Nel cuore della città, dal punto di vista urbanistico, ma il monastero di Santa Chiara è nel cuore della città di Oristano anche e soprattutto dal punto di vista affettivo. Un legame così stretto da superare il trascorrer dei secoli. Il passare del tempo non ha infatti minimamente scalfito il sentimento che gli oristanesi, e non solo, provano per questa comunità di monache di clausura. Otto suore che custodiscono con amore questo gioiello storico e culturale.

Un luogo del cuore, insomma, che ora potrebbe diventarlo con sigillo Fai. Per dare vigore alla proposta e per far sì che diventi realtà, il comitato spontaneo Amici del monastero sta lavorando alla raccolta di firme partita nei mesi scorsi e che entro il 15 dicembre andrà consegnata al Fondo ambiente Italia.

Testimonial d’eccezione è anche il canottiere medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Tokyo Stefano Oppo, che in un breve ma efficace video sulla sua pagina Facebook invita tutti a firmare perché il complesso monastico diventi, appunto, luogo del cuore.

L’obiettivo del comitato è proteggere e valorizzare i posti più cari per condividerne la bellezza e il fascino. Attraverso “I luoghi del cuore” il Fai incoraggia, stimola e rende protagoniste le persone che i luoghi li abitano, li amano e possono salvarli, recuperandoli e trasformandoli in meglio, per il bene di tutti. Offre ai cittadini la possibilità concreta di contribuire alla trasformazione a partire dai luoghi che sono patrimonio di storia, arte e natura del Paese, in cui le comunità locali si riconoscono e si identificano, e che potrebbero essere leve efficaci per lo sviluppo.

Fino al 15 dicembre 2022 chiunque può votare i luoghi che ama e che vorrebbe proteggere, valorizzare, far conoscere. I primi tre classificati e i vincitori della graduatoria speciale riceveranno un contributo economico a fronte di un progetto concreto da presentare al Fai.

Gli amici del monastero si sono costituiti in un comitato spontaneo con l’intento di regalare questo prestigioso riconoscimento alle clarisse urbaniste monache di clausura, che da  secoli custodiscono il complesso di Santa Chiara ma anche alla città di Oristano e all’intera provincia. Con grande entusiasmo hanno raccolto già un considerevole numero di voti e l’impegno sin qui profuso ha già prodotto lusinghieri risultati. Attualmente la struttura religiosa è la più importante candidatura in città e provincia e si trova in un’ottima posizione in classifica: nei primi 3 in Sardegna e tra i primi 150 a livello nazionale. L’obiettivo è riuscire a raccogliere 2500 firme. Questo darà la possibilità di presentare un progetto concreto di tutela di una parte dello straordinario patrimonio che custodisce e allo stesso tempo permetterà che il loro luogo del cuore possa diventare quello di tutti noi.

L'interno della chiesa di Santa Chiara (Foto Alessandra Chergia)
L'interno della chiesa di Santa Chiara (Foto Alessandra Chergia)
L'interno della chiesa di Santa Chiara (Foto Alessandra Chergia)

Per conoscere la storia del monastero le clarisse hanno organizzato delle visite guidate che, come in un viaggio nel tempo, partendo dalla Chiesa consentiranno di  conoscere la parte antica, il coro, il chiostro e l'ingresso del giardino ripercorrendo la storia dal periodo giudicale fino ai nostri giorni.

Una storia fortemente legate alla città di Oristano. Le sue preesistenze affondano nel periodo di fondazione della città.

Nel 1343 venne creato il complesso conventuale a opera del giudice Pietro III d’Arborea, eretto su una preesistente chiesa dedicata a San Vincenzo. La chiesa, edificata in forme gotiche, conserva ancora l’antica abside e non pochi avanzi dell’antico monastero. Nell’arcone dell’abside e in un concio nella facciata della chiesa, sopra la porta d’ingresso, sono ancora evidenti gli emblemi della famiglia regnante. Tra i preziosi frammenti di affreschi trecenteschi conservati all’interno, uno sembra riprodurre il giudice Mariano IV, che pone il primogenito, futuro giudice Ugone III, sotto la protezione della Santa. Si conserva inoltre l’importante iscrizione del 1348 che ricorda la sepoltura nel complesso claustrale di Costanza di Saluzzo, moglie del giudice Pietro III.

A partire dalla erezione del convento i giudici arborensi stabilirono un rapporto particolare con il monastero e con la chiesa. È del 1356 il documento del pontefice Innocenzo VI che autorizza Timbora di Roccabertì, moglie del Giudice Mariano IV, ad avere libero accesso nel monastero, in compagnia delle due figlie Eleonora e Beatrice, per sette volte l’anno. Con un documento datato 19 aprile 1369, il sovrano Mariano IV fece al monastero una larga donazione annuale in favore di 13 suore, destinando al servizio religioso due suoi cappellani.

L’archivio del convento custodisce documenti preziosi, sigilli di abbadesse e registri contabili del XV e XVI secolo. La storia del monastero ha continuato nei secoli fino a oggi con la costante presenza delle monache clarisse urbaniste costituendo uno degli esempi rari di resilienza nel panorama italiano ed europeo.

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