Il virus della violenza nel calcio infetta anche dilettanti e giovani
Inseguimenti, insulti, pugni, calci ad arbitri e avversari si sono ripetuti nell’arco della stagione dell’Eccellenza in giù spingendo il Giudice sportivo a infliggere squalifiche per mesi. Anche nei tornei giovaniliPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Botte, sputi, inseguimenti. Insulti, anche sessisti e razzisti. Calciatori che minacciano e passano alle vie di fatto, tifosi che dagli spalti imprecano, urlano, ingiuriano e a volte entrano in campo per dare seguito alle parole.
Cosa è diventato il calcio, principalmente quello dilettantistico e giovanile? Se i grandi tornei nazionali sono maggiormente sotto l’occhio attento di istituzioni e pubblico, pur restando un pessimo esempio per l’oceanica massa di giocatori e addetti ai lavori che arranca nei campionati minori, il vero problema - di ormai complicata soluzione - sono i comportamenti di chi, al riparo dalle telecamere, si sente libero di dare sfogo ai propri istinti e alle frustrazioni giornaliere pronunciando frasi irripetibili (quando va bene) o roteando mani e piedi (quando va male, a volte molto male).
Decine di esempi
Le cronache sportive dai campi minori o di periferia, certo non esaustive, raccontano di episodi deprecabili che avvengono ogni sabato e ogni domenica. Dall’Eccellenza, torneo regionale principale, alla Seconda categoria, più o meno la base del calcio, sino a infettare i tornei riservati ai ragazzi: Under 19, Under 17, finanche Under 15. Ragazzi che, mal instradati dal deleterio esempio dei più “grandi”, non si mettono scrupoli nell’affrontare arbitri spesso coetanei insultandoli o picchiandoli. Solo a fare il resoconto di questa lunga stagione, cominciata lo scorso autunno e giunta a conclusione nelle scorse settimane, l’elenco di avvenimenti censurabili e violenti sarebbe eccessivamente esteso: non basterebbero diverse pagine di un giornale a riportarli nella loro interezza. Sia sufficiente sapere che le giornate di squalifica inflitte dal Giudice sportivo a calciatori, allenatori e dirigenti hanno raggiunto numeri impressionanti. Anni di stop, alla faccia della sportività e del buon esempio da dare ai più giovani.
Il contenuto dei comunicati della Lega nazionale dilettanti, disponibili ogni settimana e più volte a settimana, è esemplificativo di quanto accade nel weekend. Uno degli ultimi episodi è relativo allo spareggio salvezza tra Carbonia e Tharros in Eccellenza, match che ha sancito la retrocessione del club oristanese. Il referto arbitrale sulla baraonda post gara di ritorno è sfociato in una multa alla società per le «intemperanze» dei tifosi verso la terna e gli avversari, nell’inibizione del presidente biancorosso per essere «indebitamente» entrato in campo a fine gara e aver «rovesciato» sulla divisa e sul volto del direttore di gara l’acqua contenuta in una bottiglietta prima di «rivolgere alla terna arbitrale» ingiurie e minacce, nella squalifica per più giornate dell’allenatore, di altrettante per un giocatore responsabile di aver rincorso e colpito «con pugni, spinte e calci in varie parti del corpo» diversi avversari. Negli stessi giorni in Seconda categoria il caos nella sfida Bariese-Laerru dopo il gol ospite al 93’ è costato lo stop di nove mesi per un giocatore e di 10 gare per un compagno. Non c’è categoria immune dalla violenza e dai cattivi esempi.
Un match tra squadre giovanili
Maxi squalifiche
Mesi fa un giocatore dell’Orani (Seconda categoria) ha dato un calcio al direttore di gara che, portato a termine il primo tempo, per il dolore ha poi sospeso la gara. Il responsabile è stato squalificato sino al 31 gennaio 2028. È capitato che il direttore di gara sia stato raggiunto nel suo spogliatoio, o che sia stato spintonato o colpito. Non si contano gli atteggiamenti definiti di volta in volta dagli arbitri e dal Giudice «irriguardosi», «provocatori», «offensivi». Non mancano schiaffi, pugni, gomitate, pestoni, mani in faccia tra rivali in campo. E non sono immuni i più giovani, il (presunto) futuro del pallone. Dall’Under 15 all’Under 19 i protagonisti in campo (certo non tutti, ma neanche pochi) attaccano briga coi rivali e insultano, minacciano e a volte colpiscono l’arbitro, tanto da spingere gli organi federali a infliggere squalifiche sino a 6 giornate per «colluttazioni», i «tacchetti sul viso di un avversario», gli «spintoni», gli «schiaffi», la «esultanza in faccia ai rivali», i «pugni», i colpi anche «a gioco fermo», le «minacce». E siccome al peggio non c’è mai fine, ci sono anche episodi di razzismo: in Prima categoria il 22 ottobre i tifosi di una squadra hanno insultato un avversario facendo perdere a tavolino il proprio club.
La Federazione
Mesi fa, in un servizio sull’Unione Sarda, il presidente della Figc sarda Gianni Cadoni disse che il problema esisteva e tuttavia nell’Isola era meno presente rispetto al resto d’Italia. Certo azzerare del tutto comportamenti simili va oltre le forze dei vertici arbitrali e federali, e del resto il problema (grave) è sicuramente legato alla scarsa educazione sportiva, visti gli esempi negativi che arrivano dalla Serie A e dai tornei internazionali dove si assiste regolarmente a reazioni smodate per ogni fischio non gradito, con capannelli di giocatori attorno agli arbitri; a calciatori che cadono a terra doloranti dopo contrasti normali per ottenere ingiustamente una punizione a favore; a liti tra avversari per un qualunque presunto torto subito.
Gianni Cadoni, presidente della Federazione sarda
Il dilettantismo dovrebbe essere un’oasi più o meno felice, ancor più il calcio dei ragazzi. Non è così, e molti genitori spesso sono tra le cause principali di un clima esasperato ed esasperante, perché piuttosto che far crescere i propri bambini e ragazzi all’insegna delle regole e dei valori sportivi protestano con l’allenatore di turno che non fa giocare il figlio e litigano con altri papà, insultano gli arbitri e imprecano contro gli avversari. E poi si pretende che in campo si rispettino le regole?