La Coppa del Mondo di calcio si è chiusa in Qatar lasciandoci la netta sensazione che d’ora in poi nessun cambiamento sarà impossibile e la tradizione conterà sempre meno. Il calcio è uno sport che sta mettendo in discussione le proprie certezze, avvicinandosi sempre più ai mercati in maggiore espansione (nel 2002 era l’Estremo Oriente, adesso il mondo arabo) e diventando evento globale, con buona pace dei tanti che vorrebbero tenerlo nei suoi antichi, tranquillizzanti confini. Prima ancora che Francia e Argentina scendessero in campo per la finale, la Fifa del sempre più plenipotenziario Gianni Infantino (ma chi non lo è stato su quella poltrona che fu di Joao Havelange e Sepp Blatter?) aveva già annunciato a partire dal 2025 un nuovo mondiale, quello per club, da disputarsi ogni quattro anni con 32 squadre. Le Leghe nazionali europee sono già sul piede di guerra per questa decisione. Va ricordato che intanto l’Europa ha, sì, bocciato il progetto della Superlega di Real, Barcellona e Juve, ma ha anche varato una riforma che porterà la Champions League a 36 squadre con un girone unico. Una vera rivoluzione che estenderà a tre le giornate di partita (martedì, mercoledì e giovedì) e ai mesi invernali “morti” la competizione, aumentando il numero delle partite. Insomma, è un calcio che vuole far giocare di più i club storici, quelli che si vendono meglio nei ricchi mercati asiatici.

Il presidente della Fifa Gianni Infantino con quello della Federcalcio del Qatar, Hamad bin Khalifa bin Ahmed al-Thani (Ansa)
Il presidente della Fifa Gianni Infantino con quello della Federcalcio del Qatar, Hamad bin Khalifa bin Ahmed al-Thani (Ansa)
Il presidente della Fifa Gianni Infantino con quello della Federcalcio del Qatar, Hamad bin Khalifa bin Ahmed al-Thani (Ansa)

Il prossimo mondiale

A proposito di allargamento, dal 2026 la Coppa del Mondo avrà 48 squadre. Le nuove realtà hanno dimostrato di poter dire la loro contro le nazioni tradizionalmente più forti e reclamano spazio. L’Africa ha raggiunto il quarto posto con il Marocco e tutte le sue cinque squadre in Qatar hanno vinto almeno una partita; il Giappone si è fatto apprezzare, così come l’Australia. Ormai non ci sono “continenti materasso” e la Fifa ha ben pensato di far spazio a tutti. Se non altro, non si è più parlato del mondiale ogni due anni. Con la nuova competizione per club e la Nations League sarebbe un problema per i calendari. Tra quattro anni si tornerà a giocare in “estate” (8 giugno-3 luglio) ma con una novità non da poco: per la prima volta saranno ben tre le nazioni organizzatrici: gli Stati Uniti, che faranno la parte del leone e che hanno già allestito l’edizione 1994, il Messico che avrà tre stadi, tra i quali l’Azteca, il primo a ospitare gare di bene tre edizioni diverse, dopo quelle del 1970 e 1986, e il debuttante Canada. Torneranno i grandi spostamenti tra gara e gara, dopo un’edizione che, tra in tanti difetti, aveva il pregio di avere tutto concentrato attorno alla sola città di Doha, con la presenza di tante tifoserie assieme

Lo Stadio 974 (dal numero dei container che lo formano) potrebbe essere "venduto" all'Uruguay per il Mondiale 2030 (Ansa)
Lo Stadio 974 (dal numero dei container che lo formano) potrebbe essere "venduto" all'Uruguay per il Mondiale 2030 (Ansa)
Lo Stadio 974 (dal numero dei container che lo formano) potrebbe essere "venduto" all'Uruguay per il Mondiale 2030 (Ansa)

L’edizione 2030

Adesso si comincia a parlare dell’edizione 2030, che è quella del centenario. Alcune candidature ci sono già e la più romantica è quella dell’Uruguay, anche se il caso dell’olimpiade del 1996 che Atlanta “scippò” ad Atena dovrebbe raffreddare gli entusiasmi di chi crede ancora in questi valori. La Republica Oriental potrebbe rimodernare il vecchio Estadio del Centenario (con una copertura totale) e addirittura acquistare lo Stadio 974 (quello costruito a Doha con i container) e rimontarlo a Maldonado. Anche in questo caso sarebbe un’organizzazione plurima. Non due nazioni (come Corea del Sud e Giappone 2002), non tre come nel 2026 ma addirittura quattro: Uruguay, Argentina, Cile e Paraguay, per il quale sarebbe la prima volta. Quattro nazioni che avrebbero bisogno di grandi investimenti infrastrutturali, dato che hanno tutte stadi vecchi per costruzione e concezione. Ben diversa sarebbe la situazione della Spagna, che fra pochi anni potrà contare su almeno dieci stadi modernissimi e capienti: il Futur Camp Nou da 105.000 posti, i cui lavori di ristrutturazione sono appena iniziati, il Santiago Bernabeu che sarà pronto fra pochi mesi, il nuovo Mestalla di Valencia, tanto per citarne alcuni. E poi il Wanda Metropolitano di Madrid, il nuovo San Mames (la Catedral) di Bilbao, il nuovo Estadio de la Ceramica di Vila-Real. In più, se esiste ancora una turnazione, dopo le edizioni in Asia e America, dovrebbe toccare all’Europa e in questo senso ci potrebbe essere il Regno Unito, magari assieme all’Irlanda, nel caso fallisse il tentativo di organizzare Euro 2028. Altra candidatura congiunta europea è quella di Grecia, Serbia, Romania e Bulgaria. Ma c’è l’Africa che spinge e il Marocco ha più volte bussato alle porte della Fifa, anche se la sua potrebbe anche essere una candidatura congiunta con quella della Spagna (che correrebbe con Portogallo e, a sorpresa, l’Ucraina). Egitto e Camerun sono altri Stati che vorrebbero provarci, mentre sembrano meno favorite le proposte asiatiche. Nel 2010, a Zurigo, la Fifa dell’allora presidente Blatter assegnò in un’unica sessione l’edizione 2018 alla Russia di Valdimir Putin e quella del 2022 al Qatar rappresentato dallo sceicco Mohammed bin Hamad bin Khalifa al-Thani. Un blitz che, come sappiamo, ha portato enormi polemiche e che consiglierà maggiore prudenza per la prossima scelta.

© Riproduzione riservata