C’è un luogo, nella costa oristanese, dove è possibile intercettare il respiro della Balena. Non si tratta del gigante del mare fatto di grandi occhi, mastodontica bocca, dalla voce incantevole che col suo canto risale dalle profondità degli abissi. È una balena diversa quella che appare sul promontorio di Cuglieri, poco distante da S’Archittu e Santa Caterina. È la Balena di Torre del Pozzo, la borgata costiera del Montiferru, che nelle violenti mareggiate alimentate dal maestrale, regala uno spettacolo unico. I giganteschi polmoni pietrificati nascosti dentro quel profilo sono, probabilmente, un incredibile omaggio della natura a quel grande creatore di immagini che è stato Antoni Gaudi. Alle sue soluzioni architettoniche nella Casa Batllo, a Barcellona, vera apologia di fantastiche forme acquatiche. Onde o esseri mitologici che animano le pareti di quella casa spettacolare e viva. Così anche in quelle arenarie su cui si trova l’antica torre di avvistamento, prendono vita, si animano le pareti sommerse che liberano verso il cielo un getto d’acqua fragoroso nelle giornate agitate dal vento del mare. È il risveglio della Balena pietrificata.

Fondale davanti a Torre del Pozzo, foto Roberto Ripa
Fondale davanti a Torre del Pozzo, foto Roberto Ripa
Fondale davanti a Torre del Pozzo, foto Roberto Ripa

IL PROMONTORIO La torre aragonese chiamata Torre del pozzo, o localmente Torre Su Puttu, venne costruita sul finire del 1500 e fa parte di quel vasto sistema costiero di comunicazione e di difesa contro le incursione saracene realizzate nell’Isola dalle maestranze della Corona di Spagna, in massima parte tra la fine del Sedicesimo secolo e le prime decadi del Diciassettesimo. Torre del pozzo si erge sul livello del mare poco meno di una ventina di metri, in una posizione tale da poter essere collegata visivamente con le torri di Capo Mannu, Scab ’e Sai e Pittinuri. Dunque con un ampio raggio di controllo da S’Archittu-Santa Caterina a nord, alla vasta baia di Is Arenas verso sud. La torre, dalla caratteristica pianta circolare e volume troncoconico, ha una camera sopraelevata accessibile da un ingresso posizionato all’altezza del cordolo-cornice che le corre in tondo. Nonostante gli interventi di restauro, l’ultimo nel 2002, la struttura è compromessa da continui crolli. Poco distante dal fortilizio si trova il pozzo. Un’apertura da cui, spinto dal moto ondoso, fuoriesce verso l’alto lo spruzzo salato, simile al respiro di una balena. Una porta magica creata dal mare che collega il modo fantastico, quello sommerso, con il reale.

La Balena, il fondale. Foto Roberto Ripa
La Balena, il fondale. Foto Roberto Ripa
La Balena, il fondale. Foto Roberto Ripa

L’AVVENTURA L’immersione, per quanto semplice e a bassa profondità, richiede sempre massima concentrazione e rispetto delle regole che ogni sub deve tenere in estrema considerazione. L’ingresso in acqua avviene dalla riva, qui ci si prepara e si indossa l’attrezzatura. Bombole in spalla e erogatore in bocca si raggiunge il fondo che come quota massima di immersione si aggira tra i 12 e i 14 metri. Dopo un piccolo tratto di sabbia e roccioni sommersi modellati dalle forti correnti, si percorre una breve distanza tenendo la destra e quindi si riprende quota piano piano sino a raggiungere l’imboccatura di una grande caverna sott’acqua scavata nella roccia calcarea. Una grotta semisommersa scolpita dal mare che risale all’aria aperta sino alla china della grande Balena di roccia, un’apertura che l’acqua ha modellato in verticale e che fuoriesce a pochi metri dalla torre. Nelle forti mareggiate lo sbuffo improvviso fa tremare le rocce svelando la vitalità inaspettata di quel promontorio addormentato nei giorni di bonaccia. Il tragitto sommerso è ricco di anfratti e cunicoli, caratteristica orografica che richiede sempre una particolare attenzione. L’ingresso sommerso della grotta sbuca quindi nel corpo voluminoso della Balena. I fondali di Torre del Pozzo, data la loro conformazione mista, sabbia e rocce, offrono molti spunti a quanti amano immergersi con apparecchiatura foto-video. E non manca neppure una buona presenza di fauna marina soprattutto nei mesi dell’anno più silenziosi, felicemente orfani del vociare massiccio di bagnanti. Qualche accorgimento è d’obbligo. In particolare, è meglio che chi deve fare riprese o foto, raggiunga per primo il centro della grotta, e dall’ingresso costeggi i lati dell’anfratto, muovendo pochissimo le pinne per evitare di sollevare sospensione. L’immersione notturna alla Balena è altrettanto suggestiva. I percorsi negli anfratti sono un momento esaltante della pinneggiata nel mare buio attraversato dalla luce gialla dalle torce. Il grande fascino della notte subacquea regala sempre incontri con esseri meravigliosi, piccoli ma micidiali predatori.

Raggiunto il cuore della grotta, nelle immersioni diurne è possibile vedere sul fondo sabbioso scuro il cono di luce proiettato dall’apertura in superficie. In quel punto, si può riemergere in tutta tranquillità: lo spettacolo mozza il fiato. La forza del mare, quell’instancabile lavorio nelle lunghe ere geologiche, ha modellato la pietra creando un’infinità di ricami poliformi, irregolarmente traforati e artigianalmente levigati. Quasi plastici, come se improvvisamente ci si trovasse all’interno di un umido polmone con sacche alveolari di arenaria che animano quella gigantesca roccia, come nella Casa Batllo.

Jacques Mayol, il grande campione di apnea, aveva ragione su tutto. Per lui, intellettuale del mare e lucido visionario, l’acqua è il richiamo e la memoria atavica delle nostre origini. «L’uomo non muore finché sa sognare. E il sogno dell’Homo delphinus vivrà finché l’uomo non avrà distrutto il mare, completamente». 

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