La bella di Desulo e il destino di “mela troppo in alto”
Immortalata dai più grandi fotografi del Novecento, Sebastiana Soboedda Nieddu visse nel mito della propria avvenenzaSebastiana Soboedda Nieddu (1908-1993), fotografata dodicenne da Guido Costa
Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
L’avete vista mille volte, i più vecchi di voi nelle cartoline postali dagli accesissimi colori Kodak, con su scritto “Saluti da Desulo”, che imperversavano nelle corrispondenze fino agli anni Ottanta; i più giovani, sui libri e nelle mostre dedicati ai ritrattisti dei primi decenni del Novecento. Fra tante modelle in costume tradizionale fotografate nei paesi di tutta la Sardegna, lei è l’unica di cui si conosce il nome, sempre indicato nelle didascalie scritte dagli artisti e dai reporter che l’hanno immortalata. Soboedda, veniva chiamata così, col solo nome di battesimo, come le mannequin famosissime e lontane, come Capucine, come Veruschka.
Soboedda è stata la prima, conturbante e castissima, pin up della Sardegna. Una pin up vestita d’orbace, e sarà pure una contraddizione in termini, ma in Barbagia, fino agli anni Cinquanta del ‘900, le ragazze potevano scoprire solo il viso e il sorriso, il resto doveva restare celato e invisibile, ufficialmente fino alla prima notte di nozze, capolinea lo sguardo dell’uomo di tutta una vita. Ma chi era Sebastiana Nieddu, classe 1908? Qual è stata la storia della bambina che aveva ricevuto tanta grazia in dono dal cielo?
Era la secondogenita di Ippolita Porru, desulese, e di Peppe Nieddu, di Aritzo, uomo di fiducia di Pietro Littarru, il più ricco di Desulo, padrino della bambina che anni dopo prese in casa con sé, come figlia d’anima. Soboedda visse come una regina nella palazzina del padrino fino alla morte di lui, nei Sessanta. Dopo, con Peppina, la sorella maggiore, venne accolta nella casa di proprietà della famiglia Pintore, che il Comune assegnava alle famiglie bisognose. Una sola stanza, ancorché spaziosa. Soboedda, ricordano a Desulo, la teneva in ordine e pulita. C’erano tanti piccoli soprammobili, i fiori, e le pile delle riviste che avevano parlato di lei, compreso il Time. Non lavorò mai, era Peppina che procurava di che vivere andando a fare il pane e a raccogliere legna. «Viveva del mito della propria bellezza», concordano tante testimonianze, «non è mai stata egoista, anzi: anche quando l’asma di cui soffriva non le lasciava tregua, andava a curare e ad assistere i malati. Aveva grazia, e questo la rendeva ancora più bella».
«Non si sposò perché era la più bella», sentenziò Mario De Biasi nell’intervista comparsa sul volume “Viaggio dentro l’Isola”. Il grande fotoreporter di Epoca giunse a Desulo nel giugno 1955, assieme al poeta Alfonso Gatto. «Era il giorno della vigilia di Corpus Domini», ricordava anni fa don Michele Marotto, parroco di Desulo dal ‘54 al ‘71, scomparso all’età di 100 anni nel 2019. De Biasi immortalò le donne intabarrate nel loro costume di un rosso acceso, la processione, le prioresse in preghiera. Chiese poi al sacerdote una cortesia. Lui, il fotografo delle dive, quello per cui avevano posato Marlene Dietrich e Sofia Loren, domandò: «Mi presenta a Sovoedda?».
Era già allora assai famosa. Mai alcun illustre ospite lasciava Desulo senza aver prima posato davanti all’obiettivo, circondato dalle autorità, da un nugolo di bambine scalze, e dalle ragazze più avvenenti del paese strette nel loro costume ricamato. E tra queste, figurarsi se poteva mancare Sebastiana Soboedda Nieddu. Lei, per dire, nell’affollato ritratto col principe Umberto di Savoia, arrivato il 23 luglio 1938 per salutare i soldati impegnati in un campo di addestramento nelle campagne di Belvì, è la madonnina che sorride alla destra dell’erede al trono. Pure undici anni prima, nel ‘27, il giorno in cui a Desulo giunse Umberto Nobile, eroe nazionale in villeggiatura dopo la trasvolata in dirigibile sopra il Polo Nord, lei aveva avuto il posto d’onore nella foto ufficiale.
Nel 1927 aveva diciannove anni, ma il suo viso dai tratti di principessa normanna, gli zigomi altissimi e gli occhi smeraldo, emanava la stessa luce di quando, appena dodicenne, incantò Guido Costa e l’obiettivo della sua Voigtlander. Veniva chiamata “la Bella” e certamente a Desulo non c’era bisogno dell’occhio di un forestiero per apprezzare la sua avvenenza. Ma quando - inquadrata di tre quarti, il volto incorniciato dalla cuffietta di panno ricamato - venne scelta come modella per una cartolina postale, in paese fu la consacrazione. Bella come lei, nessuna.
Quando dunque nel 1955 giunse in paese Mario De Biasi, la bella di Desulo aveva 47 anni, ma la sua leggenda restava intatta come la grana della pelle del suo viso, come se il tempo avesse voluto risparmiarle la pena delle rose che sfioriscono. «Ha la stessa grazia - annotò il reporter di Epoca - della bambina di 12 anni che apparve su una rivista nel 1927 e venne riconosciuta come la più bella della Sardegna». Era, quella ricordata da De Biasi, la foto scattata da Guido Costa e pubblicata su Mediterranea, rivista mensile di cultura. Il giornalista non andò molto per il sottile: «Da allora è cominciato il suo destino di “mela troppo in alto”». Quel giorno Sebastiana Nieddu posò davanti al tavolo del soggiorno e poi in terrazza, circondata dalle colombe come una santa. Posò e rilasciò un’intervista. «Quante lettere d’amore ricevo? Tante. Da dottori, avvocati, commercialisti». Raccontò del legame con la mamma, celando a fatica il desiderio mai realizzato di una vita diversa. «La mamma mi era attaccata come l’edera. Venivano da Roma, da Milano, dall’America, e tutti volevano portarmi via».
Cosa c’era scritto nel suo destino? Perché la ragazzina che poteva avere il mondo in mano grazie alla sua bellezza, rifiutava ogni occasione? Proposte di matrimonio, offerte di lavoro come modella, corteggiamenti dei produttori cinematografici. «Sono stata molto onorata», ha ripetuto fino alla morte, avvenuta nel ‘93 per infarto. Il destino della mela che sta troppo in alto: castigata per la sua vanità o, chissà, consacrata all’eterna attesa di un amore impossibile.