Per una volta siamo arrivati prima noi (o forse sono loro che hanno dimenticato come stavano le cose prima). Quel che sembra del tutto nuovo agli studenti americani, da queste parti è una realtà consolidata ma in versione ridotta. Qualche giorno fa il New York Times ha raccontato il fenomeno che è stato definito dell'Off-Off-Off Campus housing. Per dirla in poche parole: da quando la pandemia da Covid ha imposto restrizioni e favorito distanziamento e lezioni online, anche i campus universitari sono meno affollati. I giovani d'oltreoceano hanno scoperto (ma verrebbe da dire ri-scoperto) la convivenza in case abbastanza grandi da poterle condividere con colleghi di corso e nelle quali praticare la didattica online. Una soluzione che consente di evitare l'affollamento nelle stanzette che ognuno di noi ha visto - se non dal vivo - almeno attraverso serie televisive e film. L'Off campus housing permette ai ragazzi di tagliare le spese e ridurre i contatti con gli altri studenti e, dunque, il rischio di contagio da Covid-19. Scrivono Amelia Nierenberg e Adam Pasick sul NYT in merito alla possibilità di affittare una casa gigante nella quale seguire le lezioni da remoto insieme a un piccolo gruppo di colleghi: "E' un'avventura (…) più divertente che collegarsi su Zoom dalla taverna dei propri genitori".

Tutto verissimo, ma per chi in un campus non c'è mai stato (in Sardegna la cosa più simile a ciò che abbiamo visto in tivù sono le case dello studente dell'Ersu messe a disposizione dei ragazzi più meritevoli e meno ricchi) questa non è una novità. Molti studenti fuori sede sardi - ovvero quelli nati in paesi lontani dai poli universitari - il più delle volte, non potendo fare affidamento su un sistema di trasporti che garantisca orari compatibili con le lezioni, si arrangiano così: case grandi, di solito abbastanza vecchie e ammobiliate con pezzi che i padroni di casa hanno rimediato qua e là, da dividere con amici di una vita o emeriti sconosciuti. Tutto per pagare un affitto ragionevole e che sia sostenibile dalle famiglie. A Cagliari si parla di un campus universitario ormai da molti anni: i lavori in viale La Plaia sono iniziati a gennaio. L'idea è quella di sfruttare l'area dell'ex semoleria per realizzare una struttura in grado di accogliere centinaia di studenti. Il progetto prevede la realizzazione di due edifici che a lavori finiti potranno ospitare 540 ragazzi. Prevista anche la costruzione di una mensa, una palestra, campi per l'attività sportiva all'aperto e di un grande posteggio.

"Secondo i programmi i lavori del primo lotto (parcheggi più 240 posti letto) dovrebbero terminare a marzo del 2021. Poi penseremo agli arredi, alla gara per avere accesso alla struttura. Dunque possiamo ipotizzare che tutto sia pronto per l'anno accademico 2021/2022. Nel frattempo dovremmo già aver affidato i lavori per il secondo lotto (300 poti letto)", promette il presidente dell'Ersu Michele Camoglio.

In attesa che il campus diventi realtà, i neo diplomati proseguono sulla vecchia via. A chi non ha accesso alle graduatorie Ersu, non può permettersi una casa tutta per sé o non può sostenere la vita del pendolare non resta che la versione locale dell'Off campus: una stanza in affitto.

Per le matricole la ricerca inizia già nelle ultime settimane d'agosto. E allora, ecco un piccolo aggiornamento sui prezzi. Scrivendo sulla barra di ricerca di internet "stanze studenti affitto Cagliari" il primo risultato è quello proposto da un'agenzia immobiliare che offre camere singole in via Ingurtosu e via Is Mirrionis (libere da settembre) a partire da 270 euro al mese (tutto incluso). L'appartamento è composto da quattro camere (singole e matrimoniali), due bagni e un balcone. C'è anche la connessione a internet - e non è per nulla scontato - cosa che consentirebbe agli inquilini di seguire le lezioni a distanza, opzione concessa dall'Università cagliaritana per l'anno accademico 2020/2021. Il piano dell'ateneo offre infatti la possibilità di scegliere se restare lontani o partecipare alle lezioni in presenza (a condizione che vengano rispettate le norme anti Covid, ovviamente).

Insomma, il punto è: se anche i nostri studenti fossero abituati a vivere nei campus e potessero usufruire degli stessi servizi messi a disposizione dei loro colleghi americani, la convivenza in casa con i loro coetanei sarebbe davvero un'esperienza nuova e non una scelta obbligata. Un'avventura, come dicono i cronisti del New York Times. Invece da queste parti spesso è l'unica scelta possibile.
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