi agli altri". Il MaDIS - rivolto a laureati in Danza e Discipline dello Spettacolo, in Scienze Motorie, Psicologia e Antropologia in Italia e all'estero - attraverso lezioni, laboratori e seminari teorico-pratici offre agli allievi l'opportunità di confrontarsi con temi importanti e questioni cruciali del vivere contemporaneo e elaborare progetti mirati, interagendo con enti e associazioni, per dare risposte concrete e praticabili alle differenti esigenze e ai bisogni del territorio.

Un'immagine del master Madis (foto concessa)
Un'immagine del master Madis (foto concessa)
Un'immagine del master Madis (foto concessa)

Ogni allievo ha potuto seguire la propria ispirazione e le proprie inclinazioni nel costruire un progetto originale: si va da "La Bottega del Movimento. Un laboratorio di danza contemporanea nella scuola" di Gloria Atzori alle "Strategie online per una relazione di movimento: interventi a distanza in favore di soggetti con disturbi dello spettro autistico" di Giorgia Damasco a "Voglio Ballare... la Danzamovimentoterapia nei reparti di Oncologia Pediatrica" a cura di Rita Floris. Simonetta Lecca ha proposto "Daimon dance: un laboratorio di danza inclusivo per recuperare la fiducia nel proprio corpo"; "Danza e Parkinson" con Roberto Manca; di tragica attualità "Il progetto INCORPORA: un percorso di danza ed espressione corporea per donne in fuoriuscita dalla violenza di genere" di Raffaella Mastropierro mentre Noemi Virdis ha studiato "Il ballo sardo e le danze dei nativi nordamericani. Tradizioni coreutiche per comunità inclusive".

Tra i docenti del MaDIS, Francesca La Cava, Teri Weikel, Elisabet Sjostrom, Vincenzo Puxeddu, Sabrina Lucido, Antonella Lazzaretti, Morena Malaguti, Flavio Pescosolido dell'Accademia Nazionale di Danza e il docente ospite Erasmus Timothé Ballo mentre la cantante Elena Ledda e il sociologo e scrittore Nicolò Migheli, Gianni Orrù, Alessandro Deiana e Marco Fresi hanno approfondito vari aspetti della cultura e della storia, della geografia e delle particolarità dell'Isola.

"Dal 2015 mi interrogo sui temi di conflitto e memoria, che mi hanno portato a sviluppare un percorso di laboratori e atelier rivolti alle parti 'fragili' della nostra società, penso in particolare a persone con disabilità, persone anziane e persone migranti. Nella mia interpretazione artistica sono le persone che hanno difficoltà a far udire la propria voce", sottolinea il danzatore e coreografo Andrea Gallo Rosso, che ha curato il laboratorio-tirocinio "Moving Closer - verso Pièce per CINQUE".

La danza diventa una chiave per accedere alla parte più intima e segreta, per liberare le emozioni e condividerle, per sciogliere nodi e affrontare traumi, per comunicare al di là delle parole, senza distinzioni di età, di genere o provenienza geografica né astratti canoni estetici cui uniformarsi: nel piacere del movimento, si sviluppa la conoscenza di sé ma anche, nel caso di malattie come il Parkinson e la demenza, si ritrovano abilità dimenticate.

Tra le più antiche forme dell'agire collettivo nei momenti del rito e della festa la danza rappresenta l'energia liberatoria di un'improvvisazione a tempo di musica. Giovani coreografi e futuri operatori hanno affrontato "l'interessante sfida dell'inclusione sociale, interrogandosi sulla condizione umana", come ricorda Enrica Palmieri. Per cercare risposte e mitigare il dolore e l'ingiustizia attraverso l'arte e la bellezza.
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