La tendenza c’era da anni, e ora il sorpasso può dirsi compiuto: in Italia ci sono più badanti (che assistono le persone molto anziane o malate) che colf, abbreviazione di “collaboratrici familiari”, che si occupano invece delle pulizie nelle abitazioni di chi le assume. È un dato, per così dire, “storico”: mai era accaduto, prima del 2024, che chi “bada” a persone non in salute superasse chi, invece, manda avanti le case dei datori di lavoro.

Il dato è subito balzato agli occhi dell’osservatorio Domina sul lavoro domestico, cioè un centro studi e raccolta di dati che – appunto – osserva il fenomeno del lavoro domestico di tutti i tipi e tutela le famiglie nella gestione dei rapporti professionali con i lavoratori che hanno in casa. Basandosi sui dati di un altro osservatorio, cioè quello che si nutre dei dati ufficiali dell’Inps, il rapporto annuale di Domina mette nero su bianco il calo progressivo dei lavoratori domestici in Italia.

I dati sono chiari: trend in leggera discesa ogni anno dal 2015 (erano 906.307) al 2019 (864.406). Impennate nel 2020 e 2021 (rispettivamente, erano 952.274 e 975.228), poi di nuovo in discesa: 904.585 nel 2022, 817.403 l’anno scorso. Il picco del 2020 e 2021, cioè gli exploit, secondo Domina è legato al progressivo aumento dei lavoratori domestici a seguito dell’incremento (solo formale) legato alla pandemia da Covid-19. In quei due anni la procedura di uscita dal cosiddetto “sommerso” (colf non assicurate e pagate “in nero”) perché quella tipologia di lavoro aveva attratto anche gli occupati in altri settori, sovradimensionando il lavoro domestico negli anni immediatamente successivi alla regolarizzazione.

Quando si leggono le statistiche ufficiali, basate su dati certificati dallo Stato, si deve sempre tenere presente che l’Italia è uno dei Paesi principi, se non direttamente re, del “sommerso” e del “nero”. Inevitabilmente, le statistiche considerano soltanto i lavoratori che sono in posizione regolare, ma sfuggono inesorabilmente i rapporti di lavoro che si basano su una stretta di mano e per i quali si evadono contributi e Irpef.

Se nel 2024, complessivamente, chi lavora in casa d’altri è diminuito del 2,7 per cento rispetto al 2023, balzano però agli occhi le differenze assai significative per quanto riguarda il tipo di rapporto. Certo, ora esistono terminologie più inclusive come ad esempio gli “assistenti familiari”, ma per rigore scientifico il rapporto annuale dell’Osservatorio Domina sul lavoro domestico si basa solo sulle categorie “colf” e “badanti”, perché sono le uniche considerate dall’Inps.

È proprio confrontando i dati tra quelle due categorie di lavoratori, che balza agli occhi la novità statistica per quanto il lavoro domestico: nel 2024 si registra il sorpasso delle badanti rispetto alle colf, sempre considerando le persone regolarmente assunte dalle famiglie, che dunque risultano ufficialmente all’Istituto nazionale della previdenza sociale. Il fenomeno dell’aumento di badanti rispetto a chi si occupa delle pulizie è stato – come abbiamo visto – graduale a partire dal 2015, quando i badanti (soprattutto donne dell’Est europeo) rappresentavano il 42,7 per cento del totale. Nel 2023 si è sfiorato il pareggio con il 49,6 per cento, che l’anno scorso si è elevato fino al 50,5 per cento dei lavoratori domestici censiti dall’Inps.

Il gruppo più numeroso è quello dei badanti stranieri, in larghissima parte donne, che nel 2024 contava poco meno di trecentomila addetti, quindi il 36,5 per cento del totale. La componente straniera per quanto riguarda le colf è quella diminuita maggiormente nell’ultimo triennio, con un calo del 24,5 per cento, dopo che negli anni in cui imperversava il Covid c’era stato un balzo in avanti del 17 per cento.

Per renderci conto del trend, nel 2015 in Italia lavoravano regolarmente 519.467 colf e 386.840 badanti. Nel 2024 le colf erano 404.242, superate dai badanti a quota 413.161: circa novemila in più rispetto alle collaboratrici familiari. Questo trend in diminuzione che riguarda le colf va avanti ormai dal 2021.

Perché i numeri stanno cambiando? L’Osservatorio Domina, come d’altra parte fa anche l’Inps, ritiene che questa dinamica dipenda dal progressivo assestamento dei lavoratori domestici a seguito dell’incremento – solo formale – dovuto alla pandemia da Covid-19. La procedura d’emersione dal lavoro nero, in particolare, aveva avuto un effetto attrattivo anche per lavoratori di altri settori ed è stato così che il lavoro domestico è stato sovradimensionato negli anni immediatamente successivi alla regolarizzazione. Il picco del 2021 è stato di 975.228 addetti, calati man mano fino agli 817.403 del 2024. A scendere è stato soprattutto il tasso degli uomini stranieri, diminuiti del 9,1 per cento, con un lieve aumento di quelli italiani (+0,6). Le donne straniere restano dominanti nel lavoro domestico: sono il 60 per cento. Poi ci sono quelle italiane al 29 per cento.

Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, sottolinea che sono «oltre ottocentomila i lavoratori assunti dalle famiglie in base al contratto nazionale di lavoro, cui si aggiungono i lavoratori informali e quelli gestiti da agenzie o società. La dinamica post Covid evidenzia che il bisogno di cura rimane alto nelle famiglie, anche per via dell’invecchiamento della popolazione. Occorrono quindi strumenti a sostegno delle famiglie per consentire un’ampia emersione del lavoro domestico».

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