Q-code, Spid e servizi online: così vengono esclusi i disadattati digitali
Dall’Inps alle banche, ai Comuni: l’accesso via Internet discrimina soprattutto gli anzianiPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
È una delle forme di discriminazione del nostro tempo, il muro che esclude una grande fetta della popolazione dall’accesso a internet e dai vantaggi della società digitale. Un’esclusione che penalizza soprattutto gli anziani, e non solo. C’è dentro anche quella grande fetta di popolazione più giovane che ha abitato le statistiche della dispersione scolastica e si ritrova con un bagaglio di istruzione assai limitato, persone che hanno difficoltà a comprendere un testo lungo e ad esaminare dei dati, figurarsi se riescono a maneggiare i codici tecnologici della burocrazia. Sono i disadattati dell’era digitale, centinaia di migliaia in Sardegna, terra dove il 27% della popolazione è over 65, mentre solo il 9,75% è nella fascia 0-14 anni. L’Istat ha calcolato che in Italia appena il 19,3% dei residenti tra i 65 e i 74 anni possiede le abilità minime per navigare online, gestire email e usare applicazioni comuni. Numeri ben al di sotto della media europea, dove il 55,6% della popolazione tra i 16 e i 74 anni ha competenze digitali adeguate. Un divario che risalta, nel percorso di digitalizzazione della pubblica amministrazione del nostro Paese. Un salto che dovrebbe facilitare la vita di tutti, e che invece finisce per diventare l’incubo degli anziani e di chi in generale non ha le competenze digitali di base, necessarie – in un mondo che ha abolito la fila agli sportelli – per poter accedere ai servizi online della sanità, delle banche, dell’Inps, del Comune, della Motorizzazione eccetera.
Cgil, Cisl e Uil, tramite i loro sportelli dedicati, offrono assistenza a quanti hanno necessità di un documento, di un’iscrizione o di sbrigare una pratica online. Dalla Cgil riferiscono che, per quanto riguarda gli anziani, questo genere di richieste superano persino le questioni in tema di pensione e soldi. «La maggior parte delle richieste d’aiuto riguardano documenti digitali e accesso ai servizi sanitari», dice Giacomo Migheli, segretario regionale della Cgil-pensionati. «Pur avendo a disposizione cellulare e social, gli anziani incontrano notevoli difficoltà pratiche e di fiducia nei confronti degli strumenti digitali». C’è una vera e propria classifica dei bisogni espressi dagli utenti. La stragrande maggioranza, «ha necessità di assistenza pratica per poter ottenere o utilizzare la carta d’identità elettronica. Poi c’è chi chiede un supporto per l’accesso al fascicolo sanitario digitale; e chi non sa come ottenere lo Spid, oppure come utilizzarlo per accedere ai vari servizi». Relativamente meno, ed è tutto dire, sono invece gli utenti che chiedono assistenza sulle questioni che il sindacato definisce “diritti inespressi”. «Diritti come quello di vedersi riconosciuta la quattordicesima quando si percepisce una pensione inferiore ai mille euro», spiega Migheli. «In gergo parliamo di diritto inespresso perché è garantito dalla legge, ma la domanda la deve fare l’interessato. Molti non lo sanno, e quando ne vengono a conoscenza ci chiedono assistenza per inoltrare la domanda». Anche le Acli garantiscono una rete di assistenza su tutto il territorio regionale, compresi i territori dell’interno dove lo sportello aperto in un comune serve anche gli utenti del circondario. «Notiamo le maggiori difficoltà nelle comunità più piccole, dove si sente la distanza dai centri più grossi e pesa la carenza di servizi», dice il presidente regionale Mauro Carta. «Noi veniamo incontro alle richieste anche tramite i ragazzi del servizio civile che aiutano le persone a inviare una pec, fare un pagamento digitale, scaricare una semplice comunicazione, prenotare una visita». Un servizio offerto anche nei grandi centri, «dove comunque ci sono pochissimi sportelli dedicati».
La carenza di postazioni aumenta il divario digitale, sottolinea Carta. «Senza l’impegno delle associazioni i cittadini non saprebbero a chi rivolgersi. E pensare che vent’anni fa la Regione aveva avviato un progetto, finanziando al Terzo settore l’acquisto delle attrezzature informatiche e la formazione degli operatori». Un impegno finito nel nulla, mentre oggi gli sportelli aperti vengono auto-finanziati dalle associazioni stesse o sostenuti da bandi locali. «Serve un programma strategico regionale per garantire a tutti i comuni un minimo di postazioni». Le Acli stanno preparando un progetto e intanto dialogano con l’Anci per far sì che in ogni città, in ogni paese, ci sia un facilitatore digitale. «Un operatore che dà supporto a chi ne fa richiesta».
